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Credo che pure ad altri “compagni” della mia generazione la splendida vittoria di Gabriel Boric in Cile abbia procurato, oltre alla soddisfazione politica, anche un'immensa emozione. Un'emozione che nel mio caso è di lì a poco sconfinata in un'incontenibile commozione, quando non ho potuto fare a meno di riascoltare dopo tanto tempo gli Inti-Illimani. Una vittoria niente affatto scontata quella di Boric, visto il risultato del primo turno, quando il vantaggio conseguito da José Antonio Kast pareva dare fondatezza al timore che il Cile potesse tornate nelle grinfie del fascismo, riesumando così per intero l'immonda eredità di Pinochet ad un Paese che ancora non è riuscito a disperderne del tutto l'eco. A rendere tutto ancora più bello è il fatto che a vincere sia stato un ragazzo più o meno dell'età che avevano i più grandi di noi, quando impazzimmo di gioia nel salutare l'elezione di Allende, che nel nostro immaginario andava ad affiancarsi a Pablo Neruda e, idealmente, alla figura del nostro mito Che Guevara. Sempre noi che tre anni dopo ci precipitammo nelle strade e nelle piazze, a urlare contro Pinochet e la sua banda di criminali tutto l'odio e le maledizioni che ci venivano dal profondo del cuore, associati

Per dirla con una “quasi metafora”, io ci ho lasciato un pezzo di cuore a Montefiore, lo sento ancora il mio paese e mi ispira una gran nostalgia. Pertanto mi rattrista sapere che in questi giorni vi sia apparso lo stupido e vergognoso manifesto qui riprodotto. Poiché le suore hanno dunque lasciato il convento di loro proprietà, che costituiva pure un punto di accoglienza delle anziane del luogo, l'Associazione Giovanni XXIII ha avviato una trattativa per avere quell'edificio in locazione, con l'intento di destinarlo a Centro CEC (Comunità Educante con i Carcerati). Sollecitata da alcuni cittadini, l'Amministrazione Comunale ha così indetto una pubblica assemblea, chiedendo che anche la Papa Giovanni XXIII vi prendesse parte. In quell'occasione, com'era prevedibile, non sono mancate riflessioni, critiche e perplessità di una parte degli intervenuti. Qualcuno auspicava che anche il futuro utilizzo dell'ex convento possa essere rivolto all'assistenza agli anziani; qualcun altro esprimeva disagio e timore all'idea di una futura coabitazione, sia pure virtuale, con quel tipo di ospiti; non è mancato chi se l'è cavata con la solita pilatesca manfrina: “Bene, bravi, una lodevole iniziativa

É proprio il caso di dire che in occasione del recente G20 la “ragion di Stato” abbia giocato un tremendo scherzo al Presidente Mattarella e al premier Draghi, costringendo il primo a far finta di rendere omaggio a quell'ignobile mascalzone di Bolsonaro, il secondo a correre frettolosamente in bagno, a lavarsi la mano che aveva appena stretto quella del losco figuro Erdogan. Bastano infatti le foto qui riportate a farci cogliere il loro disagio. L'espressione labiale di Draghi pare quella di chi abbia appena mangiato un limone; mentre l'aria cupa che promana dal volto corrucciato di Mattarella induce a credere che egli stia pensando: “Ma guarda un po' cosa mi tocca fare!”. Tanta freddezza non avrà certo fatto piacere a Bolsonaro, che però all'indomani ha ritrovato il sorriso a Pistoia, grazie al lungo scodinzolargli appresso di Salvini, a conferma del famoso proverbio secondo cui «chi si somiglia si piglia». Come si sa, Salvini ha oramai acquisto una consolidata attitudine a calarsi nella rete fognaria della politica internazionale. Per cui in compagnia del lestofante brasiliano si trova a proprio agio, esattamente come quando annusa il fascistume della La Pen; o tesse le lodi dei portatori di repellenza del “Gruppo di Visegrád” (o Gruppo di

Un po' di giorni fa, spatacando nel disordine delle mie scartoffie, ho trovato una pagina di giornale che conteneva il titolo: «E il centrodestra corteggia Mariotti». Distrattamente, ho lì per lì pensato fosse in riferimento a queste ultime elezioni comunali, ma guardando meglio ho visto trattarsi invece di una pagina della defunta “La Voce”, datata 26 gennaio 2016. Si sa come sia poi andato a finire quell'iniziale corteggiamento. Lo stesso che il centrodestra gli ha rinnovato in prossimità del recente voto amministrativo, quando Mariotti il 30 maggio ha dichiarato: «Mi hanno chiesto di candidarmi: valuterò». Dopodiché, conclusa velocemente la riflessione, il 5 giugno annunciava: «Pronto a candidarmi per un progetto condiviso». Ma anche questa volta si sa come sia finita. Nel centrodestra di Renzi e Barboni ci sarà sicuramente in questo momento più d'uno che, di fronte agli 84 voti racimolati da Mariotti nell'altro centrodestra, quello di Gloria Lisi, starà commentando: “Meno male che con lui abbiamo lasciato perdere. Se no, altroché l'effetto Ceccarelli!” Un'altra pagina di giornale l'avevo invece volutamente conservata, incurante della scaramanzia. É dello scorso 28 gennaio e contiene un articolo in cui Mago Morrone profetizza: «Vinciamo al primo turno». Una previsione, questa, che poi Salvini, com'è nel suo stile, ha

