"Se fosse un romanzo giallo, il caso di Massimiliano Iorio, Max per gli amici, sarebbe un racconto di Patricia Highsmith o un romanzo di Cornell Woolrich. Un noir in cui il destino è nascosto in agguato, pronto a balzare fuori e cambiare il corso di una vita, all'improvviso". Così Carlo Lucarelli in Mistero in Blu nel racconto Max. Il «caso dei pesciolini rossi». A Rimini il 19 marzo 1997 Massimiliano Iorio, impiegato comunale di 38 anni, muore nella sua abitazione di vicolo Santa Chiara. Il suo corpo viene ritrovato la sera del giorno dopo. La scena che si presenta agli investigatori è terribile quanto sconcertante. Max non aveva mai fatto mistero di essere gay, ma mai in vita sua si era travestito da donna. Invece qualcuno lo aveva fatto ritrovare con indumenti femminili indossati evidentemente a forza, compreso un paio di scarpe con tacchi a spillo di tre numeri più piccole. [caption id="attachment_31292" align="aligncenter" width="694"] Max Iorio[/caption] Le indagini vanno avanti a stento. Max è un ragazzo tranquillo, conosciuto e ben voluto da tutti, senza un nemico al mondo. L'ampia cerchia di amici viene setacciata, ma non emerge nulla. Passano due anni e un nuovo magistrato inizia a sospettare di ragazzo, fratello di un'amica di Max, uno che
Il 19 marzo tutte le Chiese cristiane celebrano San Giuseppe, "l'uomo giusto" sposo di Maria e padre putativo di Gesù. Ma c'è bisogno di dirlo? La notte che porta a San Jusèf, è quella della Fugaràza, se sei di Rimini, Fugaràcia un po' più in giù, Fugaròina e Fugharèna man mano che si va in su. Comunque vengano chiamati, i falò illuminano la notte del 18 marzo in tutta la Romagna. E non solo. La fogheraccia affonda le sue radici nelle epoche più remote: coincide infatti con l’equinozio di primavera, e almeno fin dal neolitico accendere un fuoco era un rito che doveva propiziare il risveglio della natura. Con un atto di “magia simpatica”, il fuoco degli uomini voleva aiutare quello del sole a rinvigorirsi dopo la sua “morte” invernale. Riti di questo genere erano ( e sono) diffusi in tutta Europa, anche se la data nei paesi più settentrionali era più avanzata: come nel caso della festa celtica Beltaine e i suoi falò del 1 maggio, cioè a metà fra equinozio e solstizio. Una festa di capodanno, perchè erano moltissimi i calendari che iniziano a contare i mesi dalla primavera. E lo sono ancora: per esempio il Comune di Firenze continua a celebrare con
Il 18 marzo del 1937 viene traslata a Rimini la salma di Giovanni Venerucci, morto in Calabria assieme ai Fratelli Bandiera nel 1844. Giovanni Venerucci, nato a Rimini nel 1811, era un operaio nell’officina di Nicola Donati con la qualifica di carrozziere. Già nel 1831 aveva marciato nella Compagnia del Marchese Buonadrata, per congiungersi con la cosiddetta “Vanguardia Nazionale". L'8 febbraio, sotto la guida del colonnello faentino Giuseppe Sercognani (1780-1844), ex ufficiale napoleonico, la Vanguardia dell'Armata Nazionale delle Province Unite Italiane ribellatesi al Papa parte da Pesaro per marciare su Roma. [caption id="attachment_311692" align="aligncenter" width="450"] Giuseppe Sercognani[/caption] E' formata in un primo tempo da soldati e ufficiali papalini di Pesaro e Fano e poi ingrossata da molti volontari dalle Romagne e dalle Marche. Oltre ai riminesi di Bonadrata ci sono i reparti di Bertini da Forlì e di Montanari da Ravenna. Il 12 febbraio la colonna prende la fortezza di San Leo alla prima intimazione di resa, liberando ventotto prigionieri politici, e pone l'assedio ad Ancona, trovando scarsa resistenza nelle truppe pontificie, che in parte disertano. Dopo la conquista del capoluogo marchigiano il 17 febbraio, l'avanzata prosegue indisturbata lungo la via Flaminia fino a uno scontro vittorioso con i papalini presso Magliano Sabino, Rieti però resiste e
Nella notte del 17 marzo 1875 Rimini è colpita dal terremoto. Ecco come Oreste Delucca lo ha rievocato in un due articoli su Chiamamicitta.it. https://www.chiamamicitta.it/altro-terremoto-altro-patrono/ https://www.chiamamicitta.it/la-torre-dellorologio-non-ce-piu/
