HomeCulturaFelllini e Pennac, o l’arte di tradire i sogni: “Loro mica chiedono il nostro parere”


Felllini e Pennac, o l’arte di tradire i sogni: “Loro mica chiedono il nostro parere”


17 Febbraio 2020 / Paolo Zaghini

Daniel Pennac: “La legge del sognatore”– Feltrinelli.

E’ stato Daniel Pennac (pseudonimo di Daniel Pennacchioni nato a Casablanca l’1 dicembre 1944)
notissimo scrittore francese, il terzo super ospite delle celebrazioni dei 100 anni dalla nascita di Federico Fellini. Laureato in lettere nel 1968, da allora è stato insegnante sino al 2008 e scrittore. Pennac è stato ospite il 22 gennaio al Teatro Galli di Rimini con lo spettacolo, in realtà una lettura teatrale, tratto dal suo libro “La legge del sognatore” uscito in Francia il 3 gennaio e in Italia per i tipi della Feltrinelli il 16 gennaio. “Impaziente di risuscitare Federico Fellini. Avevo lo spettacolo pronto nella testa, l’avevo sognato e costruito”.

A Rimini spettacolo sold out, ampiamente pubblicizzato prima, ma nessun commento uscito dopo, né sui giornali né sui social. Applausi, mi dicono, alla fine per Pennac, ma i giudizi raccolti fra diversi spettatori presenti sono stati invece assai critici sulla efficacia dell’evento. Purtroppo i biglietti gratuiti distribuiti fra chi si è presentato allo sportello del Galli sabato 18 gennaio alle ore 9.00 sono stati “bruciati” in dieci minuti. Arrivato alle 9.15 non ho potuto averne e quindi lo spettacolo non l’ho visto.

Damiel Pennac durante le prove del suo spettacolo a Rimini

Le critiche ci possono stare. Però, lo dico subito, il libro invece è molto bello. Nei suoi libri, scritti con uno stile umoristico e surreale, si raccontano di solito le avventure di Malaussène e della sua numerosa famiglia, ambientate a Belleville, un pittoresco quartiere di Parigi dove convivono etnie diverse. Ma questa volta a sollecitare la fantasia di Pennac è stato Federico Fellini.

Pennac ama Fellini. Questo è il punto di partenza e il suo volerlo omaggiare nel centenario della nascita dà vita a un libro incentrato sul sogno, tema caro al regista italiano che a sua volta ne scrisse uno, di libro dei sogni (uscito da Rizzoli con il titolo “Il libro dei sogni” nel 2007 e poi rieditato più volte ).

Questo di Pennac è un libro incentrato sul tema del sogno. E’ un continuo scivolare tra sogno e realtà, ma anche di sogno in sogno, seguendo le capriole stilistiche di Pennac, che mixa sapientemente autobiografia, sogni e menzogne. La storia ha inizio proprio da un sogno. Tutto da interpretare. Pennac si ritrova, bambino di dieci anni, nella casa di montagna dei genitori, con il suo amico immaginario Louis. Il padre gli ha spiegato le meraviglie dell’energia idroelettrica; e fatalmente, mentre sta per addormentarsi, rivela al compagno che “la luce è acqua”; così, d’incanto, si accorge che una lampada comincia a colare come se ne contenesse veramente. Presto tutte le sorgenti di luce cominciano a presentare il medesimo problema, e a inondare il paese come durante un’alluvione, fino a trascinare con sé auto e detriti. Ma dov’è finito Louis? Dove sono i genitori?

“Lo spettacolo cominciava appena chiudevo gli occhi” scriveva Fellini nel suo “Il libro dei sogni”. I ricordi (veri? sognati?) di Pennac si susseguono, da quella camera da letto con un disegno felliniano alla nuotata in un lago, oltre cinquant’anni più tardi, alla ricerca della fondatezza di quel sogno. Dove è inevitabile trovare un intero universo che si credeva perduto. In fondo cosa c’è in un ricordo, falsato irrimediabilmente dalla distanza, dalla fantasia, dall’emozione di un tempo? Siamo veramente fatti della stessa sostanza di cui sono fatti i sogni? E, soprattutto: “Sappiamo veramente quando comincia un sogno?”.

Fellini annotava ogni giorno, appena sveglio, i suoi sogni che prendevano corpo in forme disegnate febbrilmente sulla carta, raccolti poi nello straordinario volume che poc’anzi ricordavo. Scrive Pennac: “Fellini disegnava i suoi sogni appena sveglio. Li colorava con quello che aveva sotto mano: matite, tempere, acquarelli, biro pennarelli, inchiostro che stendeva direttamente con le dita, gli andava bene qualsiasi cosa. Dopo averli colorati, li raccontava per iscritto negli spazi lasciati liberi dal disegno. Così tutte le pagine sono sature di immagini e di righe che si compenetrano”.
E la casa di Fellini era lo Studio 5 di Cinecittà: “era lo spazio dove le immagini dei suoi sogni germogliavano e si trasformavano in film”.

Quando Fellini cominciò a faticare a trovare produttori – scrive ancora Pennac – si rese conto, con amarezza, di non riuscire più neanche a sognare. E lo scrittore francese si chiede se Fellini non sia morto proprio per questo, il 31 ottobre 1993. “Quell’uomo per cui il sogno era stato la vita stessa era morto perché non poteva più sognare”. Un uomo che trasformava le sue fantasie oniriche in set cinematografici aveva perduto, d’un tratto, la sua ragione di vivere, la sua bacchetta magica.

Pennac chiude il libro con una frase bellissima: “La fantasia non ha alcun obbligo di fedeltà nei confronti dei sogni. Loro, dopo tutto, non ci chiedono mica il nostro parere …”.

Paolo Zaghini