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Sinistra Italiana, attenzione a nascere a Rimini


19 Febbraio 2017 / Lia Celi

Nascere a Rimini è un privilegio, un segno di distinzione, un portafortuna. «Dove sei nato?» «A Rimini.» E subito il volto dell’interlocutore si illumina: che bello, la città delle vacanze, di Fellini, del divertimento, della trasgressione casereccia! (Vabbè, le idee su Rimini spesso sono un po’ datate).

Ma, e lo diciamo agli esponenti di Sinistra Italiana in questi giorni riuniti in città per il congresso fondativo (nota: non si vede, ma in Italia abbiamo un assoluto, urgentissimo, impellente bisogno di nuove forze politiche. Ormai coi partiti si fa il rinnovo di stagione, come per il guardaroba. Se non ci spicciamo, arrivano le elezioni e non abbiamo niente da votare), se fra gli esseri umani la culla riminese fa punteggio, per i partiti può essere un handicap.

Prendete il Pds, nato a Rimini giusto venticinque anni fa, e che subito cominciò a perdere pezzi e voti, tanto da non riuscire a fermare Berlusconi nelle elezioni del 1994: e se nascere in qualche città più «normale», meno frivola e votata all’intrattenimento, gli avesse portato più fortuna?

Certo, si può capire perché il vecchio Pci nel 1991 avesse deciso di venire ad esalare l’ultimo respiro qui in Riviera, un po’ come i pensionati americani che vanno a morire in Florida.

Ma la città delle vacanze è davvero un «birthplace» consono a un nuovo partito che vorrebbe rappresentare i più deboli, le donne, i precari, i disoccupati, gli ingegni più brillanti e incompresi, gente che da anni le vacanze non può più permettersele, nemmeno nella sempre abbordabile Romagna?

E’ anche vero che il lavoro in Riviera fuori stagione dipende anche dal turismo congressuale, le varie assise di dentisti, massoni, sindacati, congregazioni religiose che riempiono periodicamente il Palacongressi e gli hotel. In questo senso, scegliendo Rimini per fondare Sinistra Italiana, Vendola, Fratoianni e Landini hanno fatto già qualcosa di concreto per incentivare l’occupazione, almeno nel settore dell’ospitalità.

«Oggi c’è una grandissima domanda di concretezza», ha difatti sottolineato il leader della Fiom-Cgil, «se le parole non si traducono in fatti concreti, la gente non capisce». Ora ci aspettiamo che Sinistra Italiana, dopo aver dato una mano all’industria turistica riminese, per non far torti, realizzi analoghi «fatti concreti» per sostenere altri comparti.

Potrebbe andare a rifornirsi di carni avicole intorno a Cesena o a fare incetta di scarpe per tutto il partito nelle Marche, aumentando il fatturato dell’industria calzaturiera e incrementando il Pil: ancora una volta il modello sono i russi – non i sovietici di ieri, ma i turisti di oggi, scorbutici, poco cordiali, ma, dio li benedica, quando spendono spendono. Queste sono riforme, altro che quelle dell’odiato Renzi!

Lia Celi