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E’ proprio vero, a Rimini serve un assessorato alla pace


25 Settembre 2021 / Nando Piccari

L’altro giorno Gloria Lisi ha lanciato in pompa magna una proposta che, quando la verranno a sapere al Palazzo di Vetro, c’è da scommettere che il Segretario Generale dell’Onu, António Guterres, non mancherà di inviarle un pubblico encomio. Quella cioè di prevedere, una volta eletta sindaca, la presenza in Giunta dell’Assessore alla Pace, che fra le tante nobili incombenze avrà anche «la funzione di promuovere la riconciliazione».

Per prendere due piccioni con una fava, pare che la Lisi intenda aggiungere un’ulteriore novità: chiamarlo “Assessor ad Pacem”, così da far contento il mio lontano parente Don Romano Nicolini, al quale, nel loro recente incontro, ha promesso che da Sindaca reintrodurrà lo studio obbligatorio del latino nelle scuole italiane.
Ma quando si dice le sfortunate coincidenze!

Altroché «promuovere la riconciliazione», quasi nello stesso momento in cui lei si prodigava a diffondere quel mieloso annuncio, alla sede Rai di Bologna due dei suoi e il più focoso ceccarelliano “se le dicevano” di santa ragione.

In realtà non è facile capire se quella rissa furibonda sia stata un accesissimo “derby politico” fra i due centrodestra riminesi, quello molto più di destra e molto meno di centro impersonato da Paesani, e l’altro, un po’ più di centro e un po’ meno di destra, capeggiato da Gloria Lisi in Mariotti. O se invece si sia trattato di una gara a “chi ce l’ha più lungo” fra due noti somministratori di cocktail e apericena in quel di Marina Centro, con l’intromissione di Mariotti a dare man forte al suo sodale.

Poco importa se abbia ragione Lucio Paesani («Bonfiglio Mariotti mi ha ripetuto per cinque volte sei un pezzo di m. e per due volte sei un deliquente») o Steven Ormerod («Paesani mi ha detto: Ti cavo gli occhi e ti spacco le gambe e sai che lo faccio, perché non sono come te»). Ciò che conta è che questo “Assessor ad Pacem” faccia presto ad arrivare, foss’anche in condivisione con la lista del Popolo della Famiglia detta anche “M’illumino d’incenso”.

Ma non è il solo incidente capitato ultimamente alla Lisi.
Avendole fatto trovare nelle sue liste “quel che viene viene”, è evidente che lei non possa conoscere la gran parte dei candidati. Solo così si spiega come sia riuscita a provocare fra i tifosi del Rimini un marea di scongiuri manuali e una corsa ad accaparrarsi cornetti scaramantici. Perché diciamo la verità, come si fa ad uscirsene con quel «Il Rimini Calcio è un patrimonio sportivo della città e noi non gli faremo mancare il nostro appoggio» quando si ha fra i propri candidati colui che ancora oggi è ricordato come il passato presidente che portò la Rimini Calcio al fallimento?

Dal momento che, per non farsi mancare niente, s’è portata in lista pure chi compì analoga impresa nei confronti della Società di Basket, fra i tifosi della pallacanestro è invece un fiorire di scongiuri preventivi, poiché serpeggia il timore che la Lisi voglia annunciare il suo sostegno pure a quel loro amato sport.

Passando al bellariese Ceccarelli, come si sa ha dovuto iscriversi ad un corso accelerato di storia della città per poter ottenere la patente di candidato a sindaco di Rimini. Un corso tuttora in atto, sotto l’insegnamento di illustri docenti quali il capolega forlivese, la sua vice riccionese e il capolista sammaurese.

Ma non è una fatica inutile, visti i risultati. La settimana scorsa, per esempio, Ceccarelli ha scoperto che «Rimini è sempre stata una città di mare», con ciò smentendo quanti continuano invece a credere che lo sia diventata strada facendo.

Altra sua sballata acquisizione: «Dal secondo dopoguerra l’amministrazione di sinistra ha ideologicamente voltato le spalle al mare».

Come può Ceccarelli lasciarsi andare ad una simile barzelletta? Ma qualcuno gli ha mai raccontato chi fosse e cosa fece il grande Walter Ceccaroni per attrarre “valanghe” di Italiani e di stranieri al mare di Rimini, prima come Sindaco della Città, poi nel ruolo di Assessore Regionale al Turismo? E come egli diede avvio alla “Operazione Mare Pulito” installando il primo depuratore in Italia?

Ad esternare all’epoca una furibonda “avversione ideologica” contro quel crescente “turismo marino” a Rimini era invece la destra dei predecessori riminesi di Ceccarelli, talmente nostalgici del passato mini-turismo fighetto e d’élite da aver coniato lo spregiativo slogan di “Basta con il turismo del cartoccio”. Fosse stato per loro, mezza Europa avrebbe dovuto essere invasa da manifesti tipo quelli scherzosamente qui immaginati (vedi foto).

Ma se in storia non se la cava benissimo, in geografia Ceccarelli presenta ancora più lacune. Ad esempio, quando contesta il presunto ritardo nella realizzazione del Parco del Mare affermando che «su 6 chilometri dalla palata al bagno 100 sono state realizzate poche centinaia di metri», va apprezzato il fatto che abbia imparato a chiamare il porto “la palata” come i riminesi, ma confonde Marebello, bagno 100, con Miramare che arriva al bagno 151, l’ultimo di Rimini.

Ieri sera l’illustre immigrato bellariese ha avuto il sostegno di Salvini, giunto appositamente a Rimini. Ma c’è mancato poco che vi rinunciasse, essendogli venuto il sospetto che Ceccarelli si riferisse a lui quando ebbe a dichiarare: «Basta con l’uomo solo al comando». Il Capitano mio Capitano ha allora chiamato il suo maggiordomo romagnolo, per fargli un cazziatone: “Ma chi è quello lì che hai trovato? E chi si crede di essere, Giorgetti?”

Dulcis in fundo, il candidato sindaco del Movimento 3V (Vostra Velenosa Viltà) se n’è uscito con una delle solite imbecilli cialtronerie no-vax: «Il pass è una tessera fascista».

Il giorno in cui il Paese adotterà finalmente l’obbligo al vaccino anti-covid, sarei tuttavia per offrire una via d’uscita ai no-vax: dispensare quelli che però accetteranno di sottoporsi ad una terapia anti-stronzaggine.

Nando Piccari