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Oggi non lo ricorda quasi più nessuno, ma una volta il dialetto riminese usava sbrigativamente la parola “infezna” quale onnicomprensiva traduzione di quei fenomeni, diciamo contigui, che in psicologia e in psichiatria si chiamano inconscio, subconscio e preconscio. I quali, pur se accantonati nel limbo dell'inconsapevolezza, possono tuttavia all'improvviso balzar fuori, magari per un attimo soltanto, facendoci fare o dire cose che razionalmente non avremmo voluto, ma delle quali portiamo  inconsciamente “l'infezna” dentro di noi. É il caso della Signor Presidente Giorgia Meloni. Sono disposto a credere che non voglia più essere la neofascista delle origini, ma si vede bene come in determinate situazioni non possa evitare che a prendere inconsciamente il sopravvento sia quanto  le è rimasto di “neofascista dentro”. Si spiega così la squallida dichiarazione secondo cui alle Fosse Ardeatine sarebbero oggi sepolti «335 italiani innocenti massacrati solo perché italiani». Per sottacere della ridicola pezza che ha poi tentato di fronte alle polemiche piovutele addosso: «Li ho definiti italiani, che vuol dire che gli antifascisti non sono italiani? Sono stata onnicomprensiva». Naturalmente non poteva non sapere che nell'elenco dei trucidati compaiano anche cittadini stranieri. Né, a proposito di onnicomprensività, che fossero italiani i tanti fascisti, “torturatori e massacratori di Italiani” al pari

Stimolato da taluni avvenimenti di questi giorni, mi viene oggi spontaneo trattare di “pubblici autogol”, che in alcuni casi nascono da mal riposto senso di generosità, in altri da rozza superficialità, in altri ancora da spocchia fatta passare per altruistico protagonismo. Volendo iniziare dal “veniale” autogol messo in scena dalla ventina di delegati che ha abbandonato il Congresso Cgil protestando contro la Meloni, a scanso di equivoci sento il bisogno di mettere le mani avanti: «Che articolo stupido! Penoso direi / Pessimo articoletto da bar. scritto al quinto bicchiere di Sangiovese! /  Ma vadeviaecül / Sgradevole e fazioso come sempre / Ma che articolo eh

Basta attacchi sconsiderati al Governo per l'incidentale strage nautica di Cutro, che figuriamoci se non verranno oggi ripetuti anche per l'altra strage, successa domenica nel Mar Mediterraneo. Tanto più che ad evitarle entrambe sarebbe bastato che quegli sconsiderati migranti, anziché farsi prendere dalla smania di fuggire dalla loro terra, avessero dato retta al consiglio del ministro Piantedosi, che era stato chiaro: «La disperazione non può mai giustificare condizioni di viaggio che mettono in pericolo la vita dei propri figli. Da disperato non partirei, io educato a chiedermi non cosa posso aspettami dal mio Paese ma cosa posso dare io al mio Paese». A parte il fighettoso surplus della citazione kennediana, il ministro Matteo Vice-Salvini ha ragione: di qualcosa si deve pur morire. Allora, caro immigrato, perché rischiare di affogarti in mare? Non ti basta il rischio di morire che corri ogni giorno a casa tua, per mano telebana se sei afgano, per una bomba in testa se sei siriano, per fame se sei bangladese? Almeno risparmieresti così l'enorme cifra che ti tocca sganciare ai potenti trafficanti di esseri umani i quali, contrariamente a quanto finge di credere il Governo italiano, non guidano i barconi, ma foraggiano chi lo fa al posto loro.

Fra i messaggi di congratulazioni ricevuti da Elly Schlein ce n'è uno che, oltre a manifestare una dovuta cordialità, nasconde… un lapsus freudiano. È quello di Giorgia Meloni, la quale non a caso si augura che l'elezione della neo Segretaria PD «possa aiutare la sinistra a guardare avanti e non indietro». Sì, perché guardando avanti non saranno ancora visibili le nefandezze che l'attuale Governo potrà continuare a regalare all'Italia. Guardando invece all'indietro, si coglie con certezza di quale pasta fossero fatti fino a ieri lei e quelli del suo clan. Non c'è che l'imbarazzo della scelta. Si va dall'esordio in politica con una sua intervista alla Tv francese in cui affermava: «Credo che Mussolini sia stato un buon politico. Tutto ciò che ha fatto l'ha fatto per l'Italia. Non ci sono stati altri politici come lui». O a quando, nel 2020, lei rendeva omaggio alla memoria di Giorgio Almirante, a cui la Giustizia dell'Italia Repubblicana aveva autorizzato potesse attribuirsi il titolo di «torturatore e massacratore di Italiani», che si era guadagnato nel mentre teorizzava che «il razzismo ha da essere cibo di tutti e per tutti, altrimenti finiremo per fare il gioco dei meticci e degli ebrei». A lui Meloni dedicava questo belante

La pacchia è finita anche per l'Asilo Svizzero di Rimini

La pacchia è finita anche per l'Asilo Svizzero di Rimini

A parte il buon Tajani, che ogni tanto va in TV a recitare qualcuna della omelie berlusconiane imparate nel tempo, sembra proprio che il governo guidato dalla “sora ducia” che farfuglia in romanesco sia quasi soltanto un ritrovo con i paggetti della premier, con predilezione per chi di loro abbia una più marcata identità post(?)neofascista. Diventa ogni giorno più evidente il nauseante gioco della parti fra Il Signor Presidente del Consiglio (lei, in omaggio alle donne, vuol farsi chiamare così) ed i suoi più fidati manganellatori verbali. Mentre loro provvedono a mostrare il volto aggressivo di chi comanda oggi in Italia, la Meloni si dà invece un gran daffare a fingersi moderata e riflessiva. Spera così di far dimenticare che fino a pochi mesi fa odiava l'Unione Europea, si sentiva sorella della repellente Le Pen, era in corrispondenza di amorosi sensi con Orban e gli altri fascistoidi del Gruppo di Visegrad (o Visdecaz che dir si voglia), proclamava ai quattro venti che «Putin difende i valori europei e l'identità cristiana». Il risultato di questa sinergia fra finta moderazione e avanguardismo bellicoso sono le nefandezze degli ultra-celebrati “primi cento giorni”. L'elenco è lungo: la dichiarata intenzione di regalare ai criminali la proibizione di buona parte

Divertente il quotidiano avvio della serata televisiva, scandito dalla faziosa narrazione di Tg1 e Tg2! Un po' meno del Tg3, ma anche lui

Per la seconda volta in vita mia scopro di essere d'accordo con Sgarbi. Spero non succeda come la volta precedente, quando ci ho messo parecchi giorni a superare la crisi d'identità che la cosa mi aveva procurato. Ma credo di no, perché a rendermi quasi doveroso concordare oggi con Sgarbi è il fatto che lui polemizzi contro Salvini, riguardo all'ipotizzato abbattimento dello Stadio di San Siro. Sgarbi è contrario poiché sostiene che, pur mancando ancora qualche anno al vedergli attribuire il vincolo che lo renderà “intoccabile”, San Siro rappresenti fin d'ora un “monumento di fatto”. Il boss leghista vorrebbe invece demolirlo per ricostruirlo non più a Milano, ma a Sesto San Giovanni, facendo così sia un dispetto a Beppe Sala che un regalo al sindaco leghista di quel Comune. Salvini si sente in diritto di fare la voce grossa perché da una vita è addentro alle cose (e

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