HomeCulturaLa Gaiofana di Vergiano, dove i contadini divennero costruttori


La Gaiofana di Vergiano, dove i contadini divennero costruttori


6 Novembre 2017 / Paolo Zaghini

Lauro Lazzaroni: “La mitica Via del Pozzo – La Gaiofana di Vergiano di Rimini 1940-1963” (Nanni Stampa).

Una storia di Rimini per molti versi può essere considerata una microstoria, rispetto ad una storia nazionale o per temi. Ma direi che in tanti si sono cimentati su storie ancora più piccole: per intenderci di ghetti o frazioni del comune di Rimini. Storie di fatti e di personaggi di un territorio assai limitato. A volte rapportato alla storia comunale, ma molte altre volte legato ai soli ricordi personali, familiari o di un gruppo ristretto di persone. In questi libri si parla soprattutto delle vicende del Novecento ed in particolare, nella stragrande maggioranza dei casi, di un mondo contadino che verso gli anni ’60 si avviava a scomparire.

Così è anche il recente libro edito da Lauro Lazzaroni su una porzione di Vergiano, la Gaiofana, divisa in “E Ghet ad Soura” e in “E Ghet ad Sota”: Lauro è nato nel Ghetto di Sopra nel 1940 e qui ha trascorso i suoi primi 23 anni di vita, “anni difficili per l’estrema povertà, ma grazie alle nostre famiglie e ai miei amici vi ho trascorso dei momenti tutto sommato indimenticabili”.

Ma prima di parlare del suo libro, da buon bibliotecario, ho voluto verificare molto velocemente ciò che è stato edito nel corso degli ultimi decenni su ghetti e frazioni del Comune di Rimini. Mi sono ritrovato con una ventina di titoli, ma sono convinto che ce siano anche altri.

Da nord a sud, saltando Marina Centro la cui storia si identifica quasi interamente con lo sviluppo del turismo riminese, ecco questo piccola bibliografia che sicuramente potrà incuriosire molti: don Giancarlo Rossi “Torre Pedrera. Storia di un piccolo grande paese” (Tip. Gobbi, 1997); Manlio Masini “Viserbella da squallida distesa di dune a nuovo Eden dell’Adriatico” (Guaraldi/Panozzo, 2002); AA.VV. “Viserba … Viserba” (Luisè, 1993); Elio Biagini “Così si viveva a Viserba e dintorni” (Tip. Maestri, 2005); Maria Pia Luzi “Chiare, fresche, dolci acque…! Viserba o … Vix Herba? Storia di una cittadina illustre” (Guaraldi, 1994); Benito Colonna “La mia Rivabella” (Il Ponte, 2017); Manlio Masini “La Barafonda” (Panozzo, 2013); Giuliano Ghirardelli, Mario Pasquinelli, Dino Spadoni “E’ Borg. Vita, morte, miracoli: il Borgo San Giuliano a Rimini” (Panozzo, 2002); Enzo Corbelli “La mia Bellariva” (Tip. Giusti, 1999); Oreste Delucca “Miramare. Una spiaggia un paese” (Luisè, 1986); Maurizio Berlini “La mia Miramare” (Guaraldi, 2013); Associazione Quei de Borg ad Sant’Andrea “Da Via Garibaldi al Borgo Sant’Andrea … attraverso Porta Montanara” (Turisport, 2004); Associazione Quei de Borg ad Sant’Andrea “Memorie del Borgo: dall’Unità d’Italia a Fellini. 6. Festa del Borgo Sant’Andrea” (2011); Mario Conti “L’obolo del sudore. Sul filo della memoria. Rimini e il borgo fuori Porta Montanara” (La Stamperia, 2010); Rodolfo Vorabbi “Quattro passi nella storia di un paese: Vergiano di Rimini” (Tip. Bizzocchi, 1995); don Nicola Spadoni “Corpolò: un paese, la chiesa, la sua gente” (Il Ponte, 2012); Currado Curradi (a cura) “San Vito e Santa Giustina. Contributi per una storia locale” (Maggioli, 1988).

Vergiano è a pochi chilometri da Rimini, a sinistra del Marecchia e della Via Marecchiese, e si sviluppa sulle prime colline. Su questo territorio fondamentalmente agricolo si trovano anche la casa del prof. Luigi Pasquini (1897-1977), letterato e pittore, che qui ambientò le vicende del suo romanzo “Il podere sulla Linea Gotica” (Cappelli, 1951); la splendida Villa Mattioli costruita a metà dell’800 dall’arch. Luigi Poletti (1792-1869) per il marchese Audiface Diotallevi; Palazzo Albini dove nel 1944 si insediò il comando tedesco; Palazzo Bosi del XVI secolo, eretto su un’antica fattoria fortificata detta “la Tomba di Vergiano”. A cavallo degli anni ’50 in quest’area vivevano circa 700 persone, in larga parte impegnate in agricoltura.

Il padre di Lauro, Gioacchino detto “Cichi” (nato nel 1912) nel 1945 fondò, assieme ad altri, una società cooperativa, la Cooperativa costruzioni edili di Vergiano. Di questa cooperativa fu il presidente per tutti gli anni della sua attività, sino ai primi anni ’70 quando, assieme ad alcune altre cooperative edili riminesi, diedero vita alla Edarcoop, che a sua volta nel 1989 fu tra i soggetti fondatori di SIGLA.

La “Vergiano”, fra i tantissimi lavori fatti, lavorò anche per Padre Pio a San Giovanni Rotondo, per don Pippo per la ricostruzione della Chiesa di San Gaudenzo in Piazza Mazzini a Rimini, per don Oreste Benzi (costruì l’albergo “Madonna delle Vette” ad Alba di Canazei in Val di Fassa). “I soci della cooperativa si riunivano in una stanzetta di casa nostra per fare i conti dei lavori eseguiti, dopo aver lavorato tutta la settimana”. I soci “seduti su una panca attorno al muro erano ansiosi di sapere se c’erano soldi da dividere”. “All’inizio dell’attività, visto anche il particolare periodo storico, fu molto dura. Non c’era tanta disponibilità economica da parte dei soci ma non si persero mai di coraggio e la qualità del loro lavoro fu presto riconosciuta da privati e da enti pubblici ed ecclesiastici”.

A 13 anni Lauro iniziò a lavorare, qui e là. Contemporaneamente studiava la sera al Corso per disegnatori edili presso il Centro Zavatta. Ottenuto il diploma entrò in cooperativa e per suo conto diresse vari cantieri di lavoro. “Nel dopo guerra con la povertà e la necessità di ricostruire il paese, il problema dell’occupazione per i giovani non esisteva. La sera lasciavi un lavoro e il giorno dopo ne trovavi sempre uno nuovo, cosa che purtroppo per i giovani di oggi non è più così”.

Il libro si articola in tanti capitoletti, dal doppio titolo (in italiano e in dialetto). La commistione di italiano e dialetto si sviluppa lungo tutte le pagine del volume, in maniera simpatica, utile a far comprendere ai lettori tanti aspetti della vita quotidiana della comunità vergianese di quegli anni. Per molti versi i raccontini di Lauro sono piccoli saggi di etnografia su una comunità agricola in profonda trasformazione nei decenni del dopoguerra.

Paolo Zaghini