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“Romagna chiusa in se stessa, meno che nel Riminese”: parola di forlivesi


21 Agosto 2017 / Paolo Zaghini

Roberto Balzani – Giancarlo Mazzuca: “Amarcord Romagna – Breve storia di una regione (e della sua idea) da Giulio Cesare ad oggi” – Minerva.

60 - Balzani - Mazzucca

Un docente di Storia contemporanea all’Università di Bologna (ma oggi anche Presidente dell’Istituto dei Beni Culturali della Regione Emilia-Romagna, dopo esser stato Sindaco di Forlì per il centro-sinistra dal 2009 al 2014), Roberto Balzani, e un giornalista (ex direttore de Il Resto del Carlino dal 2002 al 2008, ex capolista del Popolo della Libertà in Emilia-Romagna e deputato dal 2008 al 2013, oggi membro del Consiglio di Amministrazione della RAI), Giancarlo Mazzuca, hanno dato vita a questo appassionato libro, quasi un romanzo, sulle vicende storiche della Romagna, da Giulio Cesare ad oggi. Entrambi forlivesi, pur nelle diversità delle appartenenze politiche i due autori sono animati entrambi da un profondo amore per la terra di Romagna. Balzani del resto è autore di un fortunato libello (“Romagna. Storia di un’identità” Laterza, 2001) che una quindicina di anni fa provò a fare il punto di che cosa fosse la Romagna.
Saltiamo il periodo romano, quello medievale e risorgimentale (tutti capitoli peraltro estremamente interessanti e, per molti versi, divertenti) per soffermarci invece sulla seconda parte del volume dedicato all’Unità d’Italia e al Novecento.

Balzani, assieme a Mazzuca, ripercorre le vicende storiche di questa terra tentando di mettere alcuni punti fermi: i confini (il riferimento è il libro di Emilio Rossetti “La Romagna. Geografia e storia” del 1894: “La Romagna di Rossetti è agraria e trova il suo fulcro, demografico oltre che politico-culturale, fra Ravenna, Forlì e Cesena”); l’immaginario comune creato da Aldo Spallicci (1886-1973) fra il 1911 e gli anni Venti attraverso le riviste il “Plaustro” e “La Piè”; le divisioni politiche fra socialisti e repubblicani prima, poi con i fascisti, ed infine con i comunisti; l’anticlericalismo: “come fenomeno politico è chiaramente attestato fin dalla prima Restaurazione, dopo il 1815; come irreligiosità, invece, è espressione assai più recente, da collocare fra l’ultimo quindicennio del XIX secolo e il primo del XX secolo”.

I due Autori, nel corso dei vari capitoli del libro, si sono divertiti ad evidenziare i punti di rottura della società romagnola nel corso dei secoli, ma anche i momenti del formarsi di un comune sentire. Entrambi sono serviti per la “narrazione” che venne fatta – a secondo dei periodi – della Romagna: “Vandea rossa” sul finire dell’Ottocento, il luogo del culto mussoliniano della personalità nel Ventennio, la Romagna “prigioniera” dell’Emilia dal 1860 ad oggi.

“Uno dei paradossi della romagnolità, tanto avvolgente e persuasiva nella sua manifestazione sentimentale, poetica, letteraria, artistica, storica e folklorica, quanto imbarazzante nelle sue decisioni pseudo-ideologiche, perlopiù influenzate da clichè tardo-ottocenteschi. (…). Anziché interrogarsi sulle trasformazioni indotte dal mutare dei tempi e delle condizioni demografiche, economiche, sociali e ambientali, il ‘romagnolismo’ tende, in certi casi, a proporsi come una forma d’inguaribile “autismo para-culturale”, sterilmente ripetitivo e fondamentalmente disinteressato al progresso della ricerca così come alla divulgazione seria di studi nuovi e di nuove idee. Possiamo quindi concludere che la cultura romagnola ha due volti: uno ‘progressivo’, volto a integrare la sperimentazione e la sensibilità dei cittadini delle ultime generazioni nel grande alveo di una gloriosa tradizione, l’altro ‘regressivo’, tendente a negare possibili mutamenti in nome di un etnocentrismo continuamente riaffermato, senza ulteriori apporti, da un secolo e più a questa parte”.

Eccezione a questo la realtà riminese con Federico Fellini e i poeti santarcangiolesi (da Tonino Guerra a Nino Pedretti, da Flavio Nicolini a Raffaello Baldini): “fra Santarcangelo e Rimini rinasce il regionalismo culturale in forme inedite e innovative”.

L’ultimo capitolo, “La Romagna possibile”, è fortemente segnato dall’esperienza amministrativa di Sindaco di Forlì di Balzani. Tratta temi suoi, più volte sollevati anche nel corso del suo mandato: “La classe dirigente continua a essere municipalista e poco sensibile, al di là della retorica, a un autentico afflato unitario”. E’ l’area vasta l’aspirazione di Balzani per la Romagna, “tesa a far coincidere lo spazio culturale con quello amministrativo ed economico. Insomma la provincia unica (finchè esisteranno le province), o l’area vasta tout court, è il campo in cui ci si può esercitare a fare i romagnoli, dopo averli raccontati”.

Paolo Zaghini