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Sembra incredibile che uno dei luoghi più derelitti - una cava di ghiaia - in una della valli più appartate - quella del fiume Uso - sia, o sia stato, uno degli scrigni più antichi della civiltà nel nostro territorio. Incredibile, se non fossimo in Italia, dove sappiamo quanto ogni pietra possa raccontare. O dovremmo saperlo. [caption id="attachment_58948" align="aligncenter" width="668"] La cava di Ripa Calbana[/caption] Ripa Calbana oggi è appunto una cava nella valle dell'Uso. Il colle aguzzo perde man mano il suo fianco rivolto al fiume. Nel 1981 l'area archeologica fu sottoposta a vincolo, ma una sua parte era stata ormai compromessa dalle attività estrattive. [caption id="attachment_58949" align="aligncenter" width="678"] Ripa Calbana in foto aeree del 1937 e del 2007[/caption] Su quel versante tremila anni fa esisteva un villaggio dell'Età del Bronzo. Un abitato "villanoviano", cioè dei primissimi Etruschi, apparentemente analogo a quelli ritrovati fra Chiusi e Cetona, a sud ovest del Trasimeno. Fu scoperto da don Francesco Renzi a fine '800 e poi studiato anche da Mario Zuffa. Alcuni reperti degli scavi si possono vedere nel Museo "Renzi" di S. Giovanni in Galilea. Sono armi, gioielli, ceramiche, attrezzi per la filatura. Le ricerche misero in evidenza fondi di capanna con grandi focolari, resti di intonaci, pali, rudimentali pavimentazioni, resti alimentari, sepolture. [caption

Secondo Cesare Clementini accadde il 27 settembre. Ma per Luigi Tonini, poi seguito dagli storici moderni la data è da correggere al 28 settembre 1228. Sia come sia, quel giorno, davanti al Consiglio del Comune di Rimini si presentarono Buonconte da Montefeltro, in rappresentanza anche del fratello Taddeo, e Rainerio di Carpegna, per giurare la cittadinanza riminese nella mani del podestà Guglielmo Amati.  Il "cittadinatico" era un patto frequente in questo periodo del medio evo. In sostanza si trattava di un'alleanza militare alla pari, piuttosto che di una sottomissione. Firmando il patto, il Comune riconosceva come i suoi cittadini (e di riguardo: boni homines) personaggi che non erano nati fra le sue mura e si impegnava a difenderli insieme ai loro beni. L'alleanza implicava anche quella con i rispettivi "amici" e quindi l'obbligo di non aggredirli; come per i rispettivi nemici c'era l'impegno a combatterli. In cambio, i nuovi cittadini avrebbero fatto lo stesso con il Comune. I Conti di Carpegna e di Montefeltro venivano esentati da tasse, dazi e collette riminesi e non erano obbligati ad abitare in città, se non in tempo di guerra e se richiesti dal Consiglio. Spesso queste alleanze erano mirate contro un avversario comune, che in questo caso era Urbino. E potevano avere delle clausole e

Il 25 settembre 1983 al teatro "Novelli" di Rimini viene proiettato in anteprima assoluta "E la nave va" di Federico Fellini, alla presenza dello stesso regista, di Giulietta Masina e di Tonino Guerra, co-autore della sceneggiatura. I testi delle opere liriche cantate nel film sono del poeta Andrea Zanzotto. Il personaggio della Principessa Lherimia è interpretato alla ballerina e coreografa tedesca Pina Bausch. Il semiologo Paolo Fabbri definirà quella proiezione "memorabile".  La trama: nel 1914: il piroscafo "Gloria N." salpa dal molo n. 10 di un non meglio definito porto di Napoli con a bordo le ceneri della "divina" cantante lirica Edmea Tetua. Meta della crociera: l'isoletta di Erimo nel Mar Egeo, nelle cui acque - per ottemperare alle ultime volontà del soprano - le ceneri dovranno essere sparse. A bordo della nave, celebrità varie, nobili e amici della defunta artista, descritti con un'ironia comprensiva e impietosa al tempo stesso dal giornalista Orlando, a bordo per redigere una cronaca dell'evento. A bordo è presente persino un rinoceronte, ammalato di tristezza d'amore, che saltuariamente viene visitato dai passeggeri. Il corso della Storia irrompe però con forza: a Sarajevo il granduca Ferdinando è ucciso e scoppia la Prima guerra mondiale; contemporaneamente, il comandante della nave si trova costretto a

