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Acquarena-Tecnopolo Rimini, chieste 13 condanne e 5 assoluzioni


8 Febbraio 2023 / Redazione

Tredici condanne e cinque assoluzioni, per quattordici anni di reclusione complessivi: è quanto ha chiesto ieri mattina il pubblico ministero Annadomenica Gallucci nei confronti dei 18 a processo per la vicenda Tecnopolo/Acquarena nel quale Comune di Rimini e Regione Emilia-Romagna si sono costituiti parti civili.

Le richieste di condanna riguardano il modenese Mirco Ragazzi, alcuni dipendenti comunali e tecnici privati che hanno seguito i lavori del Tecnopolo. Il processo arriva a conclusione di un’indagine partita nell’agosto 2015, dopo che l’allora assessore della prima giunta Gnassi Roberto Biagini aveva presentato un esposto al procuratore della Repubblica Giovagnoli. Tutto ruotava attorno alla figura di  Ragazzi: un “facilitatore”, cioè un consulente di aziende private che tiene i rapporti con le pubbliche amministrazioni.

Nell’ambito delle indagini erano emerse irregolarità anche per quel che riguarda la realizzazione di Acquarena, l’impianto natatorio che sarebbe dovuto sorgere di fronte al Palacongressi e mai realizzato.

Per la mancata realizzazione della piscina in via della Fiera è stata chiesta la condanna (ad un anno e un mese di reclusione) nei confronti di quattro imputati, tra i quali Mirco Ragazzi. L’accusa è di di falso ideologico e turbativa d’asta per aver prodotto – stando a quanto ricostruito dalle Fiamme gialle – una documentazione bancaria fasulla che veniva retrodatata, così da dimostrare il coinvolgimento di istituti bancari in data anteriore alla data di scadenza della presentazione delle offerte.

Per la vicenda del Tecnopolo, invece, il centro di ricerca universitaria di via Dario Campana (inaugurato nel 2017), vede tra gli imputati Massimo Totti, dirigente all’epoca dell’Unità progetti speciali del Comune di Rimini: per lui è stata chiesta una condanna a un anno e 3 mesi. Sempre secondo l’accusa, gli imputati avrebbero dichiarato il falso in alcuni verbali nella fase del collaudo dell’opera, per non perdere così il contributo della Regione di un milione e 350mila euro, poi regolarmente stanziato. Pene di un anno e 3 mesi e di un anno e un mese sono state chieste rispettivamente per due dipendenti comunali: Pierpaolo Messina, direttore dei lavori del Tecnopolo, e Donata Bigazzi, architetto collaudatore. Chiesta invece l’assoluzione, perché il fatto non costituisce reato, nei confronti dei responsabili degli impianti elettrici.

Le prossime udienze sono fissate il 23 e 24 febbraio per le repliche, poi sarà emessa la sentenza di primo grado