HomeLia CeliApparve Supermario e fu assembramento mai visto


Apparve Supermario e fu assembramento mai visto


6 Febbraio 2021 / Lia Celi

E se diciamo che ci siamo assembrati in piazza per festeggiare l’incarico a Mario Draghi, la polizia chiuderà un occhio? Forse un po’ di movida è perdonabile, nel primo weekend in zona gialla, giunto al termine di una settimana in cui siamo passati dal marasma politico totale alle speranze più rosee.

La notizia di ieri è che perfino Salvini, il sovranista populista che flirtava con i no-euro, i no-vax, i fautori dell’Italexit e i fan di Medjugorje, disposto a dialogare con Supermario, in una versione aggiornata, riveduta e molto scorretta della leggenda medievale di san Francesco e del lupo di Gubbio.

Ma forse l’avvento dell’ex presidente della Bce nel teatrino sguaiato e fatiscente della politica italiana ricorda più il copione di The Greatest Showman, con Phineas Barnum che raccoglie freaks, casi umani e fenomeni da baraccone assortiti, e con polso da imprenditore, oltre che da impresario, trasforma la patetica accozzaglia di infelici creature in una compagnia di professionisti capaci di riempire i teatri.

Non è solo una metafora: siamo ancora in piena pandemia, i teatri veri e i cinema sono ancora chiusi, perfino il festival di Sanremo si svolgerà senza pubblico e sarà meno glamour dell’ultimo esame di maturità. E così è diventata spettacolo la crisi di governo, un copione mozzafiato ricco di colpi di scena che seguiamo minuto per minuto su La 7, con Enrico Mentana come versione giornalistica di Amadeus.

Ore e ore di kermesse in cui non succede nulla, finché da un momento all’altro succede di tutto e la situazione si rovescia, come nell’edizione sanremese dell’anno scorso, quando chi ha resistito al sonno ed è rimasto davanti al video fino alle due di notte dell’ultima serata è stato premiato con il vero momento clou del Festival, la mitica sclerata canora di Morgan e il voltafaccia di Bugo sul palco dell’Ariston.

Matteo Renzi che per giorni viene deprecato dai media come un egomaniaco folle, amico di sceicchi assassini e accoltellatore di avvocati del popolo, nel giro di poche ore assurge al ruolo di salvatore della patria che unisce l’abilità diplomatica di Cavour all’audacia di Garibaldi. Abbiamo visto Giuseppe Conte, l’azzimato premier col santino di padre Pio nel taschino, il protagonista dei drammatici appelli notturni nei momenti più tragici della pandemia, trasformato in un ambulante da piazza dietro un tavolinetto davanti a palazzo Chigi.

E infine si è materializzato il taumaturgo indicato almeno da un anno come l’unico in grado di tirarci fuori dai guai, il profeta del “whatever it takes”, il cavaliere senza macchia e senza paura il cui nome basta a domare lo spread e a incantare le Borse: Mario Draghi.

E forse il meglio deve ancora venire. Come rimproverarci se in questo weekend abbiamo sentito il bisogno di incontrarci in centro, davanti a un aperitivo o a un cono gelato? Non siamo cattivi, né negazionisti, e nemmeno irresponsabili. Siamo solo esausti e in debito d’ossigeno, dopo un anno sovraccarico di emozioni. Non ci meritiamo una multa, ma una pacca sulla spalla, prima di affrontare un’altra faticosa e imprevedibile settimana.

Lia Celi