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Il 22 marzo 1909 a Bellaria si gettano le basi per una nuova banca. Alla presenza del notaio Delmiro Montemaggi di Mercato Saraceno e dei testimoni Giuseppe Gattei, cuoco, Lazzaro Cisterni, agricoltore, nella casa dell'avvocato Vincenzo Nadiani che rappresenta la costituenda società, viene redatto l'atto costitutivo della "Cassa Rurale di deposito e prestiti di Bellaria-Bordonchio". Sono presenti anche diversi cittadini, una ventina, per lo più agricoltori, oltre ai due parroci di Bellaria don Giovanni Ceccarelli e di Bordonchio don Giovanni Vincenzi. Il 9 ottobre 1914 vi sarà il riconoscimento giuridico. Il 13 novembre del 1995 la “Cassa Rurale di Prestiti e Risparmi di Bellaria e Bordonchio” si fonde con la “Cassa Rurale di Prestiti delle Parrocchie di Santa Lucia e Castelvecchio” fondata nel 1904 in Savignano sul Rubicone: nasce Romagna Est Banca di Credito Cooperativo. [caption id="attachment_31857" align="aligncenter" width="1072"] La sede della Bcc Romagna Est a Bellaria[/caption] Al 31.12.2015, Romagna Est conta 2.521 soci, 171 collaboratori, oltre 30.000 clienti, un patrimonio netto di oltre 120 milioni di euro, opera su un territorio di 8 comuni delle Province di Forlì-Cesena e Rimini con 19 sportelli: 5 a Bellaria Igea Marina, 4 a Savignano sul Rubicone, 2 a Santarcangelo di Romagna, 2 a San Mauro Pascoli,

Il 21 marzo 1797 circa centocinquanta "montanari", armati e divisi in vari drappelli, si presentano ai proprietari del Comune di San Mauro e della sua campagna "per averne violentemente dei generi" alimentari: "incutono in tutti un gran timore colle jatanze, e colle minaccie, che spargono, massime contro quelli, che si mostrano più fedeli alla Repubblica". Quel che fa più paura, è la loro intenzione "di tagliare la fossa, che conduce l’acqua dalle parti superiori a Santarcangelo, ed a Rimini per uso dei rispettivi molini, lo che seguendo porterebbe la fame a quella Terra", alla città di Rimini, "ed alle rispettive campagne, giacché le farine, che si hanno sono sufficienti alle rispettive popolazioni" . Così Antonio Montanari ricorda i fatti del 1797, quando divampa la ribellione contro l'occupazione francese e la Repubblica Cisalpina voluta da Napoleone. Ma è solo una sollevazione politica? Secondo la cronaca di Nicola Giangi, che è un irremovibile reazionario, questi sono dei "malviventi". Provengono da "Sogliano, e Monti", "e sono scesi a San Mauro perché proprio lì si trovava il grano requisito dal Commissario francese Giulio Fortis". Di lì a poco tocca a Santarcangelo. Qui "il cittadino Baldini ha avvertito che quel Paese si trova esposto al furore di

Ezra Pound viene a Rimini per studiare a fondo il Tempio Malatestiano e la figura di Sigismondo Malatesta, da cui è affascinato e per il quale avrebbe coniato la celebre definizione: “Il miglior perdente della storia”. Aveva già visto la chiesa di San Francesco per la prima volta nel maggio del 1922, durante il tour con la moglie attraverso l’Italia centrale. Ora è in cerca materiali da utilizzare per scrivere i suoi Malatesta Cantos e si ferma più a lungo. E Marchetti lo aiuta in ogni modo, fino ad andare a bussare al portone della biblioteca Gambalunga con il calcio del moschetto per farsela aprire fuori orario da uno sconcertato direttore Massera, poiché il poeta necessitava di vedere subito certi documenti. Ezra Pound resterà legato a Rimini tutta la vita e nei suoi versi ne piangerà le sorti durante la guerra:   Rimini arsa e Forlì distrutta Chi vedrà più il sepolcro di Gemisto Che tanto savio fu, se pur fu greco? Giù son gli archi e combusti i muri Del letto arcano della divina Ixotta   (Canto 72) Ezra Weston Loomis Pound (Hailey, Idaho, 30 ottobre 1885 – Venezia, 1º novembre 1972) è stato uno dei più grandi e controversi artisti del ‘900: poeta, saggista e traduttore, visse per lo più in Europa e fu uno dei protagonisti del modernismo e della poesia di inizio XX secolo. Costituì, assieme a Thomas Stearns Eliot, il punto di

