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Grazie a Salvini vado d’accordo anche con Sgarbi


13 Gennaio 2023 / Nando Piccari

Per la seconda volta in vita mia scopro di essere d’accordo con Sgarbi. Spero non succeda come la volta precedente, quando ci ho messo parecchi giorni a superare la crisi d’identità che la cosa mi aveva procurato. Ma credo di no, perché a rendermi quasi doveroso concordare oggi con Sgarbi è il fatto che lui polemizzi contro Salvini, riguardo all’ipotizzato abbattimento dello Stadio di San Siro.

Sgarbi è contrario poiché sostiene che, pur mancando ancora qualche anno al vedergli attribuire il vincolo che lo renderà “intoccabile”, San Siro rappresenti fin d’ora un “monumento di fatto”. Il boss leghista vorrebbe invece demolirlo per ricostruirlo non più a Milano, ma a Sesto San Giovanni, facendo così sia un dispetto a Beppe Sala che un regalo al sindaco leghista di quel Comune.

Salvini si sente in diritto di fare la voce grossa perché da una vita è addentro alle cose (e…un po’ anche alle “cosche”) rossonere, ricoprendovi un ruolo importante. Fino a quando è rimasto un leghista “di seconda tacca” ha fatto parte dello speciale comitato di accoglienza dei tifosi napoletani a San Siro, che venivano omaggiati di sacchi per l’immondizia (“così li useranno a casa loro”) e di una canzoncina che faceva: «Senti che puzza, scappano anche i cani / stanno arrivando i napoletani». Di qui la frequentazione del capo ultras rossonero Luca Lucci (lo vediamo fraternizzare affettuosamente con Salvini), condannato prima a un anno e mezzo per aver picchiato un tifoso dell’Inter fino a fargli perdere un occhio, poi a sette anni per traffico di droga.

Certo, dal Milan Salvini ha ricevuto non solo gioie ma anche un po’ di dolori, uno dei quali gli è addirittura arrivato non già da una sconfitta sul campo, bensì dall’affronto fattogli subire dalla società con l’acquisto di Ibrahimovic: «No, no! L’idea dello zingaro che veste rossonero proprio non mi entusiasma».

Il fatto che Salvini, per far parlare ancora un po’ di sé, sia ridotto a dover competere con il Sottosegretario Sgarbi, la dice lunga su quanto poco egli conti dentro il Governo: «Ormai ui dà ad chelz enca al moschi», avrebbe detto mia nonna.

Più che il vice della Meloni sembra uno dei suoi garzoni; Tajani lo sopravanza di due giri; di Giorgetti s’è ridotto ad essere il portavoce; il suo ex sottoposto al Viminale gli sta fregando il primato della “crudeltà anti-immigrati” a cui teneva tanto e del quale gli resta solo il rischio di una condanna a posteriori a Palermo.

E pensare che fino a ieri dava del tu ai potenti del mondo, preferibilmente criminali come Putin, cialtroni come Trump, delinquenti come Bolsonaro: «Io ritengo che Putin sia un grande uomo di stato e di governo. Così come ritengo Trump una salvezza per gli americani. Così come ritengo Jair Bolsonaro un grande presidente brasiliano», cinguettava a Cervia nel 2019.

Ora, però, è passato anche qui dall’esaltazione per quelle blasonate amicizie alla “frustrazione strappacuore” di doverle far sembrare dimenticate. Fingendo, pur senza nominarli, una timida presa di distanza dal loro agire da banditi, mediante un sussurro di apparente disapprovazione, del tipo: “No cari Putin, Trump e Bolsonaro, così non si fa”.
Come se non bastasse, anche dentro la Lega c’è chi s’è ridotto a non poterne più delle sue sbruffonate, arrivando a preferirgli la riesumazione di quella cariatide di Bossi.

Perfino nella nostra realtà riminese c’è qualche leghista, pur paziente e perbene (vedi il bellariese Galli), che s’è stancato di essere trattato come una pezza da piedi dai camerieri locali di Salvini: un emigrato forlivese e la sua damigella riccionese.

Nando Piccari

Postscriptum
Iustitia ridens
Questa obesa fascistona s’era esibita in uno dei turpi raduni criminal-idioti di Predappio indossando, divertita, un’infame maglietta adatta a rivolgere irridente disprezzo alle migliaia di uomini e di donne assassinati nel campo di sterminio nazista di Auschwitz.

Come tanti altri ingenui, mi ero chiesto cosa occorresse di più per procurarle una condanna ai sensi della Legge Mancino, e magari anche un po’ della Legge Scelba.

Con apposita sentenza, il Tribunale di Forlì ci fa invece sapere che lo spregevole scherno di quella sceneggiata filo-hitleriana aveva tutti i crismi della legalità, poiché non è reato manifestare oscena simpatia per i crimini nazisti mediante una divertita narrazione grafica di Auschwitz che diventa Auschwitzland, antesignana di Disneyland.
Se è giusto sostenere che le sentenze vadano salutate con rispetto, è però vero che in qualche caso viene più spontaneo salutarle… col saluto romano.