Carlo Tonini: "Ma nel luglio del 1619, e precisamente nei giorni 16 e 18, una più giusta, cagione di tristezza e di paura si ebbero i padri nostri, essendosi fatte sentire replicate scosse di terremoto, per le quali la campana dell’orologio, che era sulla torre della piazza della Fontana, martellò, come dice il Pedroni, quattro o cinque volte. Onde il popolo tutto prese ad implorare la divina misericordia, e il 19 fu fatta un’assai divota processione alla chiesa di S. Giuliano, ove riposa il corpo di questo santo martire, uno de’ principali protettori della città". Un anno davvero infausto: "Nell’ agosto cessò di vivere il giureconsulto Alessandro Gambalunga, lasciando di sè memoria imperitura coll’aver decorata la città, fin dal 1613, del superbo palazzo e della celebre Biblioteca, che portano il suo nome. Poi nel settembre si ebbe vento, pioggia, grandine, in mare e in terra, e dopo tutto quel gran diavolio il terremoto di nuovo: ma, la Dio mercè, senza notevoli danni". Così Oreste Delucca ha rievocato questa e altre calamità: Sono stati numerosi, durante i secoli, i terremoti che hanno colpito Rimini e il suo territorio, in maniera più o meno devastante. Il primo evento funesto descritto con qualche particolare risale al 1308 e ne abbiamo già parlato. Ma qualche anno prima, esattamente nel 1302 – come
Il vescovo di Rimini, Monsignor Vincenzo Ferretti, presente all'incoronazione a Re d'Italia di Napoleone Bonaparte, aveva chiesto di persona al sovrano che la chiesa conventuale di San Francesco, il Tempio Malatestiano, diventasse la cattedrale della città. Sua Maestà l'Imperatore si era detto d'accordo. Perché il provvedimento andasse ad effetto, però, dovettero passare quattro anni. Come scrisse Carlo Tonini: «Onde nell’agosto (1805) si presero a fare tutti gli atti e provvedimenti acconci all’effettuazione del decreto medesimo, sebbene il trasferimento definitivo della Cattedrale dalla chiesa di S. Agostino ad esso Tempio non si facesse prima del 15 luglio 1809». [caption id="attachment_48741" align="alignnone" width="1290"] L'interno della chiesa di S.Agostino a Rimini[/caption] Commenta e aggiunge lo storico riminese: «E certamente non sarebbesi potuto scegliere a tale effetto altro luogo più decoroso e più adatto. La vicina piccola chiesa di S. Giuseppe in vigore dello stesso decreto fu destinata pel Battistero, e furono concessi per il coro gli stalli della chiesa dei Lateranensi (lo spendido coro intarsiato della chiesa conventuale di San Marino detta oggi popolarmente Santa Rita, ndr). Inoltre, secondo un ordine governativo, i Canonici furono ridotti ad otto con un arciprete in luogo del Preposto, e i Mansionari a sei: e pel mantenimento della Cattedrale furono
Nel 1258 Podestà di Rimini è Jacopo o Jacopino Rangoni da Modena, nominato il 15 luglio. Su di lui Luigi Tonini in "Storia sacra e civile riminese sec. XIII" (1862) raccoglie queste notizie: "Un Giacomino da Rangona fu Podestà di Siena nel 1237. Un Iacopino Rangoni da Modena fu Podestà di Fuligno nel 1245. Nel 1247 militando con Guglielmo suo nipote sotto il Re Enzo si ritirò dall'assedio di Parma, e per ciò venne bandito da Modena assieme co' Guelfi. Nel 1248 fu coi Modanesi che a' 2 di ottobre promisero al Comun di Bologna la conservazione del Castello di Nonantola, e tra quelli che a' 16 ne dettero gli ostaggi. Fu Podestà di Firenze net 1259 all'uso Firentino, cioè 1260. Nel 1264 fu tra i testimonj alla elezione del Marchese d'Este in Rettor di Ferrara. Era in Mantova nel 1268; e per ultimo parla di lui il Muratori all'anno 1271". Jacopino sposò nel 1215 in prime nozze Bartolomea Torelli, figlia del noto esponente ghibellino Salinguerra e in seconde nozze nel 1252 Emilia d'Orione. Ebbe tre figli: Tommaso; Gherardo, capitano del popolo di Perugia; Castellano. Il Rangoni aveva agito nel solco del padre Gherardo: nel 1156 Podestà filo-imperiale di Modena, ma quando la
Alle 14 e 20 del 14 luglio 1920 qualcuno scorge del fumo uscire dagli abbaini del Gran Hotel di Rimini. Passano dieci minuti e si odono grida e richieste di aiuto. Dall'hotel inizia il fuggi fuggi, ma intanto dal resto della città e dalla spiaggia si assiepa una folla di curiosi. Il Grand Hotel di Rimini, inaugurato appena dodici anni prima, sta bruciando. Quando arrivano i pompieri, la cupola lato mare è già invasa dalle fiamme. Le cupole sono in legno e puramente ornamentali. I mezzi per raggiungere il fuoco così in alto sono pochi, i rinforzi di vigili del fuoco devono arrivare perfino da Bologna. Per giunta anche l'acqua è scarsa, le operazioni vanno a rilento. Alle 15 anche l'altra cupola è preda dell'incendio. Si decide di utilizzare anche quanti si stanno offrendo volontari. Poi entrano in azione pure i soldati della caserma "Castlefidardo". La confusione è totale e non manca qualcuno che cerca di approfittarne, penetrando nelle stanze dei ricchi ospiti per fare man bassa. La Pubblica Sicurezza ne acciuffa diversi ancora con la refurtiva in tasca. Fra i volontari si distinguono invece Giuffrida e Luigi Platania, quest'ultimo reduce di guerra e fascista della prima ora, che sarà assassinato l'anno successivo. Fra i soccorritori ci
