Noi anziani che in questo autunno facciamo fatica a capire… senza ridere
24 Ottobre 2016 / Nando Piccari
Datemi una moviola.
In questi giorni è tutto un parlare e scrivere, con giusta preoccupazione, di truffe a danno degli anziani, i cui autori ricorrono alle più fantasiose e turpi modalità. Anch’io sento di dover cominciare a preoccuparmene, poiché avverto che con l’avanzare dell’età sta ulteriormente accentuandosi la mia innata difficoltà a sottrarmi ad ogni tipo di “trattativa”. Al punto che quest’estate sono riuscito a farmi vendere ben due tappeti nella stessa mattinata, ad opera del medesimo venditore a domicilio, che però la seconda volta giurava essere il fratello di quello precedente.
Che appartenga dunque anch’io alla categoria, spero vasta, dei semi-dementi vecchierelli “onorati” dallo spocchioso pensiero di quel finarello di D’Alema, più giovane di me di un anno? Il quale, con una nota di quasi “razzismo anagrafico”…dal sen fuggitagli, lamenta che al referendum del 4 dicembre «voteranno SÌ soltanto gli anziani, perché hanno difficoltà a capire».
Il loro rincoglionimento, certificato dall’inossidabile supponenza dalemiana, li renderebbe dunque incapaci di cogliere la giusta via del no, sulla quale s’è invece incamminato lui, portandosi dietro – ahimé – Bersani e l’amorevole compagnia di Salvini, Grillo, Brunetta, Fini, Meloni, Berlusconi, Travaglio e Alemanno. Qui c’è ormai qualcosa di più della decadenza etico-politica: si chiama abbruttimento interiore.
Come vorrei avere una moviola! Per riavvolgere all’indietro cinquant’anni di “mia pellicola” e tagliarvi le tante volte in cui, riferendomi a D’Alema, m’è capitato di dire: «Non sarà un mostro di simpatia, però è un compagno di valore».
Basta svestirsi un po’
Appare quanto meno stravagante la motivazione con cui il Tribunale Amministrativo Regionale ha accolto il ricorso di uno dei due poliziotti filo-grillini (ma direi la stessa cosa anche se fosse filo-qualcos’altro) contro il provvedimento disciplinare comminatogli per aver svolto, durante il servizio, incontri politici in vista delle ultime elezioni riminesi.
Come riferisce Il Carlino, il TAR di Bologna ha sì riconosciuto che l’agente “abbia svolto «incontri politici in orario di servizio», uno addirittura nella guardiola della Prefettura; tuttavia – udite, udite! – «l’ha fatto senza indossare l’uniforme ed esprimendo proprie opinioni»”.
Pare dunque di capire che quel poliziotto, per risultare punibile, avrebbe dovuto: primo, avere addosso la divisa; secondo, esprimere in quella riunione politica non opinioni sue, ma di qualcun altro.
Qualora non intervenga un successivo e provvidenziale grado di giudizio a cestinarla, vi è dunque la possibilità che quella sentenza, come si dice, faccia giurisprudenza. Ne conseguirebbe che ogni dipendente pubblico dotato di divisa, purché abbia l’accortezza di svestirsene un attimo prima, potrà trastullarsi come meglio crede durante l’orario di lavoro: organizzare riunioni di partito, leggere il giornale, discutere di calcio, fare le parole crociate.
Ma allora – obietterà qualche seguace dell’esimio prof. Zagrebelsky – chi non porti la divisa non avrà le medesime garanzie giuridiche? Nessuna paura: se si tratta di un uomo, basta che si tolga giacca e cravatta; se invece è donna, che si slacci un po’ la camicetta.
È davvero così?
So già che la cosa farà storcere il naso a più di un amico di questa testata, ma non posso fare a meno di confessare che il sondaggio di qualche giorno fa, sul gradimento dei riminesi per lo spostamento del mercato ambulante, a naso mi sembra…un tantino venuto da Marte.
So bene che quella è stata e continua ad essere una questione alquanto complessa e per alcuni versi non del tutto conclusa, dove pregi e svantaggi si soppesano partendo da logiche ed interessi legittimamente contrastanti. Ma essendo tornato a vivere da quasi cinque anni non “nel centro”, ma “il centro” di Rimini, e parlando ogni giorno con decine di persone, diciamo che mi ritrovo alquanto sconcertato nell’apprendere che i miei “sensori percettivi” sarebbero andati talmente in tilt da non aver colto che addirittura 86,56 riminesi ogni 100 vorrebbero di nuovo il mercato in Piazza Malatesta.
Io non ne capisco molto, ed anzi ho un qualche timore reverenziale in materia; ma un amico che di sondaggi ne sa, mi ha detto: «Molto dipende dal modo di porre le domande. È un po’ come la storiella del babbo mangiapreti che però, essendo anche montessoriano, voleva sentirsi la coscienza a posto nel poter dire che non era lui a condizionare le decisioni del figlioletto. Così, in vista del Natale gli chiedeva: “Vuoi dire una preghierina a Gesù Bambino perché ti faccia diventare più buono, o scrivere una letterina a Babbo Natale, che poi ti porta un bel regalo?”».
Il Medio Evo sono loro
Tutto bene quel che finisce bene! Il ciarlatano clan degli oscurantisti anti-vaccini s’è dunque ritirato con le pive nel sacco, essendo naufragato il suo tentativo di portare a Rimini e a San Marino lo pseudo-film “Vaxxed”. La sua sconfitta è semplicemente dovuta all’intelligenza, alla sensibilità ed al libero arbitrio prima dei fratelli Giometti, gestori della Multisala Le Befane, quindi di chi a San Marino ne ha seguito l’esempio; i quali, sollecitati dall’inevitabile “libero dibattito” suscitato dall’eventualità di quella pacchianeria, hanno rivisto la loro precedente decisione, presa anch’essa in altrettanta buonafede. Altroché «censura, proibizionismo, Medio Evo o imposizioni istituzionali» di cui hanno cianciato i sanfedisti del Comilva ed i “prezzemolini” del Codacons (chissà perché, di primo acchito rischio sempre di sbagliarmi chiamandolo Codecaz), che nato per controllare il giusto prezzo e il grado di fragranza di formaggi e salumi, ha via via imparato a recitare il ruolo di supponente e tuttologa mosca cocchiera.
Volevano dunque inquinarci aggiungendo al film la presenza di Andrew Wakefield, che la comunità medica internazionale ha da tempo buttato in discarica con tutta la mondezza antiscientifica delle sue farneticanti teorie contro i vaccini. Per le quali può ben essere considerato il degno compare dell’orrido Ryke Geer Hamer, l’ex medico tedesco scacciato anch’egli dal consesso sanitario mondiale; un cialtrone che meriterebbe pure una speciale Norimberga tutta per lui, avendo egli sulla coscienza le tante vittime della sua criminogena induzione al rifiuto di terapie oggi in grado di contrastare e spesso vincere il cancro.
Ma in tutto questo squallore non è mancata una nota che ha rasentato il comico: l’insistita invocazione, ovviamente caduta nel vuoto, affinché un qualsiasi “medico normale” si prestasse a legittimare quel tristo figuro di Wakefield, affrontandolo “in un civile confronto di idee, rispettoso delle libertà costituzionali, bla, bla,bla”.
In altro contesto, ma il paragone ci sta, sarebbe come pretendere che qualche storico degno di questo nome accettasse, sul tema della Shoah, il confronto pubblico con uno di quegli orridi negazionisti per i quali i campi di sterminio sono soltanto un’invenzione del vittimismo ebraico.
Nando Piccari