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Cosa saranno mai 732 euro in confronto a 49 milioni?


28 Dicembre 2019 / Nando Piccari

Evidentemente non bastava la “grezzura” dell’aspirante governatrice legaiola a determinare una sufficiente sintonia fra la qualità della sua candidatura e la pezzenteria del messaggio politico con cui Salvini, suo mentore e protettore, sta da mesi inquinando l’aria in Emilia Romagna.

E sì che la Borgonzoni ce l’ha messa tutta per mostrarsi all’altezza… di tanta pochezza culturale. È riuscita a dire, in diretta radiofonica, che la nostra Regione confinerebbe a nord con il Trentino-Alto Adige e a sud con l’Umbria. Al termine del comizio a Bologna, ha indotto Salvini ad intonare a squarciagola “Romagna mia”, creando sconcerto nella minoranza non rincitrullita del suo seguito felsineo. Quando poi sproloquia di voler «liberare la nostra regione da mezzo secolo di oppressione Pd», risulta chiaro come nessuno le abbia mai detto che le Regioni si sono sì insediate nel 1970 ma che il PD è nato solo nel 2007.

Ogni volta che la Bergonzoni s’arrabatta ad imbastire degli astrusi balbettii per illustrare il suo programma elettorale, sembra di risentire una delle “Ragazze Coccodè” che nel finale di “Indietro tutta!” magnificavano i pregi del famoso “cacao meravigliao”. Quando invece si esalta nell’annunciare che il 26 gennaio prenderà lei il posto di Bonaccini, pare la controfigura di una delle “Sorelle Bandiera” che in “Quelli della notte” intonavano “Fatti più in là”. Con la differenza che le une e le altre si rifacevano a divertenti parodie create dal genio di Arbore, mentre quello di cui fa sfoggio l’aspirante governatrice legaiola è solo un esilarante “Bignami” di cervelloticità targate Salvini.

Ma tutto questo pare non essere ancora sufficiente a certificare la piena villanzoneria della lista salviniana per le prossime elezioni regionali, per cui i capataz legaioli avevano pensato di inserirvi un surplus di rozzezza.
Derivava di qui l’idea della purtroppo sfumata candidatura della Signora Faggioli, alias Serena Grandi, balzata in gioventù agli onori del cinema erotico e oggi, a 61 anni portati non benissimo, divenuta fervente seguace del verbo leghista.

Il suo feeling con Salvini nasce ovviamente dal bisogno di “sicurezza”, come lei ha di recente vaneggiato: «La sera non puoi uscire dopo le 18 perché c’è il coprifuoco e non mi azzardo a girare da sola per Rimini. Vedo tanta brutta gente in giro».

Qualcuno, malignamente, insinua che in realtà il suo timore sarebbe di incontrare “tra lume e scuro” non tanto dei malavitosi, quanto piuttosto qualcuno degli “scontenti” dei ricordini che avrebbe lasciato la sua interrotta attività di somministratrice di mediocri pietanze in Borgo San Giuliano.

Oltre che per il suo spasmodico tentativo di accreditarsi presso Salvini, nei giorni scorsi Serena Grandi è balzata alle cronache anche perché denunciata ad Arezzo dal titolare di un albergo, il quale l’accusa di essersi rifiutata di pagargli il conto.

Detto senza alcun doppio senso, io non credo che una vip del suo rango si sia fatta guardare dietro per così poco. Ma se anche fosse, cosa saranno mai 732 euro in confronto ai 49 milioni che la Lega ha rubato agli Italiani?

Nando Piccari

Post scriptum: Ai limiti della cialtroneria

L’impudenza legaiola ha avuto modo di mostrarsi in tutto il suo squallore morale qualche giorno fa, con la demenziale accusa all’Amministrazione Comunale di Montefiore di aver utilizzato l’occasione dell’allestimento del Presepe vivente quale pretesto per oltraggiare la memoria dell’Ispettore Capo della Polizia Filippo Raciti, ucciso a Catania mentre compiva il suo dovere.

Primo bersaglio di quell’inventato attacco alla Polizia di Stato è risultato il Sindaco Filippo Sica – magari perché ex carabiniere e figlio di carabiniere, avrà pensato qualche idiota – vittima di un’indecente calunnia ampiamente propagata dal clan dei legaioli, al punto che perfino il Questore, non appena s’è ritrovato un momento libero, ha sentito il bisogno di constatare che si trattasse nient’altro che di una volgare manovra elettorale.

La quale ha preso l’avvio dalla rancorosa frustrazione della predecessora di Sica ed è stata poi amplificata, sulla stampa e alla Camera, dalla caricaturale trombonaggine di un “onorevole” ex poliziotto leghista, rimasto il caporione di un bellicoso sindacato poliziesco.

L’idea che uno così possa domani tornare a vestire la divisa, altroché sicurezza: fa venire i brividi!