As videmm, Amos!


19 Novembre 2022 / Giuliano Bonizzato

Caro Amos,

Ora che a 96 anni sei partito per i campi Elisi, voglio ricordare l’amicizia che ci ha legato sin dai tempi in cui (al dopolavoro della Società Telefonica diretta da mio padre di cui eri uno dei pezzi pregiati) insegnasti a me, sedicenne, l’arte di giocare a boccette. Appresi allora (tra l’esatto posizionamento della gamba sinistra alla ricerca del filotto e la saggezza di una ‘vigliacca candela’ in luogo di tre sponde rischiose) che eri… un ‘mezzo toscano’ come me. Tu da parte di padre, io di madre. E forse fu proprio la comune discendenza da quegli avi che con Curzio Malaparte si autodefinivano…’maledetti’, a renderci così simili nel gusto dell’ironia e del sarcasmo cementando un rapporto affettivo e collaborativo durato tutta la vita.

Indimenticabili gli anni del Tuo Sipario Aperto, nella TeleRimini che aveva appena vinto, da antesignana, la entusiasmante battaglia per la libertà d’antenna. Quante risate in quelle riprese rigorosamente in diretta di attori-colleghi-amici dallo straordinario talento comico,come Sanzio Nori, Enzo Tamagnini, Enzo Serafini! E poi le nostre ‘ciacarede’ televisive dove si finiva sempre e comunque a parlare del brutto e del bello della nostra città, pestando spesso i calli a qualche Don Rodrigo locale.

E come non citare (oltre ai Tuoi Saggi, alle Poesie, ai dizionari Romagnoli, ai libri di folclore malatestiano magnificamente illustrati da Tuo figlio Claudio) i due capolavori grazie ai quali sei salito sul podio più alto della letteratura vernacolare? Mi riferisco alla favolosa traduzione in romagnolo del Pinocchio di Collodi e a quella, difficilissima, degli ‘Atti degli apostoli’…

E c’erano infine le nostre discussioni su come salvare un dialetto romagnolo prossimo all’estinzione in quanto non più trasmesso da padre a figlio… Tu sostenevi con vigore la necessità di introdurlo nelle Scuole come materia d’insegnamento. Io più pessimista, pensando alle classi multietniche e alla necessità vitale di dedicare più ore possibili all’inglese, coltivavo la speranza che se ne potesse salvare almeno l’anima. A tal proposito l’insegnante, avrebbe potuto, ogni tanto, assegnare alla classe un tema da svolgere in un italiano più vivo e identitario, distribuendo agli alunni un elenco di tipiche espressioni gergali sia nella versione originale che nella corrispondente traduzione nazional-romagnola.

Te ne fornivo questo esempio.
“Purett e sgnur, poveri e ricchi”.

Si sperava che col reddito di cittadinanza i purett non sarebbero stati così splucchi da non saper dove sbattere le corna. Purtroppo si ha l’impressione che chi lo ha voluto ci abbia dato un po’ all’inzecca tanto per beccarsi i voti di chi, soprattutto al Sud, ha una miseria che si taglia col coltello.

Tanimodi pure a Rimini sono tanti quelli che vanno per i coppi anche se c’è chi potrebbe sgavagnarsela ma poi, avendo la testa come una mazzòla, si fa il cellulare ultimo tipo e così alla fine del mese si riduce un vallo e deve far la fila alla Caritas.

Gli sgnur dal canto loro con la tassa piatta faranno ancor più gli sburoni anche se sono dei pidocchi rifatti, tanto i soldi continueranno a mandare l’acqua all’insù e loro, sgodevoli come al solito, a cantare da gallo con la roba che va per i fossi. A quelli che devono andare in pensione poi hanno fatto fare un collo lungo che mai e adesso si trovano sulla schiena del buratello, per non parlare di chi, rimasto in mezzo al guado, va in porcaccia e magari tira giù tutti i bambini rischiando di perdere il ranno e il sapone. Però a dirla tutta c’è anche il ricco che con la crisi scapuzza e il povero che invece parte a baionetta in canna, neanche avesse gli speroni nel culo e, magari con un po’ di sghetto, fa vedere a tutti il lume e lo scuro alla faccia di quelli che sono più sporchi del bastone del pollaio.

Tanimodi speriamo che il centrodestra non faccia come il baghino che dà le testate contro la casa e dunque va contro l’interesse del padrone. Che poi nel caso sarebbe il popolo italiano.

Beh, mi sembra già di risentire le Tue proteste.
-‘Ma dài, Gibo! Non basta l’anima! Il dialetto va salvato in carne ossa e sangue!
-Ma da cosa nasce cosa! Magari qualcuno ci prende gusto e si procura i tuoi Dizionari!
-Ma cosa vuoi che nasca!

E la discussione proseguiva così, all’infinito, mentre io accompagnavo a casa Te e Tu riaccompagnavi a casa me, su e giù lungo il nostro Viale Trieste….

Magari faremo la stessa cosa, da nuvoletta a nuvoletta quando toccherà anche a me ‘lasciarci gli zampetti’.

Il più tardi possibile, naturalmente.

As videmm, Amos!

Giuliano Bonizzato