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Il primo libro del clown di Rimini


27 Agosto 2018 / Paolo Zaghini

Francesco Checco Tonti: “Fino a 100” – Opificio Severi / Digitalprint.

Attore, regista, clown, giocoliere ed ora, a cavallo dei quarant’anni, autore del suo primo libro. Che in realtà non è altro che la raccolta dei testi del suo ultimo spettacolo andato in scena ad aprile di quest’anno. Interprete sul palcoscenico dei suoi testi. Racconti, poesie, monologhi, pensieri che ci portano all’interno del suo mondo caotico, disordinato, naif.

“E’ nato! E’ nato! Il bisogno è nato! Nessuna quiete. Moto. Il grande moto. E’ nato, il moto. Vai, dice. Il corpo sa. Spingi! Vai!”. Checco corre, ha bisogno di correre per fuggire dalle sue paure, e corre dal porto al bagnino 100. Le parole, a getto continuo, frenetiche, escono da lui per rivestire un mondo nevrotico, sconclusionato, a tratti spaventoso. Non è più il clown sulla scena, ma l’uomo di oggi in crisi, con prospettive incerte, ma che nonostante tutto ciò vuole trovare un futuro.

Ho conosciuto Francesco Tonti, per tutti Checco, molti anni fa in quella bellissima esperienza di laboratorio teatrale che si fece per un paio d’anni, fra il 2008 e il 2010, nel neonato CORTE – Coriano Teatro.

E credo che sia lì che Checco possa aver conosciuto Francesco Gabellini, poeta ed autore di testi teatrali, che gli firma alcune bellissime pagine di presentazione al suo libro. “Ho sempre apprezzato in Checco la leggerezza (…) Ma a volte è anche triste il clown e deve ridere, finanche della propria tristezza. Mi viene in mente Samuel Beckett, un grande maestro della comicità tragica, quando dice che nulla è più comico dell’infelicità”. E prosegue: “I testi di Checco sono piuttosto spontanei e dettati dal suo vivere in mezzo alla gente, dalla esperienza, perciò sono autentici. Una caratteristica di questi scritti che mi ha colpito è la frammentarietà che li rende molto attuali. Si tratta di una scrittura che appartiene al proprio tempo, quello del frammento, della incapacità e inutilità di un discorso concluso”.

Un esempio di questa comicità tragica di Checco è nella pagina intitolata “Spostare tutto”. “Com’è sta roba che passiamo il tempo a spostare tutto? Spostiamo sempre tutto, da quando siamo nati. Tutto. Spostiamo le uova dal culo della gallina. C’è un capanno, lì, vicino al culo della gallina. Il contadino le raccoglie e le mette nel capanno. Poi le sposta di nuovo. Arriva uno che le prende e le porta al mercato. E lì al mercato c’è una signora che le compra. Le sposta di nuovo, le porta a casa sua. Due le dà a sua figlia (…) E la figlia le sposta un’altra volta. Le porta a casa sua”.

E spostiamo i colori. “Ci spostiamo anche noi, di continuo. Spostiamo le cose, spostiamo gli oggetti (…). Spostiamo i morti, li portiamo al cimitero. Oppure ne facciamo cenere e li mettiamo in un vaso. Spostiamo le foglie (…). Spostiamo la nostra fidanzata, che magari viveva lontano, e adesso è qua vicino a noi. Spostiamo la residenza. Spostiamo tutto, sempre. Che non era meglio se era già tutto in un sol posto? Tutto lì. I morti, le fidanzate, e le foglie”.

Oppure ne “Il pozzo del poeta”: “Giorgio / un poeta, / passeggia a novembre sul porto. / Scrive. / Ha trovato le parole nel mare. / Lui, intelligente, il mare, / si è preso / le chiacchiere inutili e futili / e le ha affondate. / Ha lasciato a galla / solo quelle giuste, le parole importanti, quelle necessarie. // Quelle che servono al poeta / per scrivere una poesia”.

Checco ha collezionato, dal 1998 ad oggi, oltre mille spettacoli, in molte parti del mondo, ma nel suo profondo lui rimane un riminese e basta: “Quante città, in una città. E’ Rimini. Ti pare di poter dire tutto e niente del luogo natio. Basta una via, pochi chilometri più in là, e tocchi ritmi e riti diversi, che abbondano di consuetudini. Sei ospite di quel mondo lontano, fatto di persone, famiglie e gruppi che non conosci, che si conoscono. Quante città in una città”.

Mi piacerebbe raccontare di Checco altri aneddoti, descrivere la sua bravura come clown e giocoliere, ma ancora una volta arrivo tardi. Il nostro Nicola Lucarelli ancora una volta, quasi un anno fa, mi ha preceduto alla grande facendo a Checco una bellissima intervista per Chiamamicitta.it (“Francesco Tonti, clown e giocoliere per vocazione”) a cui rimando.

Mi limiterò a dire che Checco io l’ho conosciuto virtualmente (prima di incontralo di persona) attraverso i racconti di mia figlia Alessandra quando lui era il rappresentante degli studenti al Liceo Classico ed entrava nelle classi per un qualche motivo. Le sue apparizioni nelle classi, secondo Alessandra, già dicevano che lui sarebbe diventato un artista.

Per fortuna ha calcato le scene e non i tappeti della politica. Qui la confusione era e rimane più che mai sovrana e se viene da pensare che l’ordine/disordine di Checco non avrebbe potuto fare certamente più danni, è altrettanto vero che lui ben difficilmente avrebbe aiutato a risolvere i problemi. Semmai avrebbe potuto incasinarli ancora di più, quasi sicuramente. Questo è il triste destino di tutti i clown.

Paolo Zaghini