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Un po’ di silenzio per la mia Rimini


26 Marzo 2017 / Lia Celi

«La donna perfetta è quella di cui non si parla mai», dicevano gli antichi. Il semplice fatto di attirare l’attenzione costituiva un difetto, nei secoli in cui il massimo che ci si aspettava dall’altra metà del cielo era che restassero a casa a filare la lana.

Oggi che la perfezione femminile è incarnata da donne chiacchieratissime come Chiara Ferragni o le sorelle Kardashian, la vecchia sentenza è più calzante per le città: se vanno a finire sui media nazionali in genere è per qualcosa di brutto.

Negli ultimi giorni Rimini ha fatto notizia per la presenza del nostro Maurizio Stecca a Westminster durante l’attentato: come testimone oculare, radio e televisioni se lo sono conteso più che ai tempi delle sue vittorie sul ring. Il campione riminese ha fatto un figurone riportando con lucida precisione e invidiabile sangue freddo tutti i dettagli dell’assalto, compresi i tre colpi con cui il poliziotto ha freddato l’attentatore a pochi metri da lui, ma onestamente avremmo preferito che i riflettori si riaccendessero su di lui in un’occasione meno sanguinosa.

Poche ore dopo, si è parlato ancora di Rimini per un episodio di natura diversa, ma altrettanto agghiacciante: un inerme migrante nigeriano accoltellato e investito a Marina Centro da un energumeno italiano, razzista o, come sostiene il suo difensore, psichicamente disturbato, ammesso che fra le due cose ci sia differenza.

Sicuramente l’aggressore aveva assunto cocaina, e in effetti la dinamica dei fatti – violenza immotivata, accanimento, crudeltà – conferma che il tizio non c’era tutto con la testa anche rispetto al militante medio di Forza Nuova.

(A proposito: confesso di aver appreso con un certo sollievo che l’uomo non era riminese doc, ma solo residente. Anche questo bisogno di rassicurazione sul fatto che noi locali siamo «migliori» dei forestieri e certe cose non le facciamo è una forma di razzismo. Devo lavorarci su.)

Se aggiungiamo un altro fattaccio recente avvenuto a Rimini, finito sui giornali e seguito da tg e talk show, e cioè l’attacco con l’acido contro Gessica Notaro da parte dell’ex fidanzato, e l’ultimissima macabra novità, la donna fatta a pezzi ritrovata nel trolley ripescato ieri nel porto, l’immagine di Rimini che ne risulta è quella di un laboratorio della peggio cronaca nera dei nostri tempi: i crimini d’odio contro le donne e gli stranieri.

Non ne faccio un problema di reputazione o di orgoglio campanilistico ferito, anche se mi piacerebbe che il Comune si costituisse parte civile contro l’aggressore del migrante per il danno d’immagine, così come ha fatto contro lo sfregiatore di Gessica.

Ma la mia città è come una persona cui voglio bene: vorrei leggere su di lei solo lodi e complimenti per quanto è bella e accogliente. Oppure, il silenzio che in termini mediatici significa normalità, e chissà, magari anche civiltà.

Lia Celi https://www.liaceli.com/