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CISCO: “LARGO AL LISCIO DEL TERZO MILLENNIO!”

Stasera a Rimini La notte del liscio porterà a piazzale Fellini Goran Bregovic, l’orchestra Mirko Casadei, Khorakhané, Cisco e Raoul Casadei e l’orchestra di Moreno Il Biondo, Mirco Mariani & Extraliscio.
Stefano Bellotti in arte Cisco, cantautore e storico frontman dei Modena City Ramblers, ci ha concesso per l’occasione questa intervista in esclusiva.

Cisco, la musicale popolare irlandese è stata per te motivo d’incontro con i Modena City Ramblers. Perché è importante oggi preservare queste tradizioni musicali, che esse siano celtiche, balcaniche, ebraiche, italiane, o romagnole, come nel caso de La Notte del liscio?
«Per me è stata fondamentale la scoperta della musica tradizionale, in questo caso irlandese, come hai giustamente detto. È importante, secondo me, raccogliere l’eredità della musica e della cultura tradizionale, ma non per essere in qualche modo reazionari sul quel mondo lì, ma per andare avanti… andare avanti con delle conoscenze maggiori, con radici più forti, per confrontarsi meglio con le altre culture, che sono sempre più vicine a noi. Per noi la cultura irlandese è stata la chiave per aprire un mondo di conoscenze sulle nostre tradizioni, sulla tradizione culturale e musicale emiliana, o romagnola. Da lì siamo andati alla scoperta di cose che suonavano molto irlandesi pur essendo emiliane: certe canzoni della tradizione irlandese, che ancora oggi vengono cantate, ci sono servite per andare alla riscoperta di alcune nostre canzoni finite nel dimenticatoio. La cosa bella della musica tradizionale è che, ad esempio, tu ti appassioni della musica balcanica pur non essendo di quelle zone, ma la fai tua a tuo modo: quando abbiamo fatto folk irlandese, non l’abbiamo fatto per rifare pedissequamente pezzi irlandesi, ma per metterli nella nostra musica, nel nostro modo di ragionare e cantare.»

Uno sguardo al passato per andare avanti: come pensi sia possibile fare liscio nel 2016? Credi sia opportuno, a livello musicale, risemantizzare quel linguaggio?
«Ho sentito, per quest’occasione de La notte del liscio, i ragazzi dell’orchestra Casadei che hanno arrangiato dei pezzi che in effetti col liscio non hanno molto a che vedere; o meglio, hanno a che vedere con delle cose di base, di radici, ma poi hanno un’evoluzione tutta loro. Ben venga la volontà di portare il liscio nel nuovo millennio, di portare il liscio a nuove generazioni. Probabilmente è doveroso fare un ulteriore passo. Apprezzo lo sforzo che stanno facendo. Io non rimpiango il passato. Secondo me la musica tradizionale è viva quando riesce a parlare alla propria generazione. Il liscio ha parlato per anni alla generazione del dopoguerra, ed era abilissimo. Probabilmente ora si stava perdendo questa capacità di dialogo con le nuove generazioni. Forse questo nuovo modo di affrontare la tradizione riuscirà ad avvicinare le generazioni attuali a quel mondo.»

Ricorda qualche aneddoto particolare, magari legato alla sua famiglia, del liscio e delle balere?
«Guarda… particolare no, perché i miei genitori non sono mai stati appassionati di ballo in quel senso lì. Ho dei parenti che lo sono tutt’ora: proprio l’altra sera li ho incontrati alla festa dell’Unità e, dato che hanno ottant’anni, ho detto: «Cosa fate qua?» E mi hanno risposto: «Siamo venuti a ballare!». Devo dire che nel mio immaginario l’orchestra di liscio è qualcosa di romantico, ma allo stesso tempo di piratesco: queste orchestre che vanno in giro per la bassa, per l’Emilia, o per tutt’Italia, a fare queste canzoni, a volte in maniera tradizionale folk, altre in maniera un po’ più sgarrupata, però hanno sempre quel senso naïf della musica popolare che mi diverte molto. Io vivo in un piccolo paesino in provincia di Reggio Emilia dove c’è una festa dell’Unità adesso; è famosa per avere l’orchestra da ballo migliore perché la gente va lì per ballare, ecco.»

Con i Modena, ma anche come cantautore, ha avuto modo di collaborare con un ospite che sarà sul palco de La notte del liscio insieme a lei: Goran Bregovic. Avrete modo di suonare insieme stasera?
«Sono felice di rincontrare il maestro. Qualche anno fa, in una mega festa a Parma, insieme a Goran abbiamo risuonato Bella Ciao. Io spero ci sia la possibilità di collaborare e di fare una serata speciale per la città. Con Goran c’è un rapporto che è nato nel lontano ’99, quando festeggiamo in piazza a Modena il capodanno del 2000: un’occasione speciale per suonare insieme e confrontarsi. Spero che anche stasera sia una di quelle occasioni. So che lui sarà impegnato molto su vari fronti, oltre che con la sua orchestra. Dovrà fare delle cose con altri ospiti, e spero ci sia modo di fare alcune cose anche insieme a me.»

