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Un poliziesco alla Agatha Christie dove tutti sembrano sospetti: dobbiamo anche noi prepararci un alibi?

Come ci si sente ad abitare in una città dove è avvenuto un delitto di cui parlano tutti i giornali? Il caso di Pierina Paganelli non è un semplice caso di cronaca nera, ma un assassinio misterioso che ha tutte le caratteristiche del poliziesco all’antica, quello di Cluedo o dei romanzi di Agatha Christie, con una sola vittima e una rosa di sospettati che, come scopre il detective, potevano avere tutti un movente nascosto. È il «giallo di Rimini», come lo chiamano i media, che oltre a essere seguito dalla stampa è diventato una specie di rubrica fissa in Chi l’ha visto, che ogni settimana aggiorna il suo pubblico sulle ultime verità (reali o presunte) emerse nelle indagini e sta facendo conoscere a tutta Italia via del Ciclamino e dintorni, insieme ai protagonisti dell’intricata vicenda: Pierina, la 78enne uccisa con 29 coltellate, le figure più inquietanti del suo contesto familiare e i vicini di casa. L’unico che sembra avere un alibi solido è il figlio Giuliano Saponi, vittima di un grave quanto oscuro incidente stradale, che il giorno dell’omicidio era in ospedale, appena uscito dal coma. Sullo sfondo, la comunità dei Testimoni di Geova, di cui faceva parte la povera Pierina insieme

Termometro inchiodato ai 20 gradi, indumenti invernali invenduti e termosifoni spenti: chi aveva detto che il riscaldamento globale non esiste?

Altro che zucca, per questo Halloween dalle temperature estive sarebbe molto più indicato il cocomero. Sono almeno due settimane che aspettiamo non dico il freddo, ma il freddino, quanto basta per convincerci a fare il cambio degli armadi, continuamente rimandato vista l’inutilità di vestiti pesanti. Niente da fare, il termometro resta incollato sui venti gradi, perfino la pioggia è tiepida, e quando finisce torna l’afa, con contorno di mosche, zanzare e, di notte dell’occasionale grillo. Così abiti e soprabiti restano nel cellofan, appesi nell’anta superiore del guardaroba, impazienti e annoiati come attori che vorrebbero entrare in scena e fare il loro numero, ma l’artista precedente è un gigione e monopolizza il palcoscenico e, anche se il pubblico mostra segni di insofferenza e qua e là si sente già qualche ”buuu”, non vuol saperne di salutare il pubblico e tornare in camerino. C’è qualcuno che sta peggio dei nostri poveri indumenti autunnali che vorrebbero vivere finalmente il loro momento e ancora non possono: i colleghi che stanno da agosto nelle vetrine (giacche, cappotti, pullover) addosso ai manichini, tentando senza risultato di adescare i clienti. Ancora più infelici di loro sono, ovviamente, i negozianti del settore abbigliamento, che tra inflazione ed estate prolungata,

E che ne sarà di Andrea Giambruno? Non piangiamo per lui, siamo in Italia e una sistemazione si trova per tutti

Non temete, non farò la snob. Dedicherò la rubrica di oggi a ciò di cui parlano tutti seriamente – ossia, in base all’esperienza personale e con cognizione di causa, senza ripetendo a pappagallo le affermazioni che qualche algoritmo lascia entrare nella nostra bolla social. Non il macello di Gaza, non la sorte degli ostaggi israeliani, non la manovra al risparmio che lascerà i pronto-soccorso sempre meno pronti e con meno soccorsi, ma la rottura Meloni-Giambruno dopo la diffusione degli imbarazzanti fuorionda del fidanzato a Diario del giorno. E bisogna ringraziare Antonio Ricci, l’eterno burattinaio di Striscia la notizia, oltre che la premier e il suo inqualificabile fidanzato, per averci regalato una benefica parentesi di puro gossip di prima qualità, al livello della famosa telefonata del tampax fra Carlo e Camilla, ancora amanti clandestini, che convinse la defunta regina Elisabetta a concedere il divorzio all’erede e alla principessa Diana. Il parallelo non è fuori luogo, non solo perché anche la notizia della crisi di coppia a palazzo Chigi ha fatto il giro del mondo, ma anche perché pure qui c’è un curioso pettegolezzo laterale interetnico. Nel caso di Diana si vociferava di una sua love-story con un chirurgo pakistano, il predecessore di Dodi

