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Il Governo con “le manine”…bucate


22 Ottobre 2018 / Nando Piccari

Come altri figli di dirigenti del neo-fascista Movimento Sociale, è assai probabile che Di Maio non abbia mai visto “Amarcord”, causa il divieto del padre, preoccupato che la formazione politico-culturale che lui stava dando al suo Luigino venisse inficiata dell’esilarante presa per i fondelli riservata da Fellini agli scherani riminesi del trucido “duce panzone” (in memoria del quale, il prossimo 28 ottobre, un branco di squallidi buzzurri si darà anche quest’anno convegno a Predappio, per inscenare la solita, pagliaccesca e criminogena manifestazione in sfregio alla Costituzione).

Peccato, perché se il ridanciano portaordini del “clan dei casaleggesi” avesse visto quel film, ne avrebbe tratto spunto per evitarsi (ed evitarci) “il tormentone della manina” che giorni fa l’ha mandato via di testa, facendogli addirittura fare la figura del povero pirla a “Porta a porta”.

Dovendo spiegare come mai lui non si fosse accorto – o non avesse capito – di avere appena approvato tanti graziosi regali agli evasori fiscali, se la sarebbe infatti potuta cavare declamando integralmente, in quell’italiano a lui congeniale, la memorabile “scena delle manine” con cui inizia Amarcord: «Le manine coincidono nel nostro paese con la primavera. Sono delle manine di cui che girano, vagano qua e vagano anche là. Sorvolano il cimitero di cui tutti riposano in pace. Sorvolano il lungomare come i tedeschi… datesi che il freddo non lo sentono loro. Vagano, vagano. Girolanz… Gironzano… Gironzalon… Vagano, vagano, vagano!»

Subito dopo avrebbe potuto aggiungere: «Cosa vuole che le dica, caro Vespa? È evidente che, vagando vagando, una di quelle manine felliniane si sia inconsapevolmente ritrovata nella sala riunioni del Governo, dov’era in pieno svolgimento il Consiglio dei Ministri, incappando poi in una serie di equivoci.

«Sentendo parlare il Ministro Tria, la manina l’avrà sicuramente scambiato per “l’Avvocato” a cui più volte, nel film, viene indirizzata una pernacchia; mentre Tontinelli, per quei suoi occhiali da motociclista, le sarà forse sembrato “Scureza ad  Corpolò”. Avrà inoltre creduto di vedere in Salvini lo zio di Titta, alias “il Pataca”; nelle Ministre Grillo e Trenta, rispettivamente “la Volpina” e “la Tabaccaia”; in Fontana, il Ministro “scacciademonio” della famiglia, il trombonesco Don Balosa; nel Guardasigilli Bonafede, il Prof. Fighetta, l’insegnante di greco; nel portavoce Rocco Casalino, quel ballista suonato di Biscein».

Dando seguito a tale premessa, Di Maio avrebbe poi tentato una giustificazione al patatrac sì ardimentosa, ma nel contempo indolore per l’alleanza “popul-razzista” fra grillini e legaioli: «Vede Vespa, la manina felliniana, presa dall’euforia di credersi tornata a casa, s’è lasciata andare alla voglia di fare uno scherzo a me, scambiandomi per “Ovo”, quel buffo personaggio che nel film è interpretato da Alvaro Vitali».

Invece, per sviare l’attenzione dal fatto di essersi ritrovato pure lui con “le manine in pasta”, Di Maio non ha trovato di meglio che lasciar intendere di aver sorpreso i suoi alleati legaioli “con le manine nella marmellata” e di voler mettere la cosa “nelle manine” della Procura”. Ed essendo i proverbi i più solidi riferimenti culturali dei 5 Stelle, gli altri ministri grillini si sono messi a loro volta a ripetere, urlando: “Scherzo di mano, scherzo del villano!”, il che ha provocato la reazione stizzita di Salvini: «Ma la volete smettere di prendervela sempre con me?»

Alla fine, però, l’ornamentale Premier Conte ce l’ha fatta ad indurre all’armistizio le due fazioni del governo di cui egli funge – o meglio, finge – da Presidente. Per riuscirci, oltre che a molta pazienza e a tante caramelle masticate mentre parlava, è dovuto pure ricorrere al fascino giocoso delle filastrocche, proprio di quelle dedicate alle “manine”, ritoccandone però alcuni versi.

È nato così un supplemento canoro al “contratto di governo”, con i i leghisti che per primi hanno intonanto:

«Batti batti le manine / che son belle e son piccine,

sono piccole come te / Uno, due, tre!

Batti batti le manine / che adesso arriva Salvini,

a portar le caramelle / per il premier 5 stelle,

a lasciar cioccolattini / per gli amici suoi grillini!»

A quel punto la “Casaleggio Associati” non poteva che diramare l’ordine di restituire la cortesia, cosicché i suoi dipendenti dislocati al Governo si sono messi a loro volta a cantare:

«Le manine laboriose / quante cose sanno far?

San stirare / san cucire.

Se ne sbattono festose / dei migranti in mezzo al mar.

Insicurezza è il lor sentore / e perciò voglion sparar.

Mandan baci a cento a cento / all’evasor da condonar».

Nando Piccari