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20 marzo 1977 – Muore Luigi Pasquini, l’artista del cuore di Rimini


20 Marzo 2024 / ALMANACCO QUOTIDIANO

Luigi Pasquini, pittore, scrittore, pubblicista, muore il 20 marzo 1977. Era nato il 13 febbraio 1897 a Rimini nel Borgo San Giuliano. È stato un punto di riferimento nel dibattito culturale riminese. Aveva stretto amicizia con Alfredo Panzini, ma anche con Marino Moretti, Manara Valgimigli e Antonio Baldini. Di recente alla sua figura sono state dedicate diverse iniziative.

Luigi Pasquini

Luigi Pasquini

Aveva studiato all’Accademia di Belle Arti di Bologna, dove si era diplomato nel 1916. Inizia giovanissimo un’intensa attività artistica, dedicandosi principalmente all’acquerello e alla xilografìa.

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Nel 1921 è presente alle Esposizioni Romagnole Riunite di Forlì: qui viene premiato con una medaglia di bronzo. Dagli anni Venti partecipa a tutte le più importanti mostre collettive riminesi, divenendo immediatamente il perno su cui gravitava la cerchia artistica ed intellettuale cittadina. Con le sue incisioni e disegni illustra pubblicazioni e riviste riguardanti Rimini e la Romagna, tra cui “Cronache azzurre” (1920), “La Vela” (1923), “Rimini, la più bella spiaggia del mondo, periodico estivo di cronaca mondana” che egli fonda e dirige nel 1925, il “Gazzettino azzurro”, “II Corriere dei Bagni” (1924) e la “Pie”, a cui collaborerà per anni con xilografìe per la copertina e con articoli e saggi.

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Nella pittura predilige l’acquerello, tecnica con la quale riprende i paesaggi tipici della città e della campagna riminese; le piazze, i borghi, i monumenti, il porto, il mare, con una perseveranza dettata dall’amore viscerale che lo legava alla sua terra, riuscendo a sfatare luoghi comuni, grazie ad una “maestria straordinaria e con un’abilità artigiana a volte così sorprendenti da divenire esse stesse soggetto e oggetto dei dipinti” (Pasini).

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Intensissima la sua attività di pubblicista; collabora a tutti i principali quotidiani e periodici locali e nazionali, tra cui il ferrarese “Corriere Padano”, la “Gazzetta di Parma”, il “Giornale d’Italia”, il “Corriere della Sera”, “II Resto del Carlino”, con interventi ed elzeviri che spaziano da argomenti di costume e di attualità  alla storia ed alla critica d’arte e letteraria, al racconto autobiografico.

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Autore di numerosi libri, tra i quali Romagna per i lettori e venditori (1936), Tienti alla terra (1947), Il podere sulla linea gotica (1951), I mangiari di Romagna (1960) e La professoressa (1964).

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Nel 1925 si cimenta in un bozzetto cartellonistico per la réclame della spiaggia riminese, commissionato dalla “Pro-Rimini”, che, in originale, viene inviato alla Esposizione delle Industrie Turistiche di Grenoble. Il bozzetto, che non fu mai stampato in formato manifesto, venne invece usato per la copertina di un opuscolo pubblicitario stampato in 50.000 copie. Nel 1926 realizza un manifesto per la propaganda della spiaggia di Pesaro, edito dalla Soc. Anonima Industria Bagni e Alberghi. Nei suoi non rari impegni quale grafico, egli tenta di sintetizzare nella comunicazione pubblicitaria l’idea della Riviera adriatica che egli riteneva “vincente”: un insieme di arte, storia, piacere della natura e del mare. Ad esempio, nel bozzetto del 1925 il mare e la spiaggia, con la esotica piattaforma, i capanni e tutti gli attrezzi da divertimento, si ammirano da un ideale terrazzo racchiuso tra le linee medievali del palazzo dell’Arengo, della fontana della piazza, mentre un putto malatestiano viene sostenuto dalle insegne e dagli elefanti di Sigismondo. Un locus balneare, quindi, fatto non solo di mare e di mondanità effimera, bensì di accumulazioni nobilitanti e di dimensioni storico-artistiche, proposte come scenario ideale del “divertimento”. Un’idea, questa, ripresa in parte da Dudovich nel suo bozzetto per un manifesto di Rimini nel 1946.

Si legge nella presentazione della mostra “Luigi Pasquini, un cronista del pennello” tenuta dal 21 dicembre 2017 al 17 febbraio 2018 al Museo della Città:

“E se la sua pittura ha fatto spesso arricciare il naso agli storici dell’arte e ai critici, il tributo dei collezionisti e degli amatori riminesi è stato nel tempo inossidabile.

Sempre ammirate le variopinte e ripetitive vedute della marina e del porto, della sua dimora a Vergiano e del giardino dove riceveva gli ospiti illustri, della città e delle sue piazze, dei vicoli del Borgo San Giuliano, covo anarchico e proletario che gli aveva dato i natali. Quegli acquerelli saranno per tutta la sua esuberante, laboriosa attività di pittore i suoi biglietti da visita.

Agli slogan vitalistici della giovinezza Pasquini sostituì un totale conformismo espresso sia dalla sua penna briosa che dal suo pennello veloce, che – come scrive Pier Giorgio Pasini – sono “resi accattivanti da una superficialità che nasceva da bonomia paternalistica, ma che veniva fatta passare per anarchica franchezza romagnola.

In contatto con personaggi importanti da Marino Moretti a Alfredo Panzini da Filippo Tommaso Marinetti a Sibilla Aleramo, da Aldo Spallicci a Manara Valgimigli, non c’era occasione pubblica nel campo delle arti e delle lettere che non lo vedesse presente. Giornalista in varie testate locali e nazionali, Pasquini è stato l’arbiter della critica militante riminese e alla sua cura son passati un po’ tutti da Mirro a Corrà da Morigi a Bianchi da Saetti a De Pisis. Ma rimase legato a quella retroguardia che nel secondo dopoguerra respingerà con decisione sia la figurazione realista che l’astrattismo, contribuendo a radicare ulteriormente un gusto tradizionalista legato ai generi pittorici proprio della borghesia riminese attratta dagli aspetti nostalgici”.