Il 13 luglio 1905 nasce a Forlì Eugenio Pagnini, olimpionico, insegnate di educazione fisica per generazioni di riminesi e instancabile pioniere di tante discipline sportive. Morirà a Rimini il 29 settembre 1993. Lo ricordiamo con un brano tratto da "Quelli che
A Rimini, il 12 luglio 1946, muore l'ufficiale dei Marò Enzo Mini, di 26 anni. Stava lavorando allo sminamento subacqueo del porto canale, ancora ingombro di ordigni. Per svolgere questo compito si era offerto volontario. E non era la prima volta. Enzo Mini era nato a Pesaro il 15 giugno 1920. All'entrata in guerra dell'Italia, il 10 giugno 1940, è in piena età di leva. Viene assegnato al Reggimento di fanteria della Marina "San Marco" di stanza a Pola, ma successivamente viene spedito nella sua Pesaro. Superato il corso da ufficiale, viene destinato con il grado di sottotenente di artiglieria a Casale Monferrato. Qui, dopo pochi mesi, si offre volontario per essere assegnato ad un reparto speciale in costituzione a Livorno: dopo la selezione e un durissimo addestramento, viene nominato comandante della 2ª Compagnia "Bafile", il reparto Operazioni Speciali del Reggimento San Marco, ed inviato nel novembre 1942 ad occupare la Corsica e il porto di Tolone, per contrastare le forze della Francia Libera. Infine, all'inizio del 1943, è inviato in Sardegna. Nel frattempo il suo reparto speciale assume ufficialmente la denominazione "NP" (Nuotatori Paracadutisti), specificamente destinato ad azioni e colpi di mano anfibi. [caption id="attachment_48170" align="aligncenter" width="669"] Il saluto del reparto NP[/caption] L'armistizio dell'8 settembre 1943 lo coglie durante
La Biblioteca Gambalunga di Rimini pubblica nel suo sito racconti per immagini attingendo allo straordinario patrimonio del suo archivio fotografico. Alla data di oggi, 11 luglio, la storia è quella del pugile riminese Alfio Righetti. Eccola come riportata da "La Gambaunga racconta": Mercoledì 11 luglio 1979. È una caldissima serata d’estate ma all’interno del Palazzetto dello sport di Rimini il caldo è veramente infernale. Gli occhi di 5.000 spettatori sono puntati sul quadrato al centro del palazzetto. Tra le corde, sulla distanza delle 12 riprese, il campione europeo dei pesi massimi Lorenzo Zanon metterà in palio il titolo europeo contro lo sfidante riminese Alfio Righetti. È la prima volta che due “massimi” italiani si trovano di fronte sul ring per contendersi un titolo europeo. Poco dopo le 22 il gong fa partire il conto dei 3 minuti della prima ripresa, i due pugili si avvicinano al centro del ring per il primo scambio di colpi. L’occhio del fotografo è pronto a immortalare le schermaglie della “nobile arte”. Ma chi sono i due “fighters”? Zanon e Righetti hanno già incrociato i guantoni, nel 1972, campionato nazionale novizi, l’incontro terminò in parità, il primo si mise in tasca 40.000 lire Righetti 20.000. Ora sono entrambi
L'11 luglio 1777 Papa Pio VI, il cesenate Giovanni Angelico (o Giannangelo) Braschi, firma la Bolla che modifica i confini delle diocesi di Rimini e Cesena. Più precisamente, come annota Luigi Tonini, «furono tolti alla Diocesi di Rimini i Paesi e le Parrocchie di S. Teonisto, Montiano, Montenovo, Longiano, Monte il Gallo, Balignano, Gatteo, Il Bosco (Gambettola, ndr) e S. Angelo, per estendere quella di Cesena sua patria». I Riminesi protestano vivacemente e adducono la cosiddetta Bolla Sipontina di Papa Giulio II, con la quale nel 1509 la città si sottometteva completamente alla Santa Sede, ma a condizione di mantenere una serie di privilegi, fra cui «che nessuna parte dovesse mai stralciarsi da questa Diocesi». Al che Pio VI risponde, serafico, che «non avrebbe permesso quello smembramento se ciò fosse stato prima a sua cognizione». Il fatto è che Pio VI in pieno Settecento si sente in tutto e per tutto un papa rinascimentale. Tutto il suo pontificato, fra luci e ombre, è contrassegnato da molti e costosissimi tentativi di far rivivere i fasti e lo splendore del suo modello, Leone X, nella promozione delle arti e delle opere pubbliche; ma anche nello sfarzo e nel nepotismo. Allargare la Diocesi natìa fa parte di quest'ultimo aspetto, insieme a