HomeEconomia e LavoroConsiglio di Stato altra sentenza: “le spiagge debbono andare a gara”

Il Consiglio di Stato ha anche ribadito le risorse scarse vanno calcolate a livello comunale


Consiglio di Stato altra sentenza: “le spiagge debbono andare a gara”


7 Marzo 2023 / Roberto Biagini

Il Consiglio di Stato con recentissima pronuncia (1° marzo 2023, VI Sezione, n. 2192.2023), ricca di interessanti spunti giuridici, rifila l’ennesima bocciatura alle sentenze, definite eufemisticamente dalla dottrina amministrativistica “creative”, del T.A.R. Lecce in materia di concessioni demaniali a scopo turistico ricreativo.

Ricorrente in primo grado e appellante in sede di gravame era l’ Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (A.G.C.M.) che come è noto ha impugnato diversi provvedimenti dei comuni costieri italiani, tra cui Rimini https://www.chiamamicitta.it/concessioni-spiagge-lantitrust-ricorre-al-tar-contro-rinnovo-al-2033-deciso-dal-comune-di-rimini/, con i quali gli enti locali avevano esteso al 31.12.2033, in ottemperanza alla proroga prevista all’ art. 1, commi 682, 683 e 684 della L. 30/12/2018, n. 45 e all’art. 182, comma 2, del D.L. 19/5/2020, n. 34, conv. in L. 17/7/2020, n. 77, la scadenza delle concessioni demaniali a scopo turistico ricreativo.

I giudici di Palazzo Spada, riportandosi sostanzialmente ai principi affermati dall’Adunanza Plenaria nelle “sentenze gemelle” 9/11/2021, nn. 17 e 18 e dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea nella sentenza 14/7/2016, in cause riunite C-458/14 e C-67/15 Promoimpresa, hanno ribaltato la sentenza di 1° del TAR salentino n. 981/2021, Sezione I, Presidente Pasca, che aveva accolto le ragioni del Comune di Manduria che con deliberazione della Giunta comunale 19/11/2020, n. 27, “preso atto di quanto disposto dall’art. 1, commi 682, 683 e 684 della L. 30/12/2018, n. 45 e dall’art. 182, comma 2, del D.L. 19/5/2020, n. 34, conv. in L. 17/7/2020, n. 77, ha dato indicazioni al Responsabile del competente servizio per la predisposizione degli atti finalizzati all’estensione, sino al 31/12/2033, del termine di durata delle concessioni demaniali marittime con finalità turistico-ricreative. Tali concessioni sono state, poi, concretamente prorogate con apposite annotazioni apposte in calce ai relativi titoli”.

Essi in accoglimento dell’ appello proposto dall’ A.G.C.M. hanno ribadito i principi giuridici della materia “canonizzati” dalla surrichiamata sentenza della Corte di giustizia affermando che “gli argomenti invocati dal giudice di 1° per superare l’interpretazione già resa dal giudice europeo non appaiono idonei a indurre ragionevoli dubbi”, come confermato anche dal fatto che i principi espressi dalla sentenza Promoimpresa sono stati recepiti da tutta la giurisprudenza amministrativa nazionale sia di primo che di secondo grado, con l’unica isolata eccezione, appunto, del T.A.R. Puglia-Lecce.

Vediamo di elencare in modo sintetico i principi di diritto in tema di concessioni demaniali marittime (tralasciamo gli aspetti relativi alla legittimazione ad agire dell’A.G.C.M. seppur interessanti) ai quali il Consiglio di Stato si è conformato per supportare la propria decisione:

  1. Le concessioni demaniali marittime a scopo turistico ricreativo rientrano a tutti gli effetti nell’ambito di efficacia della Direttiva Bolkestein:Non ha pregio neanche l’argomento volto a contestare la qualificazione della concessione demaniale con finalità turistico-ricreativa in termini di autorizzazione di servizi ai sensi dell’art. 12 della direttiva 2006/123. Come si è visto, a sostegno di tale posizione si osserva, in sintesi, che la concessione attribuisce il bene (rectius, il diritto di sfruttarlo), ma non autorizza l’esercizio dell’attività e che le attività svolte dal concessionario non sono sempre attività di servizi. Tale impostazione risulta, tuttavia, meramente formalistica, perché valorizza la distinzione, propria del diritto nazionale, tra concessione di beni (come atto con effetti costitutivi/traslativi che attribuisce un diritto nuovo su un’area demaniale) e autorizzazione di attività (come atto che si limita a rimuovere un limite all’esercizio di un diritto preesistente). Questa distinzione, di stampo giuridico-formale, deve essere rivisitata nell’ottica funzionale e pragmatica che caratterizza il diritto dell’Unione, che da tempo, proprio in materia di concessioni amministrative, ha dato impulso ad un processo di rilettura dell’istituto in chiave sostanzialistica, attenta, più che ai profili giuridico-formali, all’effetto economico del provvedimento di concessione, il quale, nella misura in cui si traduce nell’attribuzione del diritto di sfruttare in via esclusiva una risorsa naturale contingentata al fine di svolgere un’attività economica, diventa una fattispecie che, a prescindere dalla qualificazione giuridica che riceve nell’ambito dell’ordinamento nazionale, procura al titolare vantaggi economicamente rilevanti in grado di incidere sensibilmente sull’assetto concorrenziale del mercato e sulla libera circolazione dei servizi. Dall’art. 4, punto 1, della direttiva 2006/123 risulta che per “servizio”, ai fini di tale direttiva, si intende qualsiasi attività economica non salariata di cui all’articolo 57 TFUE, fornita normalmente dietro retribuzione. In particolare, “un’attività di locazione di un bene immobile […], esercitata da una persona giuridica o da una persona fisica a titolo individuale, rientra nella nozione di «servizio», ai sensi dell’articolo 4, punto 1, della direttiva 2006/123” (Corte di giustizia, Grande sezione, 22.9.2020, C-724/2018 e C-727/2018, punto 34)……. Del resto, come ricordato dalla Corte di giustizia nella più volte citata sentenza Promoimpresa, “il considerando 39 della direttiva in questione precisa che la nozione di regime di autorizzazione dovrebbe comprendere, in particolare, le procedure amministrative per il rilascio di concessioni”. E la stessa sentenza ha chiaramente affermato che “tali concessioni possono quindi essere qualificate come autorizzazioni, ai sensi delle disposizioni della direttiva 2006/123, in quanto costituiscono atti formali, qualunque sia la loro qualificazione nel diritto nazionale, che i prestatori devono ottenere dalle autorità nazionali al fine di poter esercitare la loro attività economica”. L’Adunanza plenaria non può che condividere tali conclusioni e ribadire che le concessioni di beni demaniali per finalità turistico-ricreative rappresentano autorizzazioni di servizi ai sensi dell’art. 12 della direttiva c.d. servizi, come tali sottoposte all’obbligo di gara.”

È bene che tale sentenza venga letta dal Senatore di Forza Italia, Maurizio Gasparri, che anche ieri raccontava la solita “panzana”, quella cara ai concessionari, cheLa direttiva Bolkestein non c’entra con le imprese balneari”.

