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Venerdì nero, lunedì al verde


26 Novembre 2017 / Lia Celi

Premessa: adoro fare spese, sono a un passo dallo shopping compulsivo, sia reale che online, mentre frugo nelle bancarelle del mercato provo lo stesso brivido di un ludopatico a Las Vegas, la più bella parola d’amore per me è «tutto al 70 per cento» e quando il solone di turno parte con la tirata anticonsumista sui danni del «compro dunque sono» e sull’accumulo di oggetti superflui, alzo gli occhi al cielo ed emetto un sospiro che vorrebbe tanto essere una pernacchia decisamente inappropriata per una signora della mia età.

Con il mio quadro clinico, avrei dovuto vivere il weekend del Black Friday come una vera e propria apoteosi spendereccia, una festa più attesa ed elettrizzante dei saldi di fine stagione. E invece no.

Non lo sento. Anzi, non mi ero proprio accorta che fosse diventata una vera e propria ricorrenza, e quando i media parlano come se esistesse da sempre e fosse scontato che tutti i consumatori stiano lì con il bancomat fra i denti e la carta di credito caricata a pallettoni, provo un certo fastidio.

Mi è proprio sfuggito il momento in cui il Black Friday, usanza tipicamente americana, è diventato istituzione anche in Italia, e continuavo a pensare che il venerdì nero fosse quello del crollo di Wall Street nel 1929, che diede inizio alla Grande Depressione.

Ma è successo come con Halloween, che non c’entra una beata fava con la nostra storia ma è diventato un caposaldo nel calendario dei teenager. Noi adulti che un mese fa brontolavamo sulle sfilate dei ragazzi mascherati da zombie («la solita americanata! Siamo le solite pecore!») ieri e venerdì ci siamo debitamente incolonnati sulla Statale per andare a celebrare nei megastore e nei centri commerciali il santo Venerdì Nero, dove nero era soprattutto l’umore degli automobilisti imbottigliati.

E anche quello di molti acquirenti, scoprendo che le famose offerte e i famosi ribassi spesso non erano poi così favolosi e imperdibili: 20, 30 per cento. Via, lo sanno tutti che sotto il 50 per cento non è vero amore!

Siamo viziati dalle continue promozioni spalmate ormai durante tutto l’anno in tutti i settori commerciali, dagli abiti ai telefonini passando per le scarpe e i libri. Comprare qualcosa a prezzo pieno è un piacere perverso che si concedono pochi eccentrici masochisti che godono nel sentirsi imbecilli acquistando a 100 quello che fra quindici giorni costerà 80 in negozio e 15 fra sei mesi, quando sarà finito su una bancarella «Rimanenze di negozio».

A meno che non siano loro i consumatori più consapevoli: sanno che il prezzo pieno intimidisce e li aiuterà a limitare gli acquisti a ciò che è veramente indispensabile e di buona qualità, sicché alla fine spenderanno meno dei bulimici da Venerdì Nero. Che domattina, guardando nel portafoglio, capiranno che sarà un Lunedì Verde.

Lia Celi www.liaceli.it