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Augusto Tamburini padre della psichiatria italiana, ma anche di Riccione


16 Gennaio 2023 / Paolo Zaghini

Fosco Rocchetta: “Augusto Tamburini (1848-1919) Illustre psichiatra e presidente della Pro Riccione” – La Piazza.

Fosco Rocchetta continua con questo volume la sua personale costruzione del pantheon riccionese, composto dalle persone illustri nate o vissute a Riccione fra fine Ottocento e la prima metà del Novecento. Dopo, solo per citare le ultime opere edite di Rocchetta, il direttore d’orchestra e violinista Max Springher, dopo lo storico della marina Camillo Manfroni, questa volta è il turno di Augusto Tamburini (1848-1919), tra i primi e più importanti psichiatri italiani. Tamburini per oltre trent’anni visse per lunghi periodi a Riccione e qui morì il 28 luglio 1919.

Nato ad Ancona il 18 agosto 1848, si laureò in medicina a Bologna nel 1871. Nel 1876 divenne incaricato dell’insegnamento di psichiatria e clinica psichiatrica presso l’Università di Pavia. Direttore dal 1877 del Manicomio di San Lazzaro a Reggio Emilia che, in poco tempo, ne fece uno tra i laboratori più autorevoli della psichiatria italiana. Direttore della “Rivista sperimentale di freniatria” (dal 1877 al 1919). Nel 1883 venne nominato professore ordinario di psichiatria e clinica psichiatrica a Modena e dal 1890 al 1910 ricoprì l’incarico di presidente della Società freniatrica Italiana. Nel 1906 si trasferì presso la clinica universitaria di Roma.

Fondamentali i suoi studi di valutazione dei servizi psichiatrici italiani. Fu Tamburini, insieme ad altri “alienisti” del tempo, a svolgere la prima inchiesta che avrebbe fatto da guida e da base per l’attuazione di una nuova legge manicomiale in Italia. Le problematiche più rilevanti che emersero da questa sua ricerca furono: l’eccessiva quantità di pazienti all’interno dei manicomi; la disomogeneità delle norme riguardanti i ricoveri e le dimissioni dei malati all’interno delle varie strutture; la noncuranza degli averi dei malati una volta nei manicomi; l’inefficace sorveglianza sui manicomi sia pubblici che privati.

Successivamente Tamburini presentò davanti al Consiglio superiore di sanità i risultati della inchiesta, sottolineando in particolare, attraverso i dati raccolti, il primo punto di essa. Dati che affermavano che su 40 manicomi allora esistenti in Italia, 24 denunciavano che il numero dei ricoverati eccedeva le possibilità di accoglienza.

L’altro suo intervento rilevante fu l’organizzazione all’inizio del conflitto mondiale 1915-1918 per l’esercito italiano di un sistema di assistenza sanitaria che prevedeva anche un sostegno psichiatrico. Egli fu nominato consulente psichiatrico del ministero della Guerra. Fu lui a decidere di creare nelle zone di combattimento dei veri e propri reparti neuropsichiatrici all’interno degli ospedali da campo. Questi reparti avevano la funzione di prestare i primi soccorsi ai soldati, per poi smistarli, se necessario, in strutture lontane dalle zone di combattimento. Furono oltre 5.000 i soldati che vennero curati all’ospedale San Lazzaro di Reggio Emilia.

Nel 1877 divenne direttore della “Rivista sperimentale di freniatria” (ruolo che ricoprì sino alla morte). Essa fu fondata a Reggio Emilia nel 1875 presso il “quartier generale” della psichiatria italiana del tempo: il Manicomio di San Lazzaro. Diretta da Carlo Livi, vide come uno dei primi redattori Augusto Tamburini. La rivista rispecchiò il passaggio della psichiatria italiana ad una fase, per così dire, di maturità istituzionale. Essa segue infatti di due anni la fondazione della Società italiana di freniatria, di cui diverrà organo ufficiale, ereditando il ruolo che era precedentemente spettato all’Archivio italiano per le malattie nervose e le alienazioni mentali. Quest’ultima assunse il ruolo di vera e propria “vetrina” dell’intenso lavoro scientifico compiuto presso i laboratori del manicomio reggiano.

Rocchetta nel suo lavoro si sofferma in particolare sulle presenze di Tamburini a Riccione. “Tra i villini sorti a Riccione, viene citato più volte, a partire dal 1886, in scritti e racconti di carattere balneare, quello del Professor Augusto Tamburini, uno dei massimi psichiatri italiani tra la fine dell’Otto e gli inizi del Novecento”.
Villino costruito verso il 1878-79 sull’attuale Via Spalato, a mare della ferrovia. Qui Tamburini “trascorse annui periodi di riposo con la famiglia, per oltre trent’anni: dai tempi ‘pionieristici’, in cui Riccione muoveva i suoi primi passi come località marina, fino alla morte, causata presumibilmente dall’influenza ‘spagnola’, che lo colse nel suo villino”.

Le ricerche di Rocchetta testimoniano di una sua “attiva ed apprezzabile partecipazione alla vita civile e socio-culturale del luogo che per anni l’ha visto ammirato ospite”. “Egli offrì il suo reputato nome al servizio della città: anzitutto, come membro, nel 1893, del primo Consiglio dell’Ospedale Giovanni Ceccarini, presieduto dalla benemerita americana Mary Boorman Wheeler in Ceccarini e poi, nel 1905, nelle vesti di Presidente della ‘Pro Riccione’, ente che si battè per l’autonomia comunale, che i riccionesi otterranno nel 1922, dopo una lunga serie di battaglie”.

Le orazioni funebri il 30 luglio 1919 a Riccione (prima che le sue spoglie venissero traslate a Reggio Emilia per la sepoltura) furono tenute dall’avvocato Antonio Franzoni, dall’imprenditore Sebastiano Amati e dal medico Felice Carlo Pullè: tutti con “un ruolo primario nel movimento per l’autonomia comunale”. Ricordò Amati: “Egli instancabile cooperò perché i principali servizi pubblici seguissero il rapido incremento della stazione balneare. Presidente della Società Pro Riccione, ne fu l’anima ed a Lui si deve se quale membro influentissimo del supremo Consiglio di Sanità, Riccione si ebbe risolto il vitale problema dell’acqua potabile”.

E disse nel suo intervento l’avv. Franzoni: “Riccione, che egli da più di trent’anni prediligeva al Suo stesso paese natio, a cui veniva a chiedere più che il riposo che egli non conosceva, l’aria salubre che ne rinfrescava le fibre affaticate. Riccione non saprà, né potrà dimenticarlo, non tanto per i benefici che Egli ha saputo renderle, quanto per l’affetto che seppe in tutti ispirare”.

Per i 100 anni dell’autonomia comunale di Riccione, 1922-2022, bene ha fatto Rocchetta a riportare alla memoria dei riccionesi questa splendida figura di scienziato che amò profondamente questa cittadina.

Paolo Zaghini