Con le atroci notizie che ci giungono dalla Turchia, il pericolo Trump, l’ISIS, quanto pensa possa essere importante il concetto e la memoria vigile della Resistenza? E in che modo, oggi, noi dovremmo fare Resistenza?
«Credo che i valori della Resistenza siano valori universali, in cui ci dobbiamo tutti riconoscere. Valori su cui dobbiamo poggiare per costruire un futuro sereno per tutti, non per pochi, per tutti. Il problema è quello: c’è gente che non vede al di là del proprio naso. Opera una politica basata molto sulla paura, per costruire un futuro che, per i prossimi 5 anni, possa garantire la tranquillità a chi la vota. Io penso che la politica debba essere pensata a 360 gradi e per un futuro lontano. Un futuro in cui non si ha più bisogno di profughi, dove l’ISIS sia impensabile che nasca, dove i livelli di vita sociali siano abbastanza uniformi in tutto il mondo: a quel punto lì avremo un mondo in cui ci si sforza solo per andarsi a salutare, conoscere, viaggiare e divertirsi. Ciò oggi non accade. Tutta la nuova onda che sta nascendo va verso un mondo fatto di paura, muri alzati, paura del diverso. Questa è purtroppo la politica che viene fatta da molta gente, anche in Italia, negli ultimi anni. Noi dobbiamo andare avanti, dobbiamo superare questa fase, cercare di costruire veramente un mondo migliore. I partigiani sono morti non per loro, ma per le generazioni future. Per questa lungimiranza, quello, resta un importante punto di riferimento, sia culturale che politico».

A proposito di Resistenza: lei ha ricevuto nel 2011 il premio ANPI alla memoria di Renato Fabrizi. Germano Nicolini, il partigiano al quale insieme ai Modena avete dedicato Al Dievel, ha mostrato il suo dissenso con la posizione dell’associazione sul referendum, ribadendo che tutti gli aderenti dovrebbero potersi pronunciare liberamente; cosa ne pensa di questa linea assunta dall’ANPI?
«Secondo me questi sono discorsi meno importanti di quello che possono sembrare. A mio avviso, l’ANPI ha diritto di dire qual è la sua posizione ufficiale come associazione; dovrebbe allo stesso tempo, però, lasciare liberi i propri iscritti di votare secondo coscienza. Io credo sia normale. A me fa paura un Paese che ha paura di un voto. Vedi Turchia ad esempio. Io non ho paura di un voto, anche se magari va contro a quella che è la mia idea. Non voglio vivere in un Paese in cui ho paura che vincano gli altri, e perda la mia idea. Voglio vivere in un Paese in cui vado a votare la mia idea: se vinco bene, se perdo non succede niente. Il punto è che in Italia tutto diventa bianco o nero, rosso o nero, buoni o cattivi. Questa roba qua, a quasi 50 anni, non ce la faccio più a viverla così. La vivo in modo molto più distaccata.»

Come scrive Guccini, hai ancora tante cose ancora da raccontare, per chi vuole ascoltare. Cos’è il nuovo progetto I Dinosauri?
«I Dinosauri è una cosa molto carina secondo me. É nata dall’incontro ripetuto con due vecchi compagni di viaggio: Alberto Cottica e Giovanni Rubbiani, anche loro ex Modena City Ramblers degli inizi, della fase pionieristica, quella che io chiamo “quando dovevamo costruire il nostro futuro giorno dopo giorno, e non sapevamo cosa ci aspettava il giorno dopo”. Insieme a loro abbiamo fatto un pezzo di strada molto importante. 5-6 anni fa ci siamo ritrovati e abbiamo pensato che sarebbe stato bello rifare un tour insieme, dove andare a riproporre le vecchie canzoni nella forma acustica in trio. Facemmo il tour di quarant’anni. Andò così bene che l’abbiamo dovuto replicare. Tutti contenti, poi siamo rimasti in contatto e ci vedevamo una volta all’anno per farci gli auguri di Natale. Proprio durante la cena di Natale dell’anno scorso ci siam detti di rifare un tour insieme; allora io ho rilanciato proponendo di fare un disco insieme, per poi andare in tour. Da una battuta, un bicchiere di vino di troppo, alla fine ci è venuta l’idea di metterci a lavoro. Le canzoni sono fiorite in un lampo. Praticamente ad aprile eravamo in studio a registrare l’album. Abbiamo voluto sposare il progetto del crowdfunding per il disco. È partito alla grande e ancora adesso sta andando benissimo. Tra ottobre e novembre uscirà il disco, che si chiama I Dinosauri, dove racconteremo un po’ la nostra storia attraverso 10 canzoni: quello che eravamo e ciò che siamo diventati. Credo che piacerà molto ai vecchi fan dei Modena, a chi si aspetta certe canzoni da noi. Si riconosceranno in questa storia».

Edoardo Bassetti

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