E’ stato approvato recentemente dalla Camera dei Deputati un Decreto Legge che ha per tema il Reddito di Inclusione sociale, con il chiaro scopo di combattere la situazione di povertà di tante famiglie italiane.
Da quanto ci è dato conoscere, il Decreto potrà permettere l’erogazione di una somma mensile di circa 320 euro mensili individuali o a nucleo familiare, a quelle famiglie che saranno selezionate sulla base ai dati ISEE (indicatore di situazione economica equivalente ) in quanto “al di sotto del livello di povertà”.
Quale sarà questo livello ISEE dovrà essere stabilito attraverso decreto/i attuativi.
Le risorse che saranno messe a bilancio saranno di 600 milioni per l’anno 2016 e un miliardo e mezzo per l’anno 2017.
Sarà affidato all’INPS il controllo della coerenza fra somme erogate e situazione economica familiare e sarà verosimilmente la rete delle istituzioni locali a gestire le graduatorie.
Il provvedimento ha naturalmente suscitato parecchio dibattito all’interno delle forze politiche, in particolare per la contemporanea giacenza presso la Camera di un disegno di legge, conosciuto come Legge per il Reddito di Cittadinanza presentato dal Movimento 5 stelle, che affronta lo stesso problema: la mancanza di reddito di molti e la situazione di povertà di circa il 6.8% della popolazione italiana (8.6% al Sud e 4.2% al Centro-Nord).
Mi sono preso ‘la briga’ di andare allora a leggermi il provvedimento di cui sopra e la sua relazione illustrativa, al fine di farmi una opinione più completa del problema.
IL REDDITO DI CITTADINANZA
Innanzi tutto il provvedimento è rivolto a tutti gli individui o nuclei socio-familiari privi di un reddito da lavoro, sia dipendente che autonomo.
A queste unità personali o familiari, qualora al di sotto dei 6/10 del reddito mediano equivalente Eurostat (15.514 euro annui il reddito mediano, quindi 9360 euro il reddito minimo annuo), viene erogato o garantita una contribuzione mensile fino da 780-1950 euro al mese, sulla base della numerosità della composizione del nucleo familiare.
Si è stabilita nel provvedimento una stretta relazione fra il diritto al reddito e la necessità di trovare una nuova occupazione o partecipare a corsi di formazione lavoro, con meccanismi ben articolati e centrati principalmente sui Centri per l’Impiego.
La somma annua messa a disposizione teoricamente per l’applicazione dello stesso Disegno di Legge si attesterebbe sui 15.5 miliardi anno, (anno di riferimento stabilito, il 2014) con 1.7 miliardi per la riorganizzazione dei Centri per l’Impiego.
Sono previste numerose misure di facilitazioni fiscali per quelle imprese che favorissero l’assunzione di individui assegnatari del reddito di cittadinanza (che in caso positivo di assunzione ovviamente perderebbero), con un meccanismo articolato più favorevole alla permanenza nel nuovo luogo di lavoro, piuttosto che in quello di fruitore della contribuzione statale (il reddito di cittadinanza, appunto).
Sono previste misure per la creazione di nuovo lavoro da parte dello Stato con la possibilità in particolare di utilizzare il lavoro agricolo, lì dove lo Stato possieda terreni non utilizzati e che potrebbero invece ospitare attività redittuali.
Sono previste attività di messa in rete per altre necessità dell’individuo o del nucleo familiare, in particolare per la fruizione di una abitazione e dell’attività dell’istruzione scolastica dei minori.
Da ultimo, è richiamata la necessità di una informatizzazione completa del sistema assistenziale, dallo Stato, alle Regioni e agli Enti Locali, al fine di garantire una maggiore conoscenza dei dati ed evitare sovrapposizioni e abusi possibili.
Naturalmente questa è una mia lettura, che ha cercato di reperire gli elementi fondamentali, per cui risulta sicuramente non esaustiva di tutti gli aspetti del provvedimento citato.
LA SITUAZIONE DELLA POVERTA’ IN ITALIA
Dai dati in nostro possesso risulta con evidenza che la situazione della povertà nel nostro Paese appare in aumento.
Ci riferisce l’ISTAT nel suo Rapporto annuale che nel 2015 i poveri nel nostro Paese erano 4 milioni e seicentomila, intendendo “povero” chi è al di sotto della soglia minima di sostentamento (800-500 euro al mese).
Ma questo dato appare notevolmente grossolano al fine di un esame più accurato. Basta frequentare le grandi città per rendersi conto della situazione delle periferie.
E anche a Rimini abbiamo le nostre piccole periferie: basta passare dalle parti delle alle due mense dei poveri per farsene un’idea.