Ma storcerei il naso anche se tifasse in modo sfegatato per Netanyahu

Devo ammettere che se sapessi che uno dei miei figli o figlie partecipasse a una manifestazione pro-Palestina in cui si inneggia ad Hamas non ci rimarrei bene. Nella mia lontana gioventù ho sfilato in cortei per cause buone e sconclusionate. Me ne ricordo uno contro l’invasione russa della Polonia, un altro contro le armi nucleari, e poi contro Gladio e contro Berlusconi buonanima; e a fine secolo non mi sono fatta mancare nemmeno un paio di girotondi. Non mi viene in mente nessuna protesta in cui noi studenti sostenessimo apertamente dei terroristi macellai, a cominciare da quelli che ancora scorrazzavano per la penisola. Gli slogan a loro favore c’erano, sì, però si leggevano soprattutto scritti sui muri con lo spray, anche perché la polizia di allora non si limitava a pestare o a caricare i ragazzi nei cortei, ma poi li andava a trovare a casa. Se mio figlio o mia figlia se ne andassero a scandire «Com’è bello quando brucia Tel Aviv», come hanno fatto gli studenti del liceo Manzoni di Milano all’indomani della mattanza di otto giorni fa, non vorrei mandarli in galera come dice Salvini. Piuttosto mi domanderei cos’è andato storto nell’educazione che gli ho dato, visto che

Perchè Vannacci per diventare uomo-copertina ha scelto il passo dell'oca da scalzo

Scusate se torno sull’argomento Vannacci, ma le notizie dell’ultima settimana sono così tragiche e sconsolanti che per evitare di piangere e strapparsi i capelli bisogna sforzarsi di pensare al generale Roberto Vannacci sulla copertina di Chi. Certo, se la cosa meno triste degli ultimi giorni è un generale destrone grafomane narcisista che diventa cover-boy per un magazine di gossip, non siamo messi molto bene, ma bisogna arrangiarsi con quel che offre la cronaca. Quella copertina, d’altronde, è stata molto commentata su giornali e social – non come lo spot Esselunga, ma quasi -, per un dettaglio significativo: il vero protagonista della foto non è l’autore del bestseller dell’estate, Il mondo al contrario (autopubblicato su Amazon e recentemente riproposto da un editore riminese: siamo pur sempre la città di Fellini, abbiamo un debole per gli scocomerati). Il fulcro dello shoot è il piede del generale, ovviamente quello destro, esposto audacemente a tarso e metatarso nudo, in un volenteroso tentativo di passo dell’oca sulle acque del mare di Viareggio. Dev’essere il primo caso nella storia in cui un piede ruba la scena al suo stesso proprietario, che resta sullo sfondo cercando invano di brillare di altrettanta luce. Fossi in Vannacci farei causa al

