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Fine vita e limiti della scienza, Papa Francesco avanti anni luce rispetto al Parlamento

E‘ un  dibattito ben strano quello che si sta svolgendo sulla stampa e fra le forze politiche del Paese e in Parlamento sul testo di legge riguardante il Testamento Biologico e contemporaneamente sulle grandi scoperte della scienza nel campo della medicina e in molti altri settori.

Siamo abituati a vedere la Chiesa su posizioni a volte ostili o diffidenti verso i progressi scientifici, nonostante numerosi teologi di fama, ma anche delle Encicliche papali, hanno dovuto più volte sottolineare che la fede cristiana non è contraria al progresso scientifico in sè, anzi lo incoraggia e lo supporta, tanto da poter affermare che fede e scienza, pur nei rispettivi campi, sono perfettamente in sintonia (vedi l’enciclica Fides et Ratio di Giovanni Paolo II del 1998).

Ed è anche per questo che la stampa nazionale ha dato ampio risalto agli interventi di papa Francesco su questi due argomenti.
Il primo riguarda i trattamenti di fine vita, per i quali il Papa afferma che «evitare l’accanimento terapeutico non è eutanasia. Lecito sospendere cure sproporzionate, quando il loro impiego non corrisponde a quel criterio etico e umanistico definito proporzionalità delle cure». Di fronte a queste chiare affermazioni, le obiezioni e i tremila emendamenti al disegno di legge sul Testamento Biologico appaiono assolutamente fuori luogo. Infatti il Testamento Biologico non ha nulla a che fare con l’eutanasia; riguarda invece proprio le cure che devono essere proporzionate allo stato del paziente e la possibilità di poterle non eseguire o interromperle.

L’ho più volte affermato: è quello che già avviene nelle corsie degli ospedali o al domicilio dei pazienti. Occorre lasciare la risoluzione dei problemi, come sarà con quella legge, al rapporto e al dialogo fra medico, paziente e familiari.

Il secondo riguarda il rapporto fra scienza e tecnologia e medicina. Dice sempre il Papa: «Scienza e tecnologia ci hanno aiutato ad approfondire i confini della conoscenza e della natura, e in particolare dell’essere umano. Ma esse da sole non bastano a dare tutte le risposte. Non tutto ciò che oggi è tecnicamente fattibile è perciò stesso eticamente accettabile».

Ritengo che anche questa seconda precisazione sia di fondamentale importanza. Siamo arrivati così avanti nella conoscenza, si pensi alla genetica e alle sue realizzazioni, che basta un niente per farci sconfinare in ciò che non è accettabile. Si possono modificare ad esempio i caratteri genetici del DNA umano normale per creare l’uomo forte (naturalmente non mi riferisco ai geni malati o alterati), modificando quanto fino ad oggi l’evoluzione ha forgiato, o si possono creare in laboratorio esseri umani, fuggendo dal rapporto di un uomo con una donna? Credo proprio di no e i temi etici in questi settori dovranno essere affrontati con grande attenzione. Per ora, a quanto pare, la politica tende invece a non affrontare affatto questi temi; o, se lo fa, con una lentezza del tutto inadeguata rispetto alla velocità dei progressi scientifici.

Due temi trattati da Papa Francesco proprio in questi giorni, carichi di insegnamenti profondi.
Mentre sul secondo punto, dibattito e discussione e approfondimenti sono assolutamente necessari, sul primo invece ormai i limiti della scienza sono ben chiari.
Vi sono situazioni in cui proporzionalità delle cure e clinica del paziente vanno assolutamente in contrasto e occorre lasciare al medico, al paziente e ai familiari la possibilità di scegliere l’atteggiamento terapeutico più adeguato.

Se il Parlamento su questo punto non vuole restare anni luce in ritardo sul Pontefice, occorre che approvi il Testamento Biologico prima della fine della Legislatura.

Alberto Ravaioli

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