  1. Viene riconfermato che quando si discute di tratti di arenile da affidare in modalità concessoria è inevitabile riferirsi a “risorse scarse se non in alcuni casi inesistenti” e che per stabilirne l’ entità occorre avere riguardo alla situazione dei singoli “territori comunali”: “ Relativamente al secondo profilo basta richiamare le affermazioni delle menzionate sentenze dell’Adunanza Plenaria n. 17 e 18 del 2021 secondo cui: << nel settore delle concessioni demaniali con finalità turistico-ricreative, le risorse naturali a disposizione di nuovi potenziali operatori economici sono scarse, in alcuni casi addirittura inesistenti, perché è stato già raggiunto il – o si è molto vicini al – tetto massimo di aree suscettibile di essere date in concessione>>. Considerato che, ai fini di stabilire l’entità della risorsa in questione, occorre aver riguardo alla situazione del territorio comunale (Corte Giust. UE, 14/7/2016, in cause riunite C-458/14 e 67/15) e che, come emerge dalle stesse affermazioni dell’appellante incidentale, nel Comune di Manduria l’arenile concedibile per finalità turistico ricreative è di appena 3 km, di cui 500 mt già assegnati in concessione, deve ritenersi che nel detto comune sia dimostrata la scarsità del bene di che trattasi”.
  2. Viene ulteriormente confermato ciò che la giurisprudenza unionale e nazionale (ad eccezione del T.A.R. Lecce) da sempre sostengono e cioè che la Direttiva Bolkestein riassume tutte le caratteristiche delle direttive qualificate self-executing e come tali il dovere di disapplicare la norma interna in contrasto con quella eurounitaria autoesecutiva, riguarda tanto i giudici che la p.a.:Ai fini della sua reiezione è sufficiente fare riferimento ai principi enunciati, in sede nomofilattica, nelle citate sentenze dell’Adunanza Plenaria di questo Consiglio di Stato nn. 17 e 18 del 2021 con le quali, in coerenza con l’orientamento in materia espresso dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea con la sentenza Promoimpresa, è stato affermato che:
  3. a) l’art. 12 della direttiva 2006/123/CE, laddove sancisce il divieto di proroghe automatiche delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative è norma self executing e quindi immediatamente applicabile nell’ordinamento interno, con la conseguenza che le disposizioni legislative nazionali che hanno disposto (e che in futuro dovessero ancora disporre) la proroga automatica delle suddette concessioni sono con essa in contrasto e pertanto, non devono essere applicate (cfr., in termini, fra le tante, Cons. Stato, Sez. VII, 21/2/2023, n. 1780; 6/7/2022, n. 5625; 15/9/2022 n. 810);
  4. b) il dovere di disapplicare la norma interna in contrasto con quella eurounitaria autoesecutiva, riguarda, per pacifico orientamento giurisprudenziale, tanto i giudici quanto la pubblica amministrazione (Corte Cost., 11/7/1989, n. 389; Cons Stato Sez. VI, 18/11/2019 n. 7874; 23/5/2006, n. 3072; Corte Giust. UE, 22/6/1989, in C- 103/88, Fratelli Costanzo, e 24/5/2012, in C-97/11, Amia)”.
  5. Non solo: il Consiglio di Stato afferma esplicitamente che l’ art. 12 della Direttiva Bolkestein (la norma che impone le evidenze pubbliche) prescinde dal cosiddetto “interesse transfrontaliero certo” (imprenditore francese che intende stabilirsi in Italia) e che quindi si applica anche in caso di prestatori di servizi dello stesso stato membro (imprenditore piemontese che vuole stabilirsi a Rimini): “ l’art. 12 della menzionata direttiva 2006/123/CE, prescinde del tutto <<dal requisito dell’interesse transfrontaliero certo, atteso che la Corte di giustizia si è espressamente pronunciata sul punto ritenendo che “l’interpretazione in base alla quale le disposizioni del capo III della direttiva 2006/123 si applicano non solo al prestatore che intende stabilirsi in un altro Stato membro, ma anche a quello che intende stabilirsi nel proprio Stato membro è conforme agli scopi perseguiti dalla suddetta direttiva” (Corte di giustizia, Grande Sezione, 30 gennaio 2018, C360/15 e C31/16, punto 103).

In buona sostanza con questa ulteriore sonora bocciatura delle isolate argomentazioni del T.A.R. Lecce, il Consiglio di Stato consolida i propri orientamenti “eurounitari” in materia, con buona pace di Gasparri & C..

La sentenza

Roberto Biagini (Coordinamento Nazionale Mare Libero)