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Francescani a Santarcangelo, quanto rimane di un tesoro perduto


2 Aprile 2018 / Paolo Zaghini

“La Comunità dei Minori Conventuali di Santarcangelo di Romagna desunta da documenti d’archivio”. A cura di Patrizia Bebi, Maria Cristina Maggioli, Silvano Beretta – Pro Loco Santarcangelo di Romagna.

L’Ordine dei frati minori conventuali è un ordine mendicante di diritto pontificio che, insieme ai frati minori e ai frati minori cappuccini, costituisce il cosiddetto Primo Ordine francescano o minoritico. E’ noto che fu lo stesso San Francesco a volere che i suoi frati si chiamassero “minori”. Così come il termine “conventuale” indica una particolare modalità di vivere l’ideale francescano, nell’incontro dei frati con una realtà – quella delle grandi città italiane ed europee – “che chiedeva una vita religiosa più rispondente alle esigenze di studio e di apostolato cui la Chiesa li chiamava” (G. Odoardi, Conventuali, Frati Minori Conventuali, in: Dizionario degli Istituti di perfezione, vol. 3, Roma 1976).

Questa pubblicazione sulla presenza dei francescani a Santarcangelo è frutto di un lavoro di ricerca prezioso, essenzialmente archivistico, indispensabile per una futura storia organica di questa comunità conventuale.

Patrizia Bebi e Maria Cristina Maggioli hanno indagato i materiali dalle origini fino al periodo napoleonico (dalla fine del ‘300 ad inizio ‘800); Silvano Beretta invece i materiali da inizio ‘800 a metà ‘900. Essi hanno guardato le carte custodite nel Fondo delle Congregazione religiose soppresse, depositato presso l’Archivio di Stato di Rimini, oltre che altri materiali presenti negli archivi santarcangiolesi.

La loro attenzione si è concentrata in particolare su due punti: la storia del Convento come organismo a sé stante; il patrimonio artistico ed i vari interventi di modifica e restauro della Chiesa e del Convento che si sono susseguiti nel corso dei cinque secoli analizzati.

La data di fondazione del Convento e della Chiesa di San Francesco non è nota: i documenti sono andati perduti nel 1503 durante il sacco di Santarcangelo operato da Carlo Malatesta e dagli Urbinati. E’ tuttavia presumibile che la data, almeno per il Convento, possa essere fissata attorno al 1311. A capo di questo stava il padre guardiano che riceveva ordini direttamente dal ministro provinciale.

Il padre guardiano aveva il dovere di far rispettare gli ordini ricevuti. Le decisioni del Convento però erano prese in seno ad un consiglio formato dai frati stessi. Le gestione dei soldi del Convento era accuratissima: le entrate erano costituite da diverse voci (lasciti, donazioni, censi, elemosine). Ed erano notevoli in quanto “la chiesa di San Francesco era la più frequentata ed era stata scelta dalla nobiltà come proprio luogo di culto, in cui ostentare non solo devozione, ma anche potere”.

La più antica opera d’arte, appartenente ai Minori Conventuali, è il prezioso polittico di Jacobello da Bonomo, datato 1385, oggi esposto al Museo civico di Santarcangelo. Nel settembre 1929 Mussolini ne chiese la disponibilità per esporla a Londra nella Mostra di Arte Italiana Antica indetta per il gennaio 1930. Il Comune tentò di resistere e chiese una copertura assicurativa, astronomica per quei tempi, di 1 milione di lire. Ma gli organizzatori pur di averlo accettarono di pagare questa polizza. Il patrimonio artistico conservato in San Francesco era notevole: ma ben poco di questo è oggi rimasto.

“Dopo sei secoli di storia, inizia il declino della comunità santarcangiolese dei Minori Conventuali. La Rivoluzione francese e l’avvento di Napoleone segneranno la definitiva scomparsa dei privilegi e delle servitù medievali e l’inizio dell’epoca moderna. La fine definitiva avverrà poi con l’Unità d’Italia, a cui seguirà, purtroppo, anche la demolizione della Chiesa e del Convento tra la fine del sec. XIX e la metà del secolo successivo”.

Dopo il 1860 il Convento verrà destinato in parte a caserma militare. Il 7 luglio 1866 viene poi approvata dal nuovo Governo italiano la legge per la soppressione delle Corporazioni religiose, che prevedeva la confisca dei beni ecclesiastici delle medesime. Il 24 ottobre dello stesso anno il Sindaco di Santarcangelo, il conte Antonio Baldini, si faceva consegnare dai frati francescani “tutti i capitali mobili e stabili, i libri, i quadri, le statue e gli utensili tutti addetti al culto della Chiesa”. Ed Elia Gallavotti proseguiva “il pubblico rimase indifferentissimo per questa soppressione, come se fosse cosa di niuna rilevanza” (in “Giornale di notizie riguardanti Santarcangelo di Romagna 1700-1905” edito da Il ponte vecchio nel 2009).

Se il sacco di Santarcangelo del 1503 aveva distrutto il primitivo archivio e la biblioteca, i frati poi col tempo ricostituirono almeno la secoda. Con la legge del 1866 il Comune entrò in possesso della importantissima raccolta di opere librarie che, unita a quella dell’ex Capitolo della Collegiata, costituiscono il Fondo Libri Antichi della attuale Biblioteca di Santarcangelo. L’atto di consegna del 1868 attesta un elenco di 604 titoli (per 1072 volumi), di cui circa il 90% sono opere di argomento religioso. Il 2 aprile 1868 il Consiglio Comunale deliberava la istituzione di una libreria comunale con questi libri. Inoltre in essa si doveva conservare anche il calice e la pianeta che papa Clemente XIV, il santarcangiolese Giovanni Vincenzo Antonio Ganganelli (1705-1774), aveva donato ai frati francescani.

Paolo Zaghini