Alla situazione delle periferie si aggiunge la carenza di alloggi, la presenza di campi nomadi disarticolati nei contesti urbani, la situazione degli homeless, l’enorme problema dell’immigrazione, tutto sommato ancora poco conosciuta nei sui numeri reali sia nelle grandi città che nei centri più piccoli.
Una situazione da approfondire con numeri, dati, osservazioni che per molta parte ci mancano.
L’OPERA ASSISTENZIALE DEI COMUNI
In questa situazione così complessa, gli Enti Locali svolgono una grande opera assistenziale.
Un opera meritoria, molto articolata, ma molto spesso poco in rete con le attività assistenziali dello Stato, certo non per colpa degli Enti Locali.
Senza queste attività dei Comuni, a stretto contatto quotidiano con gli utenti e le loro difficoltà, a cui si aggiunge con grande impegno e risorse quella del privato sociale e del volontariato, ben difficilmente le nostre realtà ( mi riferisco a città medie come Rimini) potrebbero mantenere quegli equilibri che garantiscono una accettabile coesione sociale.
Ho voluto entrare nel sito internet del nostro Comune, quello di Rimini, al capitolo Attività Sociali. Ho potuto constatare che sono ben 45 le attività che il Comune ha in essere, con risorse importanti e in parecchi settori, al fine appunto di venire incontro alle persone svantaggiate per favorire e mantenere questa coesione.
Ma allora, se questa è la situazione, non si possono non trarre alcune considerazioni.
RIFLESSIONI SUL DECRETO LEGGE DI INCLUSIONE SOCIALE.
Il primo pensiero che mi viene e’ questo: il Pd ha fatto bene ad affrontare il tema delle periferie delle città e quello della inclusione sociale.
Non possiamo non sottolineare che è stato il Governo Renzi ad affrontare finalmente questo tema, sia pure con risorse per il momento limitate, anche se non esigue. Non ho ricordi di precedenti attenzioni a queste realtà: mi riferisco anche alle altre legislature con il Centro-Sinistra al governo; e mi riferisco anche a chi ora soloneggia a sproposito in tv e sulla stampa sulle attività dell’attuale legislatura.
Sottolineato questo, comunque, personalmente sostengo che non starei a fare una battaglia di principio sul fatto che quello del Pd è il “vero” provvedimento per combattere la povertà del nostro Paese mentre il Reddito di Cittadinanza sarebbe velleitario e provocatorio.
Preferirei che il Pd spiegasse le ragioni della “nostra” proposta, documentandola con numeri e dati.
Al critico che calcola come il Diritto di inclusione, se diviso per 4.6 milioni di poveri, porterebbe 0.47 euro al giorno, andrebbe risposto che se dividiamo 15 miliardi per 4.6 milioni di poveri la quota giornaliera sarebbe sì 10 volte di più, ma con 4,7 euro al giorno la battaglia contro la povertà sarebbe egualmente largamente perduta.
Il tema allora non sta in questo o quel conteggio, ma in provvedimenti che affrontino la realtà e che si calino nel sociale, operando una selezione accurata delle situazioni di bisogno, facendo al termine di ogni anno una analisi compiuta dei risultati.
Sempre come Pd, studiamo poi come si comportano altri Paesi Europei (Germania, Francia, Svezia ecc.) per accrescere le nostre conoscenze e competenze, collegandoci anche con l’Assessorato ai Servizi Sociali del Comune.
Alle, secondo me, poco utili Summer School di quest’anno, sostituiamo una Summer School che permetta ai militanti di conoscere e crescere, con possibilità di interventi e dibattito la situazione del Paese e della realtà locale.
Colleghiamoci alla facoltà di Economia di Rimini perché ci aiuti a conoscere meglio con dati solidi la povertà della nostra realtà. Colleghiamo cioè l’Università al territorio.
Ci sono poi alcuni aspetti nella proposta governativa che non sono a mio parere del tutto convincenti.
Lasciare tutto o molto in mano all’INPS, senza controllo dell’Ente Locale, senza mettere in rete le nostre conoscenze e competenze con quelle nazionali, a me appare molto limitativo.
Ma non abbiamo fatto al riguardo una riforma Costituzionale per avvicinare Stato e Enti Locali? Non deve nascere il Senato degli Enti Locali?
Una rete delle conoscenze Enti Locali-Stato appare più consona e indispensabile, per conoscere, distribuire meglio, non sovrapporre, essere più equi.
L’INPS deve mettersi in rete con gli Enti Locali, ne abbiamo abbastanza di questi mastodonti burocratici e staccati dal contesto locale.
Non ho citato che solo alcuni degli aspetti.
Il lavoro da fare è tanto, la conoscenza direi superficiale.
Rimbocchiamoci le maniche e lavoriamo, altrimenti la distanza fra noi del Pd e la gente non farà che aumentare.
Alberto Ravaioli