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Del baghino non si butta via niente


12 Gennaio 2020 / Nando Piccari

Venerdì faceva tenerezza lo sfogo sul Corriere di Rimini del mancato sindaco disc jockey di Misano, Claudio Cecchetto: «Riempio San Siro ma Misano mi snobba (..) Avrei voluto mettere tutta la mia esperienza a disposizione di Misano» ma «nell’attuale amministrazione (..) c’è gente che pensa solo alle rotonde», per cui «il sistema non permette alla minoranza di essere ascoltata».

Ma come, Misano ha la fortuna di avere come Consigliere Comunale uno che il resto d’Italia gli invidia, e quel dispettoso del Sindaco cosa fa? Lo ignora. Ma si può essere più incoscienti di così?

So già che qualche “signor precisini” obietterà che però Cecchetto ha partecipato, per non più di venti minuti, ad una sola delle sette sedute del Consiglio finora svolte. E con questo?

È Piccioni che dovrebbe darsi una mossa, imitando la sua collega sindaca (pardon, il suo collega sindaco) Domenica Spinelli, che a Coriano s’è inventata – mi dicono su ispirazione dell’omonima canzone di Arisa (non chiedetemi chi sia) – la riunione di Giunta “ci sei e se non ci sei”.

La cosa funziona così: convocata la Giunta, se un assessore ha tempo da perdere, o ha voglia di sgranchirsi le gambe, può come una volta arrivare fino in Comune e sedersi al tavolo delle riunioni. Se invece deve cucinare, o è sbracato sotto l’ombrellone in spiaggia, o sta facendo footing all’aria aperta, basta che abbia a portata di mano un banale iPhone e si può «collegare da remoto» (sic!) in video – o anche solo in audio – con il Sindaco e il Segretario Comunale, che poveretti sono gli unici ad aver l’obbligo di presenziare in carne ed ossa nella Sala Giunta.
Guardate che non è uno scherzo, è vero!

Non avendo più da tempo l’obbligo di tenermi aggiornato sulla legislazione degli Enti Locali, io non so dire se questa comica minchiata sia solo l’abusiva farina del sacco di qualche genio corianese, o derivi invece da demenziale grullaggine legislativa. Sia come sia, credo però che il ridurre la vita ed il funzionamento delle Istituzioni ad una simile farsa dovrebbe essere perseguito ai sensi dell’Art. 290 del Codice Penale, configurandosi il reato di “Vilipendio della Repubblica e delle istituzioni costituzionali”.

Così come sono convinto che andrebbe obbligato a frequentare un corso di “aggiornamento democratico” una sindaca (pardon, un sindaco) che non si accorga di quanta rozzezza culturale vi sia in quel suo vantarsi perché l’istituzione elettiva che lei presiede s’è degradata riducendosi «al pari di quanto avviene nel mondo dell’impresa».

Bisogna però riconoscere che la Spinelli ne sa una più del diavolo.
Per anni ha intessuto (a giusta ragione) ripetute lodi a Bonaccini (una per tutte: «Grazie Presidente per l’attenzione che dedica da sempre ai territori», arrivando poi a dire: «Nei fatti sono più renziana io di tanti che dicono di esserlo». Con il risultato che qualche malalingua legaiol-berlusconian-ciellina s’è perfino chiesta se non stesse tentando di traslocare nel PD (dove quell’insinuazione cominciava a provocare qualche mal di pancia).

Poi arrivano le elezioni regionali e la Mimma cosa fa? Provoca un travaso di bile alla sua ex sodale, lady Renata Tosi, non solo candidandosi nella scialba lista dell’evanescente Borgonzoni, ma diventandone addirittura la portavoce. Tutto questo per sconfiggere «la burocrazia e gli ostacoli imposti dall’Amministrazione regionale Pd », ossia dall’ex osannato Bonaccini.

Sarà dunque per omaggiare l’ondivaga Spinelli che sabato Salvini ha rinunciato all’ultimo minuto ad impuzzolentire il centro storico di Rimini, preferendo dirottare su Coriano.

Una decisione previdente, la sua. Infatti la sera prima un gran numero di riminesi era accorso al Fulgor, a commuoversi ed indignarsi per quanto ha loro raccontato e documentato Pietro Bartolo, il Parlamentare Europeo che dal 1992 al 2019 è stato il medico responsabile delle prime visite ai migranti sbarcati a Lampedusa.

E se all’indomani mattina molti di quei riminesi, con ancora nella memoria i racconti e le immagini della sera prima, si fossero trovati a passare per Piazza Tre Martiri proprio mentre il tronfio caporione leghista ragliava come suo solito? Magari ricordandosi pure di quel suo repellente «è finita la pacchia» e della sadica vigliaccata dei porti chiusi? A quel punto sarebbe stato per loro difficile tenere a freno la lingua…e la saliva.

Come noto, sabato Salvini ha voluto fare una puntatina anche a Verucchio, dove qualcuno ha insinuato non fosse casuale la concomitanza con lo spettacolo serale “Attenti al gorilla”.

Ma il gradasso era lì solo perché impaziente di farsi qualche selfie “col baghino”, all’annuale “Fira de Bagoin”, la tradizionale manifestazione il cui titolo pare quasi una metafora del vissuto politico di Salvini.

La cosa mi ha fatto venire in mente la divertente barzelletta di quel tizio che, arrivato nell’aia di una casa colonica, si trova davanti l’azdora: “Sgnora, uiè e vost marid?”. “Sè, l’è ilazò trameza i baghin, che ui dà da magnè. Mo ma lo al’arcnusì perché l’è quel se capel”. (Traduzione per gli immigrati leghisti in Consiglio Comunale: “Signora, c’è vostro marito?”. “Sì è laggiù fra i maiali, a cui dà da mangiare. Ma lui lo riconoscete perché è quello con il cappello”).
Invece sabato, a Verucchio, Salvini girava a capo scoperto.

Nando Piccari