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Il broncio dei bambini, un mistero anche linguistico


Fe e’ zapli/e


4 Gennaio 2025 / Beppe e Paolo

Modo di dire ormai desueto. Il Quondamatteo che lo propone al singolare (“zaple, fe e’ zaple”), lo riferisce al bambino che “fa il broncio”, cioè assume l’atteggiamento della bocca che precede il pianto. Una conferma arriva dall’Ercolani che porta “zaplon” o “zapla” come espressione dialettale ravennate che sta per “labbra grosse, carnose, sporgenti”. Il vecchio Mattioli porta “zaplon” per “labbracci, labbra grosse”. Quindi “fe e’ zaple” indica un atteggiamento delle labbra precursore del pianto.

Esiste anche la forma esclamativa: “ad do zapli !!” ( che due labbroni!!), indica lo stupore di fronte a certi eccessi della chirurgia estetica che non risparmia sul silicone per accontentare la clientela.

Più complicata è la ricerca dell’origine della parola “zaple”.
Con un po’ di immaginazione si potrebbe trovare un richiamo alle “zeppole”, dolci di carnevale che, friggendo, si gonfiano come le labbra del bimbo che sta per piangere o della vittima del chirurgo estetico. Questo richiamo, se accettato, trascinerebbe con sé un doppio registro interpretativo: quello dell’amaro cruccio del bimbo in procinto di scoppiare in lacrime e quello del dolce sapore della zeppola, in grado di allontanare le nubi del capriccio infantile. Emergerebbe così la costante caratteristica delle espressioni dialettali, in grado di essere quasi sempre allusive, ironiche, sdrammatizzanti.

Il guaio è che le zeppole sono un dolce tipico della Campania e si dovrebbe aprire un altro filone di ricerca storico-linguistica.

Beppe & Paolo

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