HomeCulturaE nessuno che a Rimini gli abbia detto: “Dài Audiface, non fare il pataca…”


E nessuno che a Rimini gli abbia detto: “Dài Audiface, non fare il pataca…”


17 Ottobre 2020 / Lia Celi

Figlia di padre marchigiano, ha abitato a Rimini ma da lungo tempo è emigrata in Germania. E’ arrivata a Rimini insieme al suo bambino e al figlio di sua cugina e ci rimarrà fino a dopo le feste. Da ieri riceve a pagamento singoli e comitive debitamente munite di mascherina, ma non fatevi idee sbagliate.

Stiamo parlando della Madonna Diotallevi, il dipinto di Raffaello solitamente conservato al Bode Museum di Berlino, che fino al 10 gennaio 2021 sarà in mostra al Museo della Città. Il quadro faceva parte fino al 1842 della collezione del nobile riminese Audiface Diotallevi, appassionato d’arte che già possedeva capolavori attribuiti al Correggio e a Leonardo.

Ma all’epoca la Madonna, raffigurata insieme al piccolo Gesù e a san Giovannino, era considerata opera del Perugino, uno dei maestri del giovane Raffaello: la Vergine ha in effetti il mento a punta e la boccuccia a cuore tipiche dell’artista umbro, quotato sì, anche se non quanto l’Urbinate. Solo che il funzionario dei musei berlinesi Friedrich Waagen, di passaggio a Rimini, aveva l’occhio lungo, e fece pressione al suo direttore perché comprasse il quadro prima che il buon Diotallevi si rendesse conto di avere in casa un Raffaello e alzasse vertiginosamente il prezzo. E così la nostra Madonna è partita per la Germania; stesso destino ebbero altri pezzi prestigiosi della collezione Diotallevi, finiti nei più importanti musei del mondo.

Viene da chiedersi cos’avesse in testa Audiface Diotallevi quando ha deciso di «dar via» quella Madonna. Non aveva un amico? Uno che gli dicesse: «Audiface, pensaci un attimo, non fare il patàca, lo so che di questi tempi 150 talleri luigini sono una bella sommetta e fanno comodo a tutti, ma guarda bene questa Madonna, osserva il visetto del Bambino. Okay, c’è molto Perugino, ma non ci vedi anche qualcosa di Raffaello? Soprattutto, guarda la faccia vogliosa di quel Waagen, ti pare che si entusiasmerebbe così per un Perugino? Hai mai visto un tedesco tirare fuori tanto volentieri un sacco di soldi se non è più che sicuro che l’acquisto vale molto, molto di più? Stanotte ho sognato un sindaco riminese del futuro, di nome Andrea Gnassi, che ti faceva un culo così»

No, evidentemente Audiface un amico così non ce l’aveva. Probabilmente il suo amico era un riminese della specie più ottusa, tipo quelli che cent’anni dopo avrebbero tranquillamente demolito il Tempio Malatestiano lesionato dalla guerra, se il critico d’arte Bernard Berenson non avesse mobilitato il mondo in sua difesa.

Questo amico avrà detto a Diotallevi: «Ma dài, Audiface, hai già tanti di quei quadri che nemmeno li guardi, cosa vuoi che sia uno in meno? Se quel patàca di tugnino vuol darti a tutti i costi 150 talleri per questa Madonna di Perugino, col Gesù bambino che ha una panza così, tu vendigliela prima che ci ripensi. Con quei soldi puoi comprarti una carrozza che nemmeno il Papa e fare lo sborone su e giù per il Corso».

Eh già. Molti capolavori sono stati strappati all’Italia dalla violenza degli invasori, ma altrettanti se ne sono andati pacificamente, acquistati da cacciatori d’arte più lungimiranti dei legittimi proprietari. Andremo a salutare la Madonna diventata cittadina tedesca, con la segreta speranza che Waagen e tutti gli studiosi che l’hanno celebrata si siano sbagliati e che sia veramente un Perugino. La fama di Raffaello non ci perderebbe nulla, e potremmo riabilitare il povero Audiface.

Lia Celi