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L'ex onorevole leghista condusse una strenua battaglia contro i piloni della struttura che a suo giudizio non stavano in piedi

Lo so, essendomi sempre sentito un garantista dovrei vergognarmene un po', ma non posso farci niente se da giorni mi viene da ridere al pensiero che abbiano “messo al gabbio” il leghista ex onorevole Gianluca Pini, la cui corbelleria politica ha procurato non pochi fastidi a Rimini nella prima parte degli anni duemila, quand'era non “il Segretario e basta”, ma “il Segretario Nazionale” della Lega Romagna. [caption id="attachment_414990" align="aligncenter" width="601"] Pini con Salvini[/caption] Nella testa bacata dei leghisti albergava all'epoca la stronzata della “Padania libera”, la cui indipendenza sarebbe arrivata con la secessione dall'Italia di Roma ladrona. Per questo i suoi caporioni si vantavano di aver sostituito la carta igienica con il tricolore, che in qualche occasione veniva pure bruciato dai più fanatici. Il tutto con la benedizione di Salvini, che in attesa di diventare segretario si dilettava, da direttore di Radio Padania, a condurre la rubrica “Mai dire Italia” e a “gufare” in diretta contro la Nazionale Azzurra in occasione delle partite internazionali. Pini si era dato la missione di sabotare la costruzione della nuovo Palazzo dei Congressi a Rimini, ricorrendo ad ogni espediente: ridicoli esposti alla Procura, comunicati insultanti, lo strombazzare di comizi volanti e perfino la “visita guidata” dello spaesato

«Il Pd rema contro»: parola di Mimma Spinelli, che a suo tempo si dichiarava «più renziana di tanti che dicono di esserlo»

Sebastiano Musumeci detto Nello, uno dei più noti boss della mala-politica siciliana oggi ministro, il 30 maggio si era fatto ridere dietro per un rimprovero a Mattarella, a suo dire reo di non averlo invitato ad accompagnarlo nella visita presidenziale alla Romagna alluvionata: «Peccato che oggi non ci sia nessuno del governo(

Il 13 giugno 1973 quattro ferrovieri persero la vita nello scontro frontale fra due convogli

Il 13 giugno, in occasione del cinquantenario, FILT CGIL e Camera del Lavoro di Rimini hanno ricordato l'immane tragedia con l’installazione di una targa lungo il Binario 1 della Stazione Ferroviaria di Rimini. Avendo io scritto i due articoli pubblicati da “L'Unità” in quelle tristi giornate, sono stato invitato a parlare insieme all'Assessore Juri Magrini, che ha portato l'adesione del Comune di Rimini, e al Segretario Regionale della FILT, Massimo Colognese. Come credo sia successo anche ad altri che l'hanno vissuta, il ricordo angoscioso di quella tragedia mi si è più volte riaffacciato, in occasione delle tante, troppe morti sul lavoro succedutesi negli anni. È mercoledì 13 giugno 1973 e sono già arrivato nell'ufficio in cui, come in ogni altra sede di Federazione del PCI, arriva nel primissimo pomeriggio “la fissa”. In gergo si chiama così la quotidiana telefonata dalla redazione nazionale de “L'Unità”, per ricevere il testo di un eventuale articolo e l'elenco dei film in programma, mediante dettatura vocale, essendo ancora al di là da venire non solo il computer, ma anche il fax. Il corrispondente de L'Unità, Enrico Gnassi, è in quei giorni fuori Rimini ed io lo sostituisco volentieri come ho già fatto altre volte, anche per accrescere così i

Nella caricatura del quotidiano fondato da Antonio Gramsci e affossato da Matteo Renzi articoli di Giusva Fioravanti e a difesa dei brigatisti rossi

Nella caricatura del quotidiano fondato da Antonio Gramsci e affossato da Matteo Renzi articoli di Giusva Fioravanti e a difesa dei brigatisti rossi

Se non lo avete avevate ancora fatto, eccovi l'occasione di ammirare il logo MiM, il nuovo gioiellino grafico partorito dal governo, per mano del suo ministero ridicolmente chiamato “dell'Istruzione e del Merito”. Io che non sono particolarmente sveglio, ci ho messo un po' a capire che quel coso nel mezzo fosse una I sovrapposta al sottomultiplo della fiamma tricolore di Fratelli d'Italia e non un gelato di etnia lollobrigida o, peggio ancora, un azzardato “cefalo fallico” di puro stampo sovranista. Non ho invece avuto dubbi – poiché la cosa è lapalissiana – a riconoscere che i rigonfiamenti da cui è intrappolata quella I, più che due M stilizzate, costituiscono in realtà il rimaneggio grafico del fascio littorio. Non è difficile capire che il nostalgico ricordo di quel simbolo alberghi ancor oggi, inconsciamente o meno, in tanti adepti del clan meloniano, alimentando una cultura “neofascista di fatto” a cui si accodano volentieri anche molti seguaci del caporione leghista, che in questi giorni ci sta dando l'ennesima conferma della sua pachidermica pacchianeria istituzionale e della sua rozzezza culturale. Come poter altrimenti giudicare l'incredibile insensibilità con cui ha equiparato il dramma delle alluvioni di questi giorni in mezza Italia con la sconfitta del suo Milan in quella

Dialogo ascoltato l'altro giorno, fra un turista che cercava di orientarsi ed un passante. “Scusi, lei è di Rimini?” “Sì, come posso aiutarla?” “Saprebbe dirmi come arrivare al Ponte sul Parecchia e in quale punto della città si trovi la Baia Imperiale, per andarci a ballare stasera?” “Ma intende qui a Rimini? Perché veramente il Parecchia non l'ho mai sentito nominare e quella discoteca sta a Gabicce

"A questo punto non so più cosa pensare di me, perché per la terza volta in vita mia mi trovo d'accordo con Sgarbi"

"A questo punto non so più cosa pensare di me, perché per la terza volta in vita mia mi trovo d'accordo con Sgarbi"

"Come se non bastassero le lezioni morali che gli tocca impartirci, a Montevecchi hanno pure chiesto di portare a Rimini “Fermiamo la Guerra”

"Come se non bastassero le lezioni morali che gli tocca impartirci, a Montevecchi hanno pure chiesto di portare a Rimini “Fermiamo la Guerra”

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