Nato a Rimini il 24 settembre 1967,  Igor Protti è più precisamente di S. Ermete, nel territorio di Santarcangelo. Igor debutta a soli 16 anni in Serie C1 nel Rimini, il 27 maggio 1984. Non ancora diciottenne passa al Livorno, dove resta tre stagioni. Dopo una breve parentesi in prestito alla Virescit Bergamo viene acquistato dal Messina, con il quale esordisce in Serie B, segnando 31 gol in tre anni. Nel 1992 passa al Bari: dopo due stagioni fra i cadetti, è promosso con i pugliesi in Serie A. Nella stagione 1994-1995 appare per la prima volta fra i marcatori di Serie A con una doppietta ai danni del Genoa. Nel corso della stagione successiva raggiunge 24 gol che gli valgono, assieme a Giuseppe Signori, il titolo di capocannoniere di Serie A; segna anche doppiette contro l'Inter, l'Atalanta e la Cremonese. Tuttavia i suoi gol non bastano a salvare il Bari (mai nella storia del campionato italiano di Serie A un capocannoniere era appartenuto a una squadra retrocessa), che sarà costretto a cedere proprio alla Lazio il calciatore per 7 miliardi di lire, dopo essere sfumato un contratto con l'Inter. Con i biancocelesti segna 7 gol, poi passa al Napoli; nel 1998 torna alla Lazio

Il 23 settembre 1845 Luigi Carlo Farini pubblica quello che passerà alla storia come "Il Manifesto di Rimini". E' un lungo documento che ricostruisce la grave situazione della Romagna durante gli ultimi anni di governo della Chiesa ed è rivolto al pontefice, ai sovrani e ministri di Austria, Francia, Inghilterra, Rucssia e Prussia, oltre che a tutti gli italiani. Il Manifesto di Rimini si conclude con queste 12 richieste a Papa Gregorio XVI: 1° - Che conceda piena e generale amnistia a tutti i condannati politici dall'anno 1821 a questo giorno. 2° - Che ci dia codici civili e criminali modellati su quelli degli altri popoli civili d'Europa, i quali consacrano la pubblicità dei dibattimenti, la istituzione dei giurati, l'abolizione della confisca e quella della pena di morte per le colpe di lesa maestà. 3° - Che il tribunale del Santo Officio non eserciti nessuna autorità sui laici, né su questi abbiano giurisdizione i tribunali ecclesiastici. 4° - Che le cause politiche siano quindi d'ora innanzi condotte e punite dai tribunali ordinari giudicanti colle regole comuni. 5° - Che i consigli municipali siano eletti liberamente dai cittadini ed approvati dal sovrano; che questi elegga i consigli provinciali fra le terne presentate