Il 21 marzo 1518 papa Leone X (Giovanni di Lorenzo de' Medici) concede a Verucchio il titolo di "città".  Come sottolinea Enrico Angiolini ("Statuta castri Veruchuli - Gli statuti quattrocenteschi di Verucchio", 2011), non si tratta affatto di un semplice titolo onorifico: la qualifica di "città" comporta per la culla dei Malatesta «la definitiva cessazione di ogni sua residua soggezione giuridico-amministrativa a Rimini». [caption id="attachment_458997" align="alignleft" width="2560"] Papa Clemente VII ritratto da Sebastiano Del Piombo[/caption] La disgregazione dello "stato riminese", che i Malatesta avevano governato e ingrandito a partire dal XIII secolo col "Mastin vecchio" proveniente proprio da Verucchio, aveva avuto inizio con la rovina di Sigismondo nel 1462. Dopo la cacciata dei Malatesta da Rimini e il breve dominio veneziano, la sempre insofferente Santarcangelo rammenta a Roma che il suo Vicariato è del tutto autonomo dalla Diocesi di Rimini. Il titolo di "città", però, sarà concesso ai santarcangiolesi solo nel 1828, quando davvero ormai è solo un riconoscimento simbolico. Gli altri castelli del contado vengono dati in feudo a questa o quella famiglia, sia per nepotismo, che per retribuire servizi resi ai pontefici. Benefici che spesso e volentieri vengono revocati dal successore, che provvede alla loro redistribuzione. E infatti, prosegue Angiolini, «Verucchio conobbe nuovi

Luigi Pasquini, pittore, scrittore, pubblicista, muore il 20 marzo 1977. Era nato il 13 febbraio 1897 a Rimini nel Borgo San Giuliano. È stato un punto di riferimento nel dibattito culturale riminese. Aveva stretto amicizia con Alfredo Panzini, ma anche con Marino Moretti, Manara Valgimigli e Antonio Baldini. Di recente alla sua figura sono state dedicate diverse iniziative. [caption id="attachment_458802" align="aligncenter" width="857"] Luigi Pasquini[/caption] Aveva studiato all'Accademia di Belle Arti di Bologna, dove si era diplomato nel 1916. Inizia giovanissimo un'intensa attività artistica, dedicandosi principalmente all'acquerello e alla xilografìa. Nel 1921 è presente alle Esposizioni Romagnole Riunite di Forlì: qui viene premiato con una medaglia di bronzo. Dagli anni Venti partecipa a tutte le più importanti mostre collettive riminesi, divenendo immediatamente il perno su cui gravitava la cerchia artistica ed intellettuale cittadina. Con le sue incisioni e disegni illustra pubblicazioni e riviste riguardanti Rimini e la Romagna, tra cui "Cronache azzurre" (1920), "La Vela" (1923), "Rimini, la più bella spiaggia del mondo, periodico estivo di cronaca mondana" che egli fonda e dirige nel 1925, il "Gazzettino azzurro", "II Corriere dei Bagni" (1924) e la "Pie", a cui collaborerà per anni con xilografìe per la copertina e con articoli e saggi. Nella pittura predilige l'acquerello, tecnica con la