Di Ceccarelli era finora nota la “vocazione spiaggiarola”, abbondantemente esercitata non senza qualche polemica nella sua Bellaria, dove lui è pure conosciuto con il nomignolo di “e zendri”. Ma da candidato sindaco di Rimini ha oltrepassato il bagnasciuga e s'è avventurato in mare aperto, a farsi venire la splendida pensata di «un sogno che abbiamo tenuto riservato». Rimini, dice Ceccarelli, è «una città insicura e fragile va messa in sicurezza. Rimini ha bisogno di sognare, di pensare in maniera incessante al futuro». Allora perché non ricostruire l'Isola delle Rose, sessant'anni dopo la fine che i predecessori democristiani di Ceccarelli, d'intesa con i "nonni missini" degli attuali Fratelli d'Italia, fecero fare alla celeberrima impalcatura marittima "messa su" dal "repubblichino di Salò" ing. Rosa? Lui, che in realtà era soltanto alla ricerca di un nuovo prototipo di piattaforma da commercializzare, aveva già fatto due tentativi, entrambi “naufragati” entro le acque territoriali. Per cui, su consiglio dell'allora vicecomandante della Capitaneria di Porto, decise di spingersi con il terzo oltre quel confine, per alleggerire la procedura concessoria. Dopodiché, come si sa, l'incontro con alcuni pazzoidi convinse Rosa alla goliardata della “Nazione indipendente” chiamata Insulo de Rozoj, nome imposto da uno dei suoi cinque pseudo-abitanti buontemponi: un frate che

L'altro giorno Gloria Lisi ha lanciato in pompa magna una proposta che, quando la verranno a sapere al Palazzo di Vetro, c'è da scommettere che il Segretario Generale dell'Onu, António Guterres, non mancherà di inviarle un pubblico encomio. Quella cioè di prevedere, una volta eletta sindaca, la presenza in Giunta dell'Assessore alla Pace, che fra le tante nobili incombenze avrà anche «la funzione di promuovere la riconciliazione». Per prendere due piccioni con una fava, pare che la Lisi intenda aggiungere un'ulteriore novità: chiamarlo “Assessor ad Pacem”, così da far contento il mio lontano parente Don Romano Nicolini, al quale, nel loro recente incontro, ha promesso che da Sindaca reintrodurrà lo studio obbligatorio del latino nelle scuole italiane. Ma quando si dice le sfortunate coincidenze! Altroché «promuovere la riconciliazione», quasi nello stesso momento in cui lei si prodigava a diffondere quel mieloso annuncio, alla sede Rai di Bologna due dei suoi e il più focoso ceccarelliano “se le dicevano” di santa ragione. In realtà non è facile capire se quella rissa furibonda sia stata un accesissimo “derby politico” fra i due centrodestra riminesi, quello molto più di destra e molto meno di centro impersonato da Paesani, e l'altro, un po' più di centro e un

Non c'è voluto molto a capirlo: la tragica vicenda dei cinque accoltellamenti ad opera di quel somalo – pazzo o criminale che sia, o entrambe le cose – è stata accolta come una manna piovuta dal cielo dalla destra riminese, dai cui capi e capetti parevano provenire gridolini di gioia interiore. Naturalmente ad aprire la recita di un copione intitolabile “dalli alla Lamorgese, tutta colpa di Gnassi e Jamil” ci ha pensato l'immigrato forlivese che, più che mai in questi casi, funge da replicante della miserevole tronfiaggine salviniana: «Questa è la goccia che fa traboccare il vaso, – ha tuonato Morrone – dobbiamo dire basta e lo faremo con una fiaccolata». Meno male che si è limitato a voler dare in mano ai suoi solo una torcia, in ciò differenziandosi da “leghisti duri e puri” quali la sindaca e gli assessori arruolatisi nella Giunta Comunale di Voghera, che loro sì che sanno bene come garantire l'ordine pubblico. «Finché non si comincerà a sparare sarà sempre peggio», era per esempio l'indicazione fornita sulla chat della Giunta dall'Assessore Giancarlo Gabba. Costui sarà poi rimasto senz'altro contento del come quella sua calorosa esortazione sia stata raccolta, un po' di giorni dopo, dal collega di Giunta Massimo

Il capataz Morrone deve aver pensato che la leadership forestiera della Lega, padrona del centrodestra riminese, andasse rafforzata aggiungendo a lui forlivese, all'aspirante sindaco bellariese ed all'ancella di contorno riccionese, anche uno di San Mauro, così da far contento pure il Pascoli. La scelta è caduta su Gimmi Baldinini (nell'immagine in apertura), designato capogruppo; il quale, forte della sua attitudine, ha così fatto le scarpe al povero Pecci e all'indesiderato Ravaglioli, inviso perché, come sul dirsi, a Ceccarelli “mangerebbe la pastasciutta in testa”. È dunque tornato a Rimini, riciclato da politico, l'imprenditorone che qualche anno prima l'aveva abbandonata con la puzza sotto il naso, come testimoniato da alcuni stralci di una lunga intervista al Carlino: Baldinini, un bel colpo di scena, ma perché chiudere proprio questo negozio? «Perchè a Rimini le cose importanti non si vendono. Già a livello basso si vende poco, alto nemmeno a pensarci. Qui vengono i russi poveri, a Milano ci vanno quelli ricchi». E dove ha intenzione di sbarcare adesso? «In Spagna, dove ho già due negozi. I prossimi che apriremo sono quelli di Barcellona e di Maiorca». Che fine faranno i dipendenti che lavorano lì dentro da una vita? «Vedremo se potremo impiegarli da qualche altra parte, ma nel caso dovranno

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