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A Rimini mille distrazioni, ma vietato distrarsi


30 Aprile 2017 / Lia Celi

In inglese «viaggio» si dice «travel», il che testimonia una certa diffidenza degli antichi britannici verso il turismo. Travel infatti è parente del francese travail e dell’italiano travaglio, che indicano tutta una serie di spiacevolezze, dal lavoro usurante a tormenti di vario tipo, segnatamente i dolori del parto.

Curioso che la nazione che ha inventato il tempo libero assimili etimologicamente il viaggio alla fatica lavorativa o addirittura alla sofferenza, no? Ma a giudicare dal fatto di cronaca che inaugura la stagione turistica a Rimini e che ha visto come vittima una viaggiatrice professionista, il termine inglese risulta quanto mai appropriato.

Parliamo della povera travel-blogger olandese rapinata di tutti i suoi averi venerdì scorso, appena uscita dalla stazione: per lei recensire mete di viaggio sul web era oggettivamente un lavoro, ma lo scalo a Rimini si è trasformato subito in una dolorosa disavventura, perché nello zaino trafugato c’erano non solo i suoi effetti personali, ma anche i documenti e il computer con cui scriveva e postava.

Le è rimasto solo il suo cane, involontario favoreggiatore il furto: le cronache riferiscono che la ragazza aveva posato un istante lo zaino per dare al suo compagno una ciotola d’acqua, quando un malintenzionato ne ha approfittato per derubarla.

Se può consolare la sfortunata blogger olandese, sotto il profilo dei borseggi anche chi non si sposta mai da Rimini condivide i travagli dei travellers, tutto l’anno, certo, ma soprattutto d’estate, quando l’Ufficio denunce in Corso d’Augusto diventa una specie di Onu sui cui scranni siedono i riminesi e il resto del mondo, e dove si sentono parlare tutte le lingue del pianeta. Tante facce, tante origini, una stessa espressione, avvilita e ferita: per lo più si tratta di persone che «si sono distratte un attimo», a passeggio, in spiaggia, in un locale, fra le bancarelle del mercato o dietro il bancone del proprio negozio, e si sono ritrovate alleggerite di cellulare, portafoglio, borsa o zainetto.

E come si dice sempre, «pazienza i soldi, il problema sono i documenti»: fra carta d’identità, patente, carte di credito, bancomat, carta SIM e tessere varie, da bloccare e da rifare, si perde un’infinità di tempo, e alla fine è quello il furto più grave e irreparabile. Se i borseggiatori potessero appropriarsi, oltre che dei valori, del tempo che fanno perdere alle loro vittime, riuscirebbero a prolungarsi la vita almeno di un ventennio.

O forse ci riescono, ma non se ne accorgono solo perché gli accidenti che gli tirano i derubati annullano quel malloppo temporale, e alla fine la somma è zero. Meglio prevenire che tirare accidenti; quindi occhi aperti, mano sulla borsetta ben chiusa e, se il nostro cane ha sete addestriamolo ad andarsi a comprare da solo l’acqua minerale.

Anche se è triste che in una città che d’estate offre mille distrazioni l’unico lusso che non ci si può concedere sia proprio la distrazione.

Lia Celi www.liaceli.it