HomeIl corsivoAl porto di Rimini arrivano I Nomadi, protesta di Lega e comitati?


Al porto di Rimini arrivano I Nomadi, protesta di Lega e comitati?


17 Giugno 2018 / Nando Piccari

È indiscutibile che la Francia non sia in condizione di poter dare lezioni a chicchessia sul tema dell’accoglienza ai migranti, ma questo non inficia minimamente la pertinenza del termine «vomitevole» usata dal portavoce del partito di Macron nei confronti della ringhiosa pervicacia con cui Salvini ha prolungato la sofferenza di molte centinaia di disgraziati, relegati a bordo della nave Aquarius.

Come se non fosse bastato lasciarli nel dramma in mezzo al mare, il tronfio caporione leghista ha poi accolto con un surplus di cinismo le loro ulteriori difficoltà nel raggiungere la Spagna: «Non è che adesso possano decidere dove finisce la crociera».

La turpitudine di Salvini è stata ovviamente salutata da tutto il viscidume fascistoide e xenofobo che sta montando in Europa, di cui si è reso portavoce il gaglioffo dittatore ungherese, secondo il quale «…in Italia è tornata la forza di volontà».

Così come è risultata assolutamente comprensibile, in casa nostra, la levata di scudi anti-francese e pro-Salvini dei leghisti, dei pretoriani di comare Meloni e dei forzitalioti che non vedono l’ora di “rimontare su”. Analogamente non sorprende la pusillanimità silenziosa dei grillini; compresi quelli che, “venendo da sinistra”, una volta non la pensavano come Grillo né su come «dare una passatina a un marocchino che rompe i coglioni», né sullo Ius Soli («La cittadinanza a chi nasce in Italia è una cosa senza senso, che attrarrà ancora più migranti verso l’Italia»).

A fare buona compagnia a tutti costoro non potevano poi mancare i “signorini neri” di Forza Nuova, che a Rimini ha esibito ancora una volta la sua fellonia piazzando al porto uno striscione di plauso a Salvini – «…un’Italia che sta alzando la testa» – seguito da una dichiarazione del locale “ducetto tascabile”, per il quale «ci si è stancati di essere la discarica umana del continente africano». Forse ci vogliono dire che quella povera gente, anziché nella “discarica Italia”, sarebbe preferibile avviarla a qualche inceneritore, come avrebbero gioiosamente fatto gli infami cialtroni da cui loro traggono ispirazione.

Viene da chiedersi, invece, perché mai anche il Pd, pur nell’esprimere la sua avversione verso lo squallore messo in mostra da Salvini, abbia sentito il bisogno di farla precedere da parole di biasimo per quel «vomitevole» usato dal portavoce di En Marche; quasi si fosse trattato di un insulto rivolto all’Italia e agli Italiani e non dello strameritato epiteto con cui veniva bollata l’ignobile arroganza di un gradasso che, appena arrivato al Viminale, ha subito cominciato a dargli un’impronta da bivacco leghista.

Certo, un po’ più di bon ton avrebbe consigliato a Gabriel Attal di prendere esempio dal leader dei socialisti europei Udo Bullmann, che s’è limitato a definire Salvini «un poveretto»; o di cercare nel vocabolario francese altri termini, ugualmente adatti alla bisogna ma un tantino meno grevi, quali ad esempio répulsif (repellente) o dégoûtant (disgustoso).

La soggezione grillina di fronte all’imposizione salviniana è stata eloquentemente evidenziata dall’impacciato barcamenarsi dell’ornamentale Presidente del Consiglio divenuto tale “per contratto” (o meglio, “per caso”), di cui si coglie fin d’ora quale sarà il grado di protagonismo che Salvini – condiscendete “ridolini” Di Maio – gli concederà di esercitare: quello, cioè, di “re travicello” (detto anche, in alcune zone del riminese, “e re ad codga”, “il re di cotica”).

Come la vicenda Aquarius ha chiaramente dimostrato, capiterà anche di peggio a colui al quale spetterebbe la decisione finale sulla chiusura dei porti: faceva quasi tenerezza l’impotente farfugliamento del ministro 5 stelle Tontinelli, con lo sguardo ancora più da cocale sotto quegli occhiali da saldatore.

Chissà come avrà goduto per il macabro exploit salviniano la rumorosa e folta accozzaglia di pura razza ariana intruppata all’interno di quei “nostrani comitati” dove non mancano quanti vorrebbero “dar fuoco” ai nomadi, ma per carità non chiamateli “razzisti”, altrimenti chi ci salva da uno degli sgrammaticati pistolotti di Pistillo? O da qualche mezzo chilo di comunicati delle varie “So-il-cavolo-cosa che vorrei”. Le quali, peraltro, saranno presto oggetto della riforma prevista nel “contratto lega-5 stelle”, che impone di sostituire l’imbelle condizionale di quel verbo con una coniugazione più consona all’idea del “cambiamento”.

Così, per fare un esempio, se “La Grottarossa che vorrei” avrà un’impronta salviniana, s’intitolerà “La Grottarossa che la voglio io, se no peggio per voi”; se invece si ispirerà al pensiero di Di Maio, si chiamerà “La Grottarossa che vorrebbi”.

Il legaiolo immigrato dal Lombardo-Veneto che dirige quei suoi zelanti portatori d’acqua, cerca di galvanizzarli assicurando loro che al campo di via Islanda ci penserà di qui in avanti la ruspa di Salvini, e se la Lisi non farà presto a scansarsi, peggio anche per lei. Però in cuor suo è preoccupato, perché i suoi adepti sono sì becconi, ma prima o poi scopriranno che la ricetta che il “contratto di governo” contempla per i campi nomadi è praticamente quella contro cui ragliano da tempo lui ed i suoi seguaci.

Come se non bastasse, gli è pure arrivato in queste ultime ore l’annuncio di una grana da non credere: “Venerdì 22 arrivano I NOMADI sul porto!!”.

S’è così lasciato andare allo sconforto: “Non bastavano quelli di Via Islanda, adesso altri nomadi, che arrivano pure dal mare?!” Allarmato, ha poi telefonato al suo diretto superiore, tal Morrone, recentemente sorteggiato ad una particina nel govenno come sottosegretario. Costui lo ha però di lì a poco richiamato, comunicandogli: “tranquillo, il prossimo venerdì sera a Rimini I NOMADI non ci saranno! Per non farli sbarcare, Salvini chiuderà non solo il porto di Rimini, ma anche quelli di Riccione, Cattolica, Misano, Bellaria e, per stare dalla parte del sicuro anche l’Ausa.

Nando Piccari