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20 agosto 1382 – Arriva il Duca d’Angiò e San Giovanni in Marignano se la vede brutta


20 Agosto 2023 / ALMANACCO QUOTIDIANO

«MCCCLXXXII, del mese d’Agosto venne in Italia ed Duca d’Angiò zio del Re di Francia cum grandissima quantitade de gente d’arme. Et venne cum lui el Conte de Savoglia, e ‘l Conte de Geneva fratello dell’Antipapa». Così l’anonimo “cronista malatestiano”, che poi narra di questa impresa di un esercito straniero in Italia; l’ennesima, ma una folla di armati così grande non si era mai vista. Il Duca viene ben accolto sulle terre dei Visconti, poi raggiunge Imola dove batte i Bolognesi. Quindi va a Ravenna dove i Polentani gli «dànno mercato» e gente che lo seguirà, mentre «Faenza gli dè niente».

Ma chi è questo Duca d’Angiò? E cosa viene a fare dalle nostre parti? Si tratta di Luigi, figlio secondogenito del fu re di Francia Giovanni II detto “il Buono”, e di Bona di Lussemburgo, sorella dell’imperatore Carlo IV del Sacro Romano Impero, zio e per qualche tempo tutore del Re di Francia in carica Carlo VI “il Beneamato” (o per altri “il Folle”). Sta andando nel Regno di Napoli per cercare di abbattere un altro Angioino, Carlo III “il Breve”, che ha strappato il trono alla legittima regina Giovanna.

Carlo III d’Angiò-Durazzo

Ma se già è complicata l’eterna faida nella casata d’Angiò, che all’epoca annovera anche i Re d’Ungheria e di Gerusalemme, ancora di più lo è la situazione internazionale. Dal 1377 l’Occidente è infatti scosso dal Grande Scisma che vede contrapposti i papi Urbano VI, italiano, e Clemente VII, francese. All’origine della frattura, l’austera ma dispotica figura di Urbano e soprattutto il ritorno dei Papi a Roma dopo il periodo ad Avignone, mai digerito dai Francesi.

Stemma degli Angiò-Durazzo Re di Napoli, Gerusalemme e Ungheria

Stemma degli Angiò-Durazzo Re di Napoli, Gerusalemme e Ungheria

Per valutare la portata dello Scisma, che si protrarrà per quasi quarant’anni e vedrà fino a quattro pontefici contemporaneamente, basterà pensare che all’obbedienza avignonese si allinearono i regni di Francia, Aragona, Castiglia, Cipro, Borgogna, Napoli, Scozia, Sicilia e il Ducato di Savoia; restarono invece fedeli a Roma i regni d’Inghilterra, Portogallo, Danimarca, Norvegia, Svezia, Polonia, Ungheria, l’Irlanda, la maggior parte degli Stati italiani e le Fiandre. Nei domini imperiali e nei territori dell’Ordine teutonico, ufficialmente obbedienti a Roma, si registrarono oscillazioni a livello locale. Lo Scisma divise anche i (futuri) santi: Caterina da Siena era schierata per Urbano VI, mentre Vicente (Vincenzo) Ferrer sosteneva Clemente VII.

Lo Stato malatestiano sta con Urbano ed è anzi fra i suoi più fedeli sostenitori. L’avvicinarsi di Luigi d’Angiò significa pertanto solo un mare di guai. Tanto più che si annuncia un esercito spaventosamente grande. In un’epoca in cui si considerava memorabile una battaglia combattuta fra schieramenti di 10-15 mila uomini per parte, l’Angioino conduce addirittura 40 mila cavalli! Forse un’esagerazione dei cronisti dell’epoca, i quali però tutti concordano sulle dimensioni inaudite di quell’armata.

E infatti, il 18 agosto i mercenari dilagano intorno a Bellaria; non assaltano il piccolo castello, ma «li brusò e guastò quel che era fora». Il giorno dopo guadano il Marecchia e vanno «per Spadarolo, per Vergigliano, per San Lorenzo in Monte». Ne fa le spese una fattoria fortificata, «la tomba de Gioanne de Pero Mengardone», che viene presa a forza, saccheggiata e bruciata, mentre 14 uomini sono condotti via come ostaggi. E tutto perché «Galeotto de Malatesti non volse darglie punto de victuaria per tutte le soe terre».

L’esercito di Luigi impressiona profondamente le «assae gente d’arme» che si trovano a Rimini in quei giorni. Compreso il venerando capitano Ranieri da Siena, che assicura di non aver mai veduto in ben 45 anni di milizia «più bella gente, et più grossa».

Ma proprio questo era problema principale della spedizione, che l’avrebbe poi condotta al fallimento: troppa gente, troppi cavalli e muli, tutti da nutrire e alloggiare, giorno dopo giorno. Al rivale Carlo basterà infatti evitare accuratamente ogni scontro frontale e lasciar sciamare per la penisola questa folla immane, sempre più stanca e affamata e poi decimata dalle immancabili epidemie.

Luigi d'Angiò con la moglie Maria di Bretagna

Luigi d’Angiò con la moglie Maria di Bretagna

Ma intanto l’esercito di Luigi è qui ed ha fame. Non si sogna però di attaccare Rimini, boccone troppo grosso. I cittadini guatano costernati dalle mura la colonna che pare non finire mai quando passa l’Ausa all’altezza della chiesa di Santo Spirito. La strada maestra non basta per contenerli tutti e allora altri avanzano come locuste nei campi, nelle vigne e nei prati. Ma siccome la polvere che sollevano è troppa anche per loro, altri ancora scendono fino alla spiaggia, per marciare sulla battigia.

Il 20 agosto 1382 l’orda raggiunge il Conca. Avvista San Giovanni in Marignano, ben nota per le sue pingui produzioni di grano, che è stato appena mietuto. Il castello è subito circondato e cinto d’assedio.

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Le cortine del castello di San Giovanni in Marignano

«Fo gran pericolo de perderse», ma i Marignanesi tengono botta. E Luigi non può perdere troppo tempo; meglio riprendere la marcia verso il sud, dove Ancona pare disposta ad aprirgli le porte e le dispense. Per questa volta la bufera è passata.