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Il 23 agosto 1198, dopo laboriose trattative, «Ravegnani, Cesenati e Riminesi, tornarono a perfettissima pace» (Luigi Tonini, "Rimini dal principio dell'era volgare all'anno MCC").  Cos'era successo? Si tratta dei consueti disordini locali conseguenti ai cambiamenti dei vertici. Tanto più che nel 1196 era morto improvvisamente l'imperatore Enrico VI e all'inizio di quel 1198 anche il papa Celestino III. E se a quest'ultimo era succeduto l'energico Innocenzo III, Enrico con la sua dipartita aveva dovuto lasciare l'appena conquistato regno di Sicilia nel caos (l'erede al trono Federico, il futuro "Stupore del mondo", aveva solo tre anni) e il soglio imperiale alla parte avversa: il guelfo Ottone IV di Brunswick, favorito dal pontefice a discapito di Filippo di Svevia, ghibellino e fratello del defunto imperatore. Nel rimescolamento generale delle carte, ciascuna città e signoria cercava di ritagliarsi più spazio, privilegi, autonomia. Figurarsi fra Romagna e Marche, dove la situazione era più confusa che mai, visto che - vero? falso? - in punto di morte Enrico avrebbe lasciato al Papa la Marca di Ancona in remissione dei suoi molti peccati. Innocenzo aveva ricevuto l'omaggio con grato animo e inviato il suo Legato Carsendino (o Carsidonio) a prenderne possesso. [caption id="attachment_336227" align="alignleft" width="962"] Novembre 1194: Enrico VI entra trionfalmente a

Come scrive Giampiero Brunelli nel "Dizionario Biografico degli Italiani" della Treccani (2004), Niccolò de' Guidi di Bagno nacque a Rimini nel 1584, secondogenito di Fabrizio, marchese di Montebello, e di Laura Colonna, figlia di Pompeo, duca di Zagarolo. I conti Guidi erano - e sono - una delle più antiche famiglie nobili italiane, forse di origine longobarda, arroccatati già ben prima del Mille sulle due pendici dell'Appennino, in Romagna e in Toscana. I Guidi di Bagno sono uno dei tanti rami della stirpe e possiede tutt'ora il castello di Montebello, avuto in feudo da papa Pio II nel 1464 dopo il tracollo di Sigismondo Malatesta. [caption id="attachment_61177" align="alignleft" width="1200"] Montebello[/caption] Su consiglio del prozio, il cardinale Marcantonio Colonna, il giovane Niccolò intraprende gli studi umanistici. Ma ben presto li abbandona per abbracciare la carriera delle armi. Eccolo nel 1607, durante i preparativi militari condotti nello Stato della Chiesa contro Venezia, arruolato come comandante di una compagnia di lancieri insieme con altri nobili romagnoli. Ma per quella volta la guerra non si fa. Niccolò resta in armi, ma inoperoso, fino alla guerra per il Monferrato del 1616. Milita nell'esercito spagnolo impegnato contro le truppe del duca di Savoia. Come molti altri giovani nobili

Il 23 agosto 1962 a Kiel, nell'allora Germania dell'Est, Walter Anderson muore in un incidente stradale. Era nato a Minsk il 10 ottobre 1885. E' considerato uno dei maggiori studiosi di folklore del XX secolo. Nato da famiglia di origine tedesca (suoi fratelli erano il noto statistico Oskar Anderson e l'astrofisico Wilhelm Anderson), visse a Kazan', dove frequentò la scuola ed iniziò studi di indirizzo storico-filologico. Ottenuta una borsa di studio per la storia della letteratura dell'Europa occidentale, viene inviato all'università di San Pietroburgo, dove nel 1911 conseguì la laurea. Nel 1912 Anderson ebbe il suo primo incarico accademico come docente privato di storia della letteratura dell'Europa occidentale e lettore di italiano all'università di Kazan', dove, per la sua tesi di laurea, gli venne conferito nel 1916 il titolo di dottore. Nel 1918 Anderson fu chiamato all'università di Kazan' come professore straordinario per la cattedra di storia della letteratura dell'Europa occidentale, ma a causa dei disordini rivoluzionari non poté accedere alla carica. Come professore per gli studi folkloristici (1920 - 1939) all'Università di Tartu (l'ex Dorpat, Estonia), dove diede lezioni prima in tedesco e poi, a partire dal 1922 in estone, fu corresponsabile per lo sviluppo degli studi di folklore nei paesi