Chi ha inventato la pasta alla carbonara? Sono in parecchi, e in diverse zone d'Italia, ad attribuirsene il merito. L'unica cosa certa è che nacque durante la seconda guerra mondiale  in quei territori appena liberati dagli Alleati dove (finalmente) si potevano trovare gli ingredienti principali: a iniziare dal bacon, in dotazione a tutte le truppe anglo-americane. I più ritengono che la carbonara abbia avuto origine fra Lazio e Abruzzo, se non altro per lo straordinario successo che il piatto ha riscosso in Italia centrale. Ma lo chef bolognese Renato Gualandi ha sempre contestato queste tesi. Fu lui, sostiene, ad aver per primo preparato la ricetta e per un'occasione molto speciale: un pranzo con i comandanti supremi dell'Ottava Armata, che si tenne a Riccione il 22 settembre 1944.  Gualandi ci ha lasciati nel giugno 2016, dopo una carriera che portò il gastronomo Luigi Carnacina a definirlo “uno dei più valenti chef europei". Aveva servito personaggi come Charles De Gaulle, la regina d’Olanda, Palmiro Togliatti, Enrico Mattei ed Enzo Ferrari.  «Non è una ricetta romana», aveva ripetuto Gualandi fino alla fine, anche in occasione della festa per i suoi 95 anni tenutasi a Brescia in marzo. Gualandi era un giovane aiuto cuoco, quello che doveva pulire pentole e tegami. Arruolato allo scoppio della guerra, l’armistizio

Scrive Nevio Matteini: «Alle ore 11 di un giovedì, con la pioggia e il vento sferzante, la prima pattuglia dell'esercito alleato, quella greca del 2° battaglione della III brigata di montagna, entra a Rimini e avanza verso le Celle, mentre i tedeschi approfittando della pioggia si ritirano oltre il Marecchia in piena. A guidarli è il segretario del Cn riminese Gomberto Bordoni. Alle 19,15 sventolano sul Comune le bandiere greche e canadese. Attraverso un'altra parte della città infatti erano entrati i neozelandesi, e più tardi i canadesi. A mezzogiorno la fanteria canadese era già al di là dl Marecchia». [caption id="attachment_58048" align="aligncenter" width="1238"] La chiesa della Colonnella[/caption] E il capo partigiano Decio Mercanti: «La città appariva completamente abbandonata dai propri abitanti. Dalla parte di Santarcangelo arrivavano ancora su Rimini frequenti le cannonate dei tedeschi. Nella città circolavano soltanto gli inglesi e i greci». [caption id="attachment_58046" align="aligncenter" width="1247"] Porta Montanara[/caption] Così invece gli stessi fatti sono riportati dai tedeschi nel bollettino interno della Wehrmacht (dai documenti raccolti da Amedeo Montemaggi): «In seguito al ripiegamento dell'ala sinistra del LXXVI Corpo Carristi dietro il Marecchia, la 10° Armata ha interrotto la battaglia intorno a Rimini, prima che venissero distrutte anche le ultime forze. Le truppe hanno avuto qualche ora di riposo perché il

Fu detto "riminese" o perfino "di Ravenna". Divenne uno degli "eroi di Porta Pia", ovvero uno dei caduti dell'esercito italiano nella "battaglia" del 20 settembre 1870 che pose fine al millenario potere temporale dei Papi e fece di Roma la capitale d'Italia. In realtà Andrea Alarico Ripa era nato a Verucchio il 5 settembre 1841. Quasi un destino nel nome impostogli dal padre Luigi Ripa: Alarico come il re dei Goti che più di 1400 anni prima (il 24 agosto 410 per l'esattezza) aveva conquistato e saccheggiato la Città Eterna; a sua volta otto secoli dopo (18 luglio 390, o 388 a.C) il sacco di Roma dei Galli di Brenno, anche loro partiti da queste parti. [caption id="attachment_226328" align="aligncenter" width="795"] Andrea Alarico Ripa[/caption] La madre di Andrea Alarico era Virginia Ugolini e i padrini erano stati Enrico Serpieri e Luigi Carlo Farini, entrambi fieri liberali. Serpieri, che aveva combattuto alla battaglia delle Celle del 25 marzo 1831, più volte incarcerato anche nella fortezza di San Leo, era stato deputato della Repubblica Romana nel 1849 e poi eletto dai riminesi nel parlamento del Regno d'Italia nel 1865, schierato con la Sinistra. Farini, che era di Lugo, era stato medico condotto a Montescudo e sempre

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