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Il nostro sentimento unitario è di gran lunga superiore a quello di molti altri

Il nostro sentimento unitario è di gran lunga superiore a quello di molti altri

Una alluvione spaventosa. Borgo San Giuliano sommerso e l’acqua che, a torrenti, si riversa sul centro Storico… Ma non basta. Tutta la Via Castelfidardo, Corso d’Augusto, Via Santa Chiara, parte di Via IV novembre e in mezzo il Mercato coperto, sotto un metro e mezzo d’acqua! Nulla di tutto questo. Gli amministratori della Città degli anni trenta evitarono le micidiali piene del Marecchia deviandone il corso. E anche il secondo tipo di allagamento è stato scongiurato grazie ai lavori di pulizia della Fossa Patara. Faccio una rapida ricerca su Google. L’ultima manutenzione risale al febbraio del 2015, durò due settimane e costò 35.000 euro. Fossa Patara: Un canale di scarico che attraversa tutto il centro storico. costruito dai nostri progenitori Romani. Che, ovviamente, ci davano dentro anche loro ad evitare le conseguenze dell’accumulo di materiale nei collettori. Il tutto, ovviamente ‘a mano’ come ai giorni nostri. Scopro però che, nell’occasione, l’assessore Visentini, dichiarò che i prossimi interventi di pulizia della Fossa verrebbero realizzati da “un mini-robot subacqueo che eseguirà l’aspirazione a distanza con escavatore a risucchio e auto spurgo a riciclo”. Fantastico! In attesa di questo straordinario prodotto dell’intelligenza artificiale (che propongo sin d’ora di battezzare ‘Patarino’) lasciatemi dire che anche le nuove vasche

In occasione della 94a adunata a Udine (11-14 maggio) gli Alpini hanno evitato accuratamente di prestare il fianco alle accuse femministe che avevano turbato la serenità dell’incontro tra la nostra Città e un Corpo glorioso e unico al mondo. L’esperienza riminese ha fatto scuola! Si è capito, ad esempio, che certi equivoci nascono dal contesto. Ne volete un esempio? Beatrice interpellata in luogo solitario da uno sconosciuto di mezza età (Dante Alighieri) con un: “Mi par tu sia una cosa venuta - da cielo in terra a miracol mostrare…”) sarebbe fuggita terrorizzata scambiandolo per un maniaco sessuale. Se invece accompagnata dalle sue ancelle, ‘ella sen va sentendosi laudare’ per Via dei Calzaiuoli, ecco che sorride ‘benignamente’ non solo all’alato endecasillabo del sommo Poeta ma (ne sono certo) perfino ai complimenti piuttosto spinti di un Cecco Angiolieri. A Rimini il ‘contesto’ ha avuto certamente il suo peso. Pare infatti che in zona piuttosto decentrata della nostra Città le Penne Nere ivi accampate abbiano allarmato qualche bella passante con omaggi verbali ritenuti troppo invasivi. Purtroppo esistono preclusioni dettate dalla sensibilità moderna, che un ‘vecio’ fatica a percepire. Non per nulla il termine ‘cat calling’ è un neologismo. Parole nuove, dunque, per censurare comportamenti obsoleti.

A Campo Trieste eravamo come i ‘ragazzi della Via Paal.’ Il territorio che difendevamo strenuamente era il ‘Campo Trieste’. Una vasta area fabbricabile che si estendeva da Viale Cormons a Viale Trieste. C’era ancora la buca di una bomba. I due fratellini che avevamo catturato con contestuale sequestro del pallone col quale stavano giocando sul nostro Campo, provenivano da Viale Mantegazza, come da loro stessi ammesso. Sostenevano peraltro di essersi trasferiti da poco con la famiglia e di ignorare l’esistenza della banda con la quale eravamo costantemente in guerra. Di solito i Mantegazziani venivano fatti prigionieri durante le battaglie, processati, condannati e, prima del rilascio, fustigati con una leggera canna da fiume dal medesimo bambinetto presentatosi subito come unico volontario: Iaia, (otto anni), così soprannominato per la sua abitudine di gridare “Iah…Iah…” ad ogni frustata inflitta sulle spalle nude delle vittime legate a un fico ai bordi del Campo Trieste. Supplizio ispirato ai film sui pirati visti in terza visione al Cinema dei Salesiani e quasi simbolico, data la sostanziale innocuità dello strumento e la debolezza dell’esecutore. (Qualcuno, per la verità, veniva risparmiato, soprattutto se si era battuto secondo le regole: lotta, pugni niente  calci né oggetti contundenti). A rappresentare l’accusa, c’era sempre Fulvio, un

Sono un “Testimone del Kine” e, come impone la nostra Tradizione monacale, devo, almeno una volta nella vita, recarmi al SANTUARIO. Siamo pochi, ormai. Ma sappiamo anche di essere gli Eletti, destinati a tramandare devotamente alle generazioni future, la parola e le immagini donateci dal Profeta. Ahimè! I luoghi di culto del Kine-ma, che dieci secoli fa sorgevano a migliaia sul nostro Pianeta, scomparvero col diffondersi dell’Eresia dell’Ologramma digitale che abolì i riti della Proiezione Eterologa. La Fede nel Kine-ma si spense quasi ovunque. Ma, a consolazione degli ultimi Kinefili rimasti fedeli al Culto, il Santuario del Santo Fellah, è rimasto. Ed è là che sto ormai per giungere dopo due mesi di cammino, tra i monti, onde sfuggire alle radiazioni provocate dall’ultimo Conflitto. Assieme allo sparuto gruppo di monaci, coi quali ho diviso il misero cibo donatoci devotamente dai rari fedeli, ho disceso la Valle Sacra, seguendo il corso giallastro del fiume Mar-e-kya e visto apparire all’orizzonte, ove si staglia la linea nera del Mare Mortum, ARIM’NI, la Città Santa. Prima di farvi ingresso, il rituale ci ha imposto di sostare presso la Confraternita della Fondazione Fellah, che sorge sul Colle di Covy. Un vecchio Frate dalla lunga barba bianca, ci spiega che

Cosa resta quando non ci sono più tabù da infrangere e i politici si sono sputtanati da soli?

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Secondo Fileni un intero allevamento avicolo produce gas serra pari a 50 mucche

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Federico non poteva che nascere qui. Dove quelli che restano fanno ciò che in Italia succede dopo e quelli che partono quello che in Italia non è mai stato fatto prima

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