«Rimini, 22 agosto 1942 - La motovedetta della Guardia di Finanza Marongiu (AS. 3) in uscita dal porto-canale defila rendendo gli onori ad un'altra unità su cui è imbarcato il Capo del Governo». Benito Mussolini sta trascorrendo a Riccione gli ultimi giorni della sua ultima vacanza da capo del governo del Regno d'Italia. Durante quella vacanze, Claretta Petacci lo attende al Grand Hotel di Rimini, quando non perde la pazienza e se ne va a Budapest, come annota con sarcasmo Galeazzo Ciano nel suo diario. [caption id="attachment_53793" align="alignnone" width="1289"] Benito Mussolini a Riccione[/caption] Sono i giorni decisivi della guerra, il momento in cui le formidabili avanzate tedesche e giapponesi raggiungono il loro culmine. Poi per i Tedeschi e gli Italiani ci saranno i disastri in Africa e in Russia, mentre i Giapponesi avevano già subito la prima battuta d'arresto in giugno nella battaglia delle Midway. Il 9 luglio si era deciso di costituire sul fronte russo l'ARMIR, 8ª Armata italiana in Russia. Dal 1941 operava già il CSIR, Corpo di spedizione italiano in Russia comandato dal generale Giovanni Messe, con circa 62 mila uomini. Nell'autunno del 1942 l'8ª Armata guidata dal generale Italo Gariboldi avrebbe messo in campo circa 230.000 uomini (di cui circa 150.000 schierati in prima linea), 16.700 automezzi, 1.150

Per Sigismondo Pandolfo Malatesta, sono giorni di gloria e di trionfo quelli della fine di agosto del 1446. È tornato nella sua Rimini, dove Castel Sismondo è ormai compiuto, dopo una travolgente campagna militare che gli è valsa il controllo di quasi tutte le Marche e del Montefeltro. È vero, sono conquiste fatte nel nome di Santa Romana Chiesa, di cui a 29 anni è Capitano Generale. Ma gli onori - e le laute paghe - sono solo per lui, che ha guidato l'esercito pontificio rinforzato da contingenti di Milano e di Napoli contro i 10 mila uomini di Francesco Sforza, non ancora Duca di Milano, spalleggiato da Federico da Montefeltro. [caption id="attachment_22107" align="aligncenter" width="1195"] Guglielmo Meluzzi: ricostruzione ideale di Castel Sismondo (1880)[/caption] «Adì XVIII del ditto mese di luglio - annota un anonimo cronista riminese - se partì el nostro S.M.S.P. da Rimino con tuti li soi compagni et andò in verso la Marcha, et el nostro Signor Dio glie dia vittoria che combatte per la Santa Chiesa». Gli avversari avevano portato lo scontro nel cuore dei territori malatestiani marchigiani, con la conquista di Candelara, il sacco di Pergola e le devastazioni del contado fanese. Sigismondo era poi ancora furibondo per quanto accaduto alla fine del