Antonio Guerra, detto Tonino, nasce a Santarcangelo di Romagna il 16 marzo 1920. «Mamma e papà - ricorderà poi - erano quasi analfabeti. Facevano gli ortolani e tutte le mattine alle quattro partivano da Santarcangelo, prima a cavallo e poi su un vecchio camioncino, per vendere frutta e verdura. D’estate, mi portavano con loro, per farmi respirare l’aria salubre della valle. All’epoca la paura-madre di ogni famiglia era la tubercolosi e l’aria buona veniva considerata un’ottima cura preventiva». Diplomato maestro elementare, la sua prima passione è la pittura: dipinge ad acquerello ed a inchiostro. Nel 1944, durante la seconda guerra mondiale, viene deportato in Germania e rinchiuso in un campo d'internamento a Troisdorf. [caption id="attachment_30894" align="aligncenter" width="696"] Tonino Guerra deportato in Germania[/caption] «Mi ritrovai con alcuni romagnoli che ogni sera mi chiedevano di recitare qualcosa nel nostro dialetto. Allora scrissi per loro tutta una serie di poesie in romagnolo». Siccome conosce a memoria i Sonetti romagnoli di Olindo Guerrini, li recita ai compagni di prigionia per distrarli dall'angoscia e dalla nostalgia di casa. Poi inizia a inventare nuove poesie, che un amico copia per lui a mano. Dopo la Liberazione, si laurea in Pedagogia all'Università di Urbino con una tesi orale sulla poesia dialettale. Conservate le poesie composte nel campo di prigionia,
A Rimini, il 15 marzo 1855 un pescatore del Borgo San Giuliano si sente male. Muore dopo tre giorni. I medici non hanno dubbi: è arrivato il "morbo asiatico", cioè il colera. L'epidemia sta infatti già aggredendo l'Italia dopo essere giunta, si dice, dal porto di Genova. La città di Rimini nel 1855 ha 17.627 abitanti. Se ne ammala quasi uno su dieci: 1.264. Con una mortalità altissima: ben 717 decessi, oltre il 56%. Andò ancora peggio a Ravenna, con più di 1.600 morti. E a Bologna furono 4 mila, quasi 30 mila in Toscana, addirittura oltre 140 mila in tutta Italia. Cifre di cui peraltro oggi si dubita, perché in non tutti gli staterelli dell'ancora disunita Penisola il morbo venne censito adeguatamente. Quella che colpì Rimini nel 1855 fu la peggiore epidemia di colera dell'Ottocento. Ma non l'unica, visto che le pandemie nel mondo furono ben sei durante il corso del secolo. La prima, nel 1817, scoppiò in India ma sia arrestò alle porte dell'Europa, alle foci del Volga. La seconda invece, nel 1828, dopo l'Asia non solo devastò tutto il vecchio continente, ma sbarcò anche nelle Americhe, dove si esaurì solo dieci anni dopo. Nel 1841 fu la volta della terza, terribile infezione, che si
Il 14 marzo 1927 nasce a Rimini Emilio Zavattini, Si iscrive all'Università di Roma La Sapienza nella Facoltà di fisica nel 1950 ed ottiene il dottorato nel 1954. Attivo fino agli ultimi giorni della sua vita, le scoperte dei suoi studi sui campi forti e deboli e sulle interazioni elettromagnetiche, realizzati sia al CERN sia in altri laboratori europei ed americani, rappresentano importanti risultati nella fisica delle particelle. Zavattini muore per un infarto il 9 gennaio 2007. Così, il 15 gennaio dello stesso anno, il fisico riminese vienericordato da Il Piccolo di Trieste, città dove aveva insegnato per quasi vent'anni: «Era uno scienziato come quelli d'una volta, che non aveva mai voluto abbandonare la ricerca, gli esperimenti, per fare il manager. Aveva mantenuto fino all'ultimo un'invidiabile vivacità intellettuale e la curiosità d'un ragazzino». Così Roberto Petronzio, presidente dell'Infn (l'Istituto nazionale di fisica nucleare), ricorda Emilio Zavattini, per quasi vent'anni professore all'Università di Trieste. Zavattini è morto martedì scorso per un infarto nella sua abitazione di Meyrin, la cittadina vicino a Ginevra sotto la quale corre l'anello sotterraneo degli acceleratori del Cern e dove oggi si svolgeranno i funerali. A marzo avrebbe compiuto 80 anni. Emilio Zavattini («Mimmo» per i suoi amici e collaboratori) era noto tra i colleghi come
"E dopo il più rigoroso processo non altro il tribunale potè fare che condannar alla pena dell'esiglio per anni dieci Pietro Urbinati e Matteo Fabbri, come si ha dalla sentenza pronunciata a’ 14 marzo del 1813 dalla Corte di Giustizia civile e criminale del Rubicone residente a Forli". Così Carlo Tonini nel suo "Compendio della Storia di Rimini" (1896). Chi erano Urbinati e Fabbri? Di cosa erano accusati? E perchè dieci anni di esilio pare al cronista riminese una pena lieve a confronto di quella rischiavano? L'accusa è niente meno che cospirazione contro lo stato. Che di questi tempi normalmente comporta la fucilazione. E lo stato è il Regno d'Italia, noto comunemente come Regno Italico, fondato da Napoleone Bonaparte nel 1805, allorquando il generale francese cinse la corona ferrea nella cattedrale di Monza, facendo sparire la precedente Repubblica Italiana il cui Presidente era lui medesimo. Il Regno non arrivava a comprendere un quarto della penisola, ma non certo il meno rilevante: Lombardia, Veneto, Friuli, Trento e Bolzano, la Garfagnana, Ferrara, Reggio Emilia, Modena, Bologna, la Romagna e le Marche. Sarebbe sopravvissuto fino alla catastrofe del 1814, governato pro forma dal Vicerè Eugenio de Beauharnais, figlio di Giuseppina prima amatissima moglie di