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Allagamento

Alluvione a Rimini. Non è tempo di struzzi – 2


21 Maggio 2023 / Giorgio Grossi

Focalizzo le riflessioni di questo secondo “pezzo” su Rimini. Nella nostra regione, nella nostra città, abbiamo autorizzato come amministrazioni periferiche troppo consumo dei suoli. Su Rimini è stato addirittura coniato un neologismo  ad hoc: riminizzazione. Che ancora il T9 del mio computer non ha recepito. Ma che fa parte della lingua italiana. Essendo stampato su ogni dizionario, o enciclopedia che sia. In realtà il coefficiente di edificazione è al disotto della media nazionale e regionale. Ma tant’è! Con il senno di poi e la cultura ambientalista  che oggi abbiamo acquisito, potendo ritornare al passato, non ci comporteremmo così.

Controprova: chiedere a Gnassi che ha personalmente messo a repentaglio i suoi beni privati. Per bloccare i cosiddetti diritti acquisiti che i costruttori giustamente accampavano per deliberazioni delle giunte antecedenti. E’ stato fatto per acquisire consenso, perché costruire fogne e negare autorizzazioni non pagava in termini elettorali? Credo proprio di sì. Ma quella cultura uscita dalla devastazione del conflitto bellico che utilizzava anche le macerie del Kursaal pur di ricostruire, ha fatto da “staffetta” all’ubriacatura del boom economico  di fine anni ’60 declinato nella nostra città con la nascita e il decollo del cosiddetto turismo di massa. Che ha creato tanta ricchezza diffusa. Ma anche effetti collaterali non proprio trascurabili.

Ribadito questo, veniamo ai fatti. Chi ha seguito con un minimo di attenzione gli innumerevoli servizi sulla rete e sulla carta stampata, non può non essersi accorto che Rimini compare quasi sempre ai margini delle narrazioni.

E perché? Palese la risposta. Perche abbiamo avuto meno criticità degli altri territori a parità dei quantitativi di acqua caduta. Dobbiamo credere quindi ad un miracolo? Come no! Io preferisco  ringraziare quei tecnici (in camicia nera?) che negli anni ’30, con grande lungimiranza, realizzarono il deviatore sul Marecchia. E poi quello recente sull’Ausa, sul quale però non tutti la pensano in modo positivo. O più vicino a noi il compianto assessore Vici, che tanto si batté per realizzare il Parco Marecchia. E le migliorie idrauliche successivamente apportate. Che dire poi della vasca di laminazione di piaz.le Kennedy, della confluenza delle acque di Covignano in fognatura, della fossa Patara in zona sud, Il tutto frutto dell’impegno tenace e della passione di una certa figura che ogni riminese ben conosce ed apprezza. Domanda: quante zone sarebbero finite senza questi interventi sott’acqua, melma e merda?

Nondimeno le criticità registrate alle Celle nelle vie Delle Piante e Altea, il ponte sul Marecchia dopo il sovrappasso della statale, l’urbanizzazione del Borgo dei ciliegi a Vergiano, devono nel breve periodo trovare soluzioni concrete e funzionali. Per quello che varrà ovviamente. Il giudizio di una sofferta resilienza priva di risoluzione, così come ho scritto nel primo articolo durerà a lungo  nel tempo. La frequenza delle future devastazioni più che di Storia spero sappiano di cronaca. Ce lo auguriamo per l’assenza di vittime soprattutto! So di ripetermi. Ma sarà dura… molto dura!

Giorgio Grossi