"Se fosse un romanzo giallo, il caso di Massimiliano Iorio, Max per gli amici, sarebbe un racconto di Patricia Highsmith o un romanzo di Cornell Woolrich. Un noir in cui il destino è nascosto in agguato, pronto a balzare fuori e cambiare il corso di una vita, all'improvviso". Così Carlo Lucarelli in Mistero in Blu nel racconto Max. Il «caso dei pesciolini rossi». A Rimini il 19 marzo 1997 Massimiliano Iorio, impiegato comunale di 38 anni, muore nella sua abitazione di vicolo Santa Chiara. Il suo corpo viene ritrovato la sera del giorno dopo. La scena che si presenta agli investigatori è terribile quanto sconcertante. Max non aveva mai fatto mistero di essere gay, ma mai in vita sua si era travestito da donna. Invece qualcuno lo aveva fatto ritrovare con indumenti femminili indossati evidentemente a forza, compreso un paio di scarpe con tacchi a spillo di tre  numeri più piccole. [caption id="attachment_31292" align="aligncenter" width="694"] Max Iorio[/caption] Le indagini vanno avanti a stento. Max è un ragazzo tranquillo, conosciuto e ben voluto da tutti, senza un nemico al mondo. L'ampia cerchia di amici viene setacciata, ma non emerge nulla. Passano due anni e un nuovo magistrato inizia a sospettare di ragazzo, fratello di un'amica di Max, uno che

Il 19 marzo tutte le Chiese cristiane celebrano San Giuseppe, "l'uomo giusto" sposo di Maria e padre putativo di Gesù. Ma c'è bisogno di dirlo? La notte che porta a San Jusèf, è quella della Fugaràza, se sei di Rimini, Fugaràcia un po' più in giù, Fugaròina e Fugharèna man mano che si va in su. Comunque vengano chiamati, i falò illuminano la notte del 18 marzo in tutta la Romagna. E non solo. La fogheraccia affonda le sue radici nelle epoche più remote: coincide infatti con l’equinozio di primavera, e almeno fin dal neolitico accendere un fuoco era un rito che doveva propiziare il risveglio della natura. Con un atto di “magia simpatica”, il fuoco degli uomini voleva aiutare quello del sole a rinvigorirsi dopo la sua “morte” invernale. Riti di questo genere erano ( e sono) diffusi in tutta Europa, anche se la data nei paesi più settentrionali era più avanzata: come nel caso della festa celtica Beltaine e i suoi falò del 1 maggio, cioè a metà fra equinozio e solstizio. Una festa di capodanno, perchè erano moltissimi i calendari che iniziano a contare i mesi dalla primavera. E lo sono ancora: per esempio il Comune di Firenze continua a celebrare con

Il 18 marzo del 1937 viene traslata a Rimini la salma di Giovanni Venerucci, morto in Calabria assieme ai Fratelli Bandiera nel 1844. Giovanni Venerucci, nato a Rimini nel 1811, era un operaio nell’officina di Nicola Donati con la qualifica di carrozziere. Già nel 1831 aveva marciato nella Compagnia del Marchese Buonadrata, per congiungersi con la cosiddetta “Vanguardia Nazionale". L'8 febbraio, sotto la guida del colonnello faentino Giuseppe Sercognani (1780-1844), ex ufficiale napoleonico, la Vanguardia dell'Armata Nazionale delle Province Unite Italiane ribellatesi al Papa parte da Pesaro per marciare su Roma. [caption id="attachment_311692" align="aligncenter" width="450"] Giuseppe Sercognani[/caption] E' formata in un primo tempo da soldati e ufficiali papalini di Pesaro e Fano e poi ingrossata da molti volontari dalle Romagne e dalle Marche. Oltre ai riminesi di Bonadrata ci sono i reparti di Bertini da Forlì e di Montanari da Ravenna. Il 12 febbraio la colonna prende la fortezza di San Leo alla prima intimazione di resa, liberando ventotto prigionieri politici, e pone l'assedio ad Ancona, trovando scarsa resistenza nelle truppe pontificie, che in parte disertano. Dopo la conquista del capoluogo marchigiano il 17 febbraio, l'avanzata prosegue indisturbata lungo la via Flaminia fino a uno scontro vittorioso con i papalini presso Magliano Sabino, Rieti però resiste e

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