Solo che nello spot nemmeno mi hai detto quanto costano le tue pesche al chilo

Più della Nadef, più della guerra in Ucraina, più del bradisismo nella Terra dei Fuochi: il discusso spot Esselunga (o meglio: la bagarre social e cartacea accesa dallo spot Esselunga) ha oscurato sui media qualunque altra notizia, a cominciare dalla politica, tanto che per riuscire a far parlare di sé anche in questi giorni Giorgia Meloni e Matteo Salvini hanno dovuto commentare lo spot. Non è poi così sorprendente: il cortometraggio che pubblicizza i supermercati di Caprotti è diventato esso stesso politica. Secondo alcuni veicola subdolamente un messaggio vicino all’ideologia conservatrice dell’attuale maggioranza di centrodestra (viva la famiglia tradizionale, il divorzio fa male ai bambini, le madri single sono così schizzate che non tengono d’occhio i figli al supermercato, ecc.), secondo altri è effettivamente così e gli sta benissimo perché hanno votato centrodestra, mentre altri ancora pensano che sia solo uno spot tenero e commovente e che bisogna essere marci dentro per vederci qualcos’altro. Personalmente l’ho trovato soprattutto triste, dall’inizio alla fine, con quell’atmosfera mesta e sfigata da tipico film italiano con la coppietta borghese in crisi. Se almeno ci avessero fatto vedere che la famosa pesca (non ve lo sto a spiegare, tanto lo spot l’avrete già visto tutti, in tivù,

Andare a Patrasso un tempo signifcava morire e pure in malo modo, da oggi assume nuove valenze

È un modo di dire così antiquato che non mi ricordo l’ultima volta che l’ho sentita usare da qualcuno, che probabilmente non doveva essere nemmeno giovanissimo: «andare a Patrasso», nel senso di morire. L’origine di questa bizzarra espressione viene per lo più rintracciata in una corruzione del latino “ire ad patres”, cioè raggiungere gli antenati nell'aldilà, ma pare anche ci possa essere un riferimento storico, l’orribile supplizio del provveditore veneziano Barbarigo caduto nelle mani dei turchi al termine di una battaglia avvenuta nel 1466 proprio davanti alla città greca di Patrasso, sulla costa occidentale del Peloponneso. È andato davvero a Patrasso, dieci anni fa, il signor Adamo Guerra da Lugo, ma per fortuna solo in senso letterale: come ha documentato l’ultima puntata di Chi l’ha visto?, il fuggiasco è vivo e vegeto. Semplicemente, nel 2013 ha preso un traghetto per Patrasso, dopo aver inscenato il preludio di un gesto disperato, dalla struggente lettera d’addio in cui raccomandava agli amici moglie e figlia alla macchina abbandonata nel porto di Ancona. Suicidio presunto, aveva concluso la polizia, gettando nello sconforto la famiglia, convinta che Adamo fosse andato a Patrasso in senso figurato e tragicamente definitivo. Mancava però la prova regina, un corpo, e così

Mica tutte come Margaret Thatcher e Angela Merkel hanno avuto la fortuna di ritrovarsi accanto uomini miti e riservati

Le intemperanze di Andrea Giambruno ci stanno aiutando a capire come mai è tanto difficile per una donna raggiungere l’apice del potere e restarci: difficilmente il suo partner accetta il ruolo di supporto decorativo e quasi muto solitamente assunto, con esiti diversi, dalle compagne dei potenti. Soprattutto in Italia. Margaret Thatcher e Angela Merkel hanno avuto la fortuna di ritrovarsi accanto uomini miti e riservati, dall’ego normodimensionato, che non si sentivano per nulla sminuiti dal rimanere un passo indietro rispetto alla coniuge, e soprattutto dall'astenersi da esternazioni che potevano danneggiarla. Sia mister Thatcher che Herr Sauer (coniugato Merkel) erano uomini nordici, dal temperamento più calmo e pacioso, uno ex militare e imprenditore, l’altro scienziato. Ma perfino Bill Clinton, inguaribile piacione e caratterialmente ultra-estroverso, come marito della ministra degli Esteri di Obama ha tenuto un contegno misurato, evitando di metterla in imbarazzo (va detto che sotto quel profilo aveva già abbondantemente dato quando lui era presidente e Hillary first lady). Giorgia Meloni invece si è scelta come compagno Andrea Giambruno, un aitante moraccione mediterraneo quarantenne che per di più di mestiere fa il giornalista e, ultimamente, il conduttore televisivo in ascesa: un cocktail esplosivo che, dopo qualche mese di profilo basso – immaginiamo

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