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8 gennaio 1779 – Drammatico naufragio alle Fontanelle di Riccione


8 Gennaio 2024 / ALMANACCO QUOTIDIANO

L’8 gennaio 1779 alle Fontanelle di Riccione naufraga il veliero olandese Zeepaard (“Cavallo marino”).

Negli archivi della marineria locale è rimasta la deposizione del marinaio Matteo Pieters, fratello del comandante della nave, uno dei sopravvissuti al naufragio. Attraverso il “Ruolo degli Ufficiali e dei Marinai”, conservato ad Amsterdam, si è potuto risalire ai nomi del capitano e dei membri dell’equipaggio, nonché informazioni sulla rotta e sul carico della nave naufragata.

Il 6 ottobre 1778 lo Zeepaard lasciò il molo Tassel del porto di Amsterdam diretto in Italia. Dopo uno scalo a Marsiglia, ripartì per Napoli dove approdò il 21 novembre, proseguendo poi per Venezia. Da qui il bastimento stava tornando verso Ancona con un carico di spezie, piombo e ferro. Le condizioni del vento e del mare – e forse la scarsa conoscenza delle correnti – non gli permisero di allontanarsi dalla costa abbastanza per doppiare il promontorio di Monte San Bartolo, quella famigerata “Focara” che tante vittime aveva, e avrebbe, mietuto.

L’insorgenza del fortunale proprio mentre il veliero era vicino alla spiaggia, di fronte alla torre delle Fontanelle, oltre a impedirgli d’avanzare lo imprigionò nelle acque basse, rese tumultuose dalla burrasca. Una volta arenata, la sorte di una nave era praticamente segnata.

Nel naufragio morirono 6 marinai dell’equipaggio. Altri 5 furono salvati dall’intervento delle imbarcazioni dei pescatori della zona.

Le Fontanelle devono il loro nome alle sorgenti di “acqua cioca”, cioè sulfurea, che secondo la tradizione sarebbero miracolosamente scaturite per rinfrancare due pellegrini grazie all’intervento del “beato” Alessio Monaldi, devoto contadino morto a trent’anni nel 1503, il cui corpo venne rinvenuto “incorrotto” nel 1578. “Beato” fra virgolette, perché il processo canonico per la sua beatificazione, avviato nel 1838, non andò a buon fine. Infatti il suo culto è limitato alla sola Riccione e non è riconosciuto dalla Chiesa.

Nei testi più antichi il sito è denominato “Ladronaria”. Nel 1292, però, un documento cita già un fondo delle Fontanelle. Nel 1649, lo Stato Pontificio nei suoi atti parla di “fonti di Orlando”.

Le torri di avvistamento fra Rimini e Cattolica nel 1784

Nel 1673, dopo decenni di disperate richieste da parte della popolazione, lo Stato della Chiesa si decise a costruire sei torri di avvistamento da Cattolica a Bellaria. La torre delle Fontanelle era una di queste.

Con le torri “saracene” ci si voleva difendere non solo dalle incursioni piratesche, ma anche da qualsiasi approdo abusivo, in quanto poteva essere fonte di temutissime epidemie. Inoltre bisognava contrastare il sempre fiorente contrabbando. A meno di qualche emergenza, chi andava per mare poteva toccare terra esclusivamente nei porti, adeguatamente sorvegliati. Le torri erano state tutte piazzate vicino a fonti o corsi d’acqua, quali più probabili luoghi di rifornimento per gli sgraditi naviganti.

Di queste sei torri, sono sopravvissute solo quella di Bellaria, pressoché integra, e quella della “Pedriera“, approssimativamente restaurata. Quelle riccionesi della Trinità (presso la foce del Marano) e delle Fontanelle crollarono con il terribile terremoto del 1916.

Ma il pericolo più costante non veniva dai remoti “saraceni” musulmani, che ebbero le loro basi più vicine in Albania,, bensì dai ben più vicini pirati Uscocchi, cattolicissimi e annidati a Segna, presso Fiume.

Pirati Uscocchi

Pirati Uscocchi

Si trattava inizialmente di croati, poi serbi e bosniaci, fuggiti dal dominio ottomano, ma anche di sbandati di ogni provenienza e risma, cui l’Impero asburgico aveva concesso un protezione ai primi del ‘500: in teoria per fronteggiare i Turchi, in pratica per molestare Venezia e tutta la costa adriatica occidentale, Stato della Chiesa compreso. Abbordaggi di navigli, ma anche razzie sulle coste con rapimenti di gente da ridurre in schiavitù o per cui chiedere un riscatto, fra ‘500 e ‘600 erano divenuti tristi consuetudini anche in Romagna. Venezia dovette combattere contro gli Austriaci ben due “guerre degli Uscocchi”, ottenendo alla fine che il nido dei pirati fosse smantellato.

Era il 1617. Quando Roma si decise a costruire le torri “saracene”, il flagello dei pirati era dunque ormai molto meno pressante, anche se ogni tanto qualche fusta turca o dulcignotta (da Dulcigno, Ulcinj in Montenegro) osava avventurarsi fin quassù. Restavano però i compiti, non secondari, di sorveglianza sanitaria e fiscale.

La torre della Trinità (in primo piano) e quella delle Fontanelle in un disegno settecentesco: l’attuale zona mare di Riccione appare completamente disabitata