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CEIS, quelle tredici casette di legno che diedero ai bambini un mondo tutto loro


3 Luglio 2017 / Paolo Zaghini

“Ruderi Baracche Bambini – CEIS: Riflessioni a più voci su un’architettura speciale”. A cura di Andrea Ugolini – Altralinea Edizioni.

Curato magistralmente da Andrea Ugolini, docente universitario di restauro architettonico, questo volume getta una nuova luce sulla storia pluridecennale del CEIS riminese. Scrive la Fondazione Margherita Zoebeli nella presentazione: “Noi pensiamo che il CEIS con le sue baracche ormai storiche costruisca una valorizzazione del paesaggio urbano riminese di grande interesse architettonico e ambientale, irrinunciabile per la città. Pensiamo anche che la sua presenza garantisca una ‘conservazione attiva’ (e inventiva) del luogo archeologico, in linea con le tendenze più attuali”. Qui viene richiamato il dibattito che riguarda lo spostamento eventuale del CEIS e la valorizzazione dell’anfiteatro romano. Scrive Giovanni Sapucci, direttore del CEIS: “Su questo tema, come abbiamo ripetutamente detto, noi non abbiamo una posizione preconcetta, ma chiediamo che venga affrontato riconoscendone la complessità e tutte le dimensioni coinvolte, in altre parole, con la serietà che richiede una esperienza educativa il cui valore è ampiamente riconosciuto da studiosi, insegnanti e genitori, non solo riminesi. Una esperienza in cui la dimensione architettonica ed ambientale costituisce un elemento essenziale”.

A distanza di settant’anni il villaggio conserva ancor oggi il suo fascino e la sua validità educativa. La parola ancora alla Fondazione: “Quel rapporto architettura/pedagogia cui fu riservata grande attenzione fin dal progetto iniziale del centro, essendo Margherita e i suoi collaboratori ben consapevoli dell’influenza dell’ambiente sulle relazioni sociali, educative, è ancora fondamentale. Si tratta di un insieme di elementi che ha a che fare con l’espressione, la creatività, l’esplorazione, il movimento, il senso dell’orientamento, l’indipendenza, in una parola il benessere dei ragazzi”.
E ancora Sapucci: “Un ambiente che ancor oggi mantiene i connotati essenziali pensati e progettati da coloro, Margherita Zoebeli e Felix Schwarz, che hanno realizzato il Villaggio di baracche nell’immediato dopoguerra”.

Il libro, attraverso i contributi di Andrea Ugolini, Maria Luisa Stoppioni, Monica Maioli, Anna Lambertini, Tessa Matteini, Kristian Fabbri e Selina Morri, ci racconta la storia architettonica del Villaggio, unendola strettamente al progetto pedagogico.

Monica Maioli nel suo intervento afferma che l’oblio sulla parte progettuale dello spazio architettonico “è da ritenere un ulteriore merito del progetto e del progettista che è riuscito ad intrecciare indissolubilmente spazio architettonico e spazio pedagogico, ad annullare il progetto architettonico nel progetto pedagogico, astenendosi da vezzi auto-rappresentativi, manie e idiosincrasie personali e linguistiche con cui purtroppo spesso i progettisti infarciscono e modellano le loro opere architettoniche”.

Nell’intervista fattagli nel 2012 (e apparsa nel volume “Lo spazio che educa. Il centro Educativo Italo Svizzero di Rimini” Marsilio, 2012) l’architetto Schwarz (1917-2013) dice: “Non volevamo fare un campo di concentramento, cioè mettere le baracche in fila, parallelamente … […] Ci sembrava che la disposizione dovesse assumere un valore educativo favorendo la formazione di gruppi autonomi; allo stesso tempo ci voleva un posto dove questi gruppi si potessero riunire. Come nella città c’è la piazza, così nel villaggio c’è la piazzetta. Le aule come le case hanno il proprio giardino e il proprio terreno intorno”.

“Le particolarità pedagogiche del Centro Educativo Italo Svizzero di Rimini – prosegue la Maiolisi intrecciano con le peculiarità del progetto architettonico di Felix Schwarz che ha creato l’originale spazio in cui si svolgono ancora oggi le quotidiane attività scolastiche del CEIS. Il progetto matura nell’ambiente culturale zurighese degli anni Quaranta ed è influenzato dai legami di Felix Schwarz con Alfred Roth e con Aldo van Eyck”.

Così nasce il Villaggio del CEIS: le tredici baracche di legno (arrivate a Rimini il 16 maggio 1946 con trenta vagoni ferroviari) creano dieci ambiti spaziali distinti: spazi diversi per dimensione, forma, vegetazione, vedute urbane. Oggi come in passato i bambini amano le casine di legno, ne colgono subito la particolarità, le sentono come proprie. “Ci sembrava di vivere in un mondo tutto nostro”, hanno affermato ex alunni diventati adulti.

Il libro è arricchito da decine di fotografie, molte delle quali inedite, provenienti dall’Archivio fotografico del CEIS (ora conservato presso la Biblioteca Gambalunga di Rimini). Sono immagini straordinarie che raccontano la vita del CEIS nei primi anni della sua attività.

Paolo Zaghini