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5 novembre 1828 – Nuovo regolamento per i nobili di Santarcangelo


5 Novembre 2023 / ALMANACCO QUOTIDIANO

Il 5 novembre 1828 papa Leone XII approva i “Regolamenti dei ceti nobile, e civico, della città di Santarcangelo”. Il pontefice aveva concesso a Santarcangelo il titolo di “città” proprio in quell’anno, l’8 di agosto.

I Regolamenti erano stati predisposti da una Deputazione Araldica di cui fecero parte: Guido Guidi Giannini, Eustacchio Maggioli Doni, Paolo Felice Santini, Antonio Franceschi, Tommaso Franchini, Silvestro Ferri, Michele Bizzocchi, Domenico Guidi; a presiedere, il Gonfaloniere della Città, N.H. Sig. Cav. Luigi Marini.

I Regolamenti contengono molte informazioni interessanti sulla vita pubblica dell’epoca. Per esempio, all’articolo 1 c’è già una norma non di poco conto: «Solamente i nobili potranno essere nominati Consiglieri Comunali».

Ma chi può essere ascritto alla nobiltà? Qui c’è un bel passo avanti “democratico”: non si richiede di indagare troppo a fondo sugli antenati più remoti, ma nobile può essere chiunque, purché possegga ben determinati requisiti.

Come: «specchiata probità, e devozione verso l’Augusto Sovrano», cioè il papa; che possiedano un «capitale fruttifero di almeno scudi romani diecimila»; che né il padre né il nonno abbiano «esercitato un’arte vile, o meccanica» e comunque annoverino un «parentado civile»; che abbiano «un fondo, e una casa decente nella città».

E chi erano queste famiglie? Purtroppo, nel riportare i Regolamenti, le “Memorie istorico-critiche della città di Santo Arcangelo” di monsignor Marino Marini non ne trascrivono l’elenco. Però in altra parte dell’opera, l’erudito ottocentesco parla diffusamente di parecchie antiche schiatte; sia ormai estinte, sia ancora rigogliose. Eccone alcune.

Innanzi tutto, i Balacchi. Che non erano conti di Santarcangelo come avrebbero preteso, ma che certamente ne furono signori, più o meno abusivamente, durante il Trecento. Ancora prima, avevano dato a Rimini ben due vescovi.

I Passarelli diedero invece un presule a Imola a metà ‘400 e il nome a una delle due rocche di Verucchio, poi covento di suore; erano ascritti anche alla nobiltà di Rimini.

I marchesi Albici (o Albizzi) erano di origini toscane e si trasferirono da Santarcangelo a Cesena sul finire del ‘400; ebbero un cardinale.

Stemma del cardinale cesenate Francesco Albizzi (1593 – 1684)

Un Baldini era giudice a Rimini già nel 1198; uomini di legge e di spada, oltre che a Santarcangelo erano nobili  a Rimini, Urbino e San Marino. Non è però certo che tutti questi Baldini fossero imparentati fra loro.

Uno degli stemmi attribuiti alla famiglia Baldini

I Biondi arrivarono da Mantova nel 1650, guidati da un Michele, senatore di Casale Monferrato.

I Cipriani, forse di origine fiorentina, appaiono a Santarcangelo fin dal 1430. Giudici e soldati per generazioni, nobili anche a Rimini e Urbino.

Stemma dei Cipriani di Firenze

Toscani anche i Dandini, ma giunti da queste parti addirittura nel 1173. Conti del duca di Savoia, un loro ramo andò a esaurirsi a Cesena.

Stemma dei Dandini di Cesena

Della famiglia Filippi viene detto che fu ed è «una delle più antiche e primarie del nostro Comune».

I Garatoni, o Garattoni«illustrarono la patria, arricchendola di due luminari di scienza, Giuseppe Enea, e Gaspare»: due medici, ma il secondo anche fine letterato. Se non che la famiglia viene data dal Marini per «estinta», sebbene questo cognome sia tutt’ora ben diffuso e non solo a Santarcangelo. Fra l’altro lo stemma di un Pietro Francesco Garattoni da Pesaro è dipinto nell’Archiginnasio di Bologna, ascritto alla data 1598.

Stemma di Pietro Francesco Garattoni da Pesaro (1598)

Stemma di Pietro Francesco Garattoni da Pesaro (1598)

I Guidi sono segnalati fra i partigiani dei Malatesta nel 1311, chissà se imparentati con l’antichissima e ramificata schiatta dei conti signoreggiavano a cavallo di Toscana e Romagna già prima del Mille; in seguito furono alti prelati e nobili anche a San Marino.

Stemmi dei conti Guidi

Anche gli Ippoliti erano fra i malatestiani, ma in epoca più tarda, nella prima metà del ‘400.

Poi ci sono i Marini dello scrivente (che era imparentato con i Baldini), originari di Montefiore o forse di Urbino, se non di Gubbio; i loro meriti sono tutti in campo ecclesiastico e di studio, anche scientifico.

I Minchini, o Menghini, nel ‘500 erano avvocati e medici.

I Pedroni sostenevano che un loro avo era presente niente meno che all’assedio di Attila ad Aquileia nell’anno di grazia 434. Ecclesiastici, condottieri e diplomatici, nell’Ottocento erano ancora numerosi.

Estinti invece i Rinalducci, già documentati nel 1302, nobili anche di Rimini dal 1509.

Dei Ruggeri esistevano due rami, uno dei quali detto “di Gottifredo”; erano entrambi di nobiltà recente, acquisita solo ai primi dell’800; in compenso erano ricchissimi.

I Santini diedero eminenti letterati e predicatori; uno fu anche lettore all’Università di Modena.

I Suardi, o Soardi, forse giunti da Bergamo ma per radicatot anche a Mantova, erano giunti a Rimini dove avevano proliferato (una via porta ancora il loro nome); però alcune carte li facevano originari di Santarcangelo.

Blasone dei conti Suardi di Bergamo e Mantova

Stavano a Rimini anche i Vanzi; ma essendo originari di Sant’Ermete e Scorticata, il Marini li annovera fra i  nobili suoi concittadini.

Stemma dei Vanzi

I Venturi diedero a Rimini un vescovo nel 1216.

Monsignor Marini cita poi altre famiglie nobili di Santarcangelo senza aggiungere loro notizie: Mazzocchi, Franceschi, Franchini, Ferri, Gessi, Baldelli, Nadiani, Catolfi, Maggioli, Zampieri.

Stranamente però ignora i conti Martinelli, detti a Rimini “di Santarcangelo” per distinguerli dall’omonima famiglia della nobiltà cittadina; vi possedevano il palazzo sul Corso (poi Manzaroli) all’angolo dell’attuale via Serpieri, inconfondibile per l’angolo aggettante sostenuto da arcate medievaleggianti. Il popolo aveva pertanto battezzato quel crocicchio “e’ cantòn ad Santarcanzli”, il cantone di Santarcangelo. Colpito dai bombardamenti del 1943-44, l’edificio ricostruito presenta un balcone sull’angolo a vaga memoria della preesistenza.

E’ canton ad Santarcanzli prima della guerra (Archivio fotografico Biblioteca Gambalunga)

Le schiatte che a Marini risultavano estinte come i Garattoni erano: Bonalti, Ugolini, Ricchi, Moretti, Cecchi, Armanni, Doni, Giacomini, Giannini, Pasquini, Maggili-Doni, Bartoli, Cappello, Grazi, Giangi, del Duca, Galliani, Barilari, Martinenghi, Felici, Bornaccini, Sartori, Melchiorri.

(nell’immagine di apertura, la Contrada dei Nobili di Santarcangelo)