«MCCCLXXXII, del mese d'Agosto venne in Italia ed Duca d'Angiò zio del Re di Francia cum grandissima quantitade de gente d'arme. Et venne cum lui el Conte de Savoglia, e 'l Conte de Geneva fratello dell'Antipapa». Così l'anonimo "cronista malatestiano", che poi narra di questa impresa di un esercito straniero in Italia; l'ennesima, ma una folla di armati così grande non si era mai vista. Il Duca viene ben accolto sulle terre dei Visconti, poi raggiunge Imola dove batte i Bolognesi. Quindi va a Ravenna dove i Polentani gli «dànno mercato» e gente che lo seguirà, mentre «Faenza gli dè niente». Ma chi è questo Duca d'Angiò? E cosa viene a fare dalle nostre parti? Si tratta di Luigi, figlio secondogenito del fu re di Francia Giovanni II detto "il Buono", e di Bona di Lussemburgo, sorella dell'imperatore Carlo IV del Sacro Romano Impero, zio e per qualche tempo tutore del Re di Francia in carica Carlo VI "il Beneamato" (o per altri "il Folle"). Sta andando nel Regno di Napoli per cercare di abbattere un altro Angioino, Carlo III "il Breve", che ha strappato il trono alla legittima regina Giovanna. [caption id="attachment_250323" align="aligncenter" width="781"] Carlo III d'Angiò-Durazzo[/caption] Ma se già è complicata l'eterna

In pieno XVII secolo gli assalti di pirati e corsari in Adriatico sono all'ordine del giorno. Chi si mette in mare anche a poca distanza dalla costa deve mettere in conto brutti incontri, che nel migliore dei casi si risolvono con la perdita di ogni avere e nel peggiore con l'essere venduti come schiavi o addirittura uccisi, gettati in mare senza riguardi. Ma nell'agosto 1672 accade un episodio sconcertante. Lo ricostruisce, sui documenti dell'epoca, Maria Lucia De Nicolò ("Paure e pericoli nelle acque costiere tra Marche e Romagna nei secoli XV-XVII", in "Pirati e corsari in Adriatico", a cura di Sergio Anselmi, 1998). Si tratta di un assalto di corsari a una flottiglia di Riminesi e Chioggiotti che stanno pescando assieme nell'agosto di quell'anno. [caption id="attachment_106835" align="aligncenter" width="1161"] Un Tartanone dell'Adriatico (da www.cherini.eu)[/caption] Scrive la studiosa cattolichina: «Dal testimoniale di un tartanante rilasciato al podestà di Chioggia, si ricavano molti particolari sull'accaduto. Alla distanza di 20 miglia al largo "pescano qua e là barche di Rimino e di Chioza", facilmente riconoscibili dai simboli e dai colori delle vele - "tutte si conoscono dalla diversità delle vele" - precisa il testimone - quando "lasciate star le chiozote si voltarono i turchi verso un tartanone

Nel 1344 Ceccolino e Menghino Ondedei sono i signori di Saludecio. Coinvolti nella faida fra Malatesta Guastafamiglia, Ferrantino Novello e Galeotto, quando questa viene a cessare grazie a un accordo, vedono ritornare in paese i loro nemici (e forse anch'essi Ondedei): i quattro figli di Bernardo, morto nell'esilio a cui i signori l'avevano condannato. [caption id="attachment_53320" align="aligncenter" width="1313"] Stemma degli Ondedei di Saludecio[/caption] Questo Bernardo era cognato del Guastafamiglia, avendone sposato la sorella. Ceccolino invece aveva appoggiato Ferrantino Malatesta, già signore di Rimini spodestato e incarcerato a tradimento proprio dal cugino Guastafamiglia, che gli aveva anche ammazzato il figlio Malatestino Novello e il nipote Guido. Ciò accadeva nel 1335. Da allora il figlio superstite di Ferrantino ed erede della discendenza di Malatestino "dall'occhio", Ferrantino Novello, aveva scatenato una guerra che era durata quasi dieci anni contro la stirpe di Pandolfo I, cioè appunto Malatesta Guastafamiglia e suo fratello Galeotto. Nel 1343 però si è raggiunta la pace: al Guastafamiglia vanno Rimini e Fossombrone; a suo fratello Galeotto tocca Fano e al figlio di lui, Pandolfo (II), Pesaro; a Ferrantino Novello resta solo Verucchio e poco altro e alla fine solo Mondaino, con la vicina Saludecio in mano appunto ai suoi sostenitori, gli Ondedei. Il tutto sancito dall'investitura sia dell'imperatore Lodovico il Bavaro, sia poi

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