HomeCronacaE la parrucchiera di Rimini lancia il taglio alla Gnassi


E la parrucchiera di Rimini lancia il taglio alla Gnassi


16 Luglio 2017 / Lia Celi

So di stare per regalare ai nemici del sindaco di Rimini un assist d’oro per gridare al culto della personalità, ma la notizia c’è: una parrucchiera di Rimini propone ai suoi clienti il taglio alla Gnassi.

Proprio così: nel suo album di modelli per gli haistyle maschili, tra le immagini di Brad Pitt, George Clooney e Riccardo Scamarcio occhieggia quella del nostro aitante primo cittadino. Può darsi che succeda anche in altre città, e a Roma impazzi il lungo piastrato alla Raggi e a Napoli furoreggi il corto da antico romano alla De Magistris, che le torinesi facciano la fila per copiare lo sbarazzino «bob» di Chiara Appendino e i milanesi adottino in massa l’austera pettinatura di Beppe Sala. Ma finché non ne abbiamo notizia possiamo legittimamente pensare che Rimini sia l’unico comune d’Italia in cui il sindaco dà la linea anche ai capelli dei cittadini.

La parrucchiera in questione è una professionista figlia d’arte (sua madre aprì il salone negli anni del dopoguerra) alla quale affido da più di trent’anni la mia chioma, e non è sospettabile di faziosità o di fanatismo per la parte politica cui appartiene Andrea Gnassi, anche se come sindaco non le dispiace.

Del resto, l’inserimento nel suo album del taglio post-Luke Skywalker che il sindaco sfoggia fin dai tempi della Fgci (non la Federazione Italiana Gioco Calcio, ma quella che fino al 1990 era la Federazione giovanile comunista, poi Sinistra Giovanile) è più un gioco, una provocazione scherzosa per i clienti indecisi, specialmente i più giovani.

Quando esagerano con i “questo taglio no”, “questo uhm”,  “questo boh”, la haistylist gli mostra una foto di Gnassi, e i tentennoni si mettono a ridere.

In effetti è buffo vedere il proprio sindaco in un contesto così frivolo, se vogliamo, anche perché quella foto, ritagliata da qualche giornale, è stata probabilmente scattata in un’occasione istituzionale in cui l’ultimo pensiero – o penultimo, via – di Gnassi era far ammirare la propria capigliatura.

Eppure la storia ci insegna che fra capelli maschili e potere esiste un legame profondo, dal Sansone biblico agli Spartani che fra una battaglia e l’altra si pettinavano le lunghe chiome, fino al ciuffo giovanile di Kennedy che stravince sulla stazzonata pettinatura di Nixon. In Russia gli studiosi hanno evidenziato una storica alternanza leader pelato-leader peloso che vige dai tempi degli zar, è continuata nell’Urss (Lenin pelato, Stalin peloso, Khruscev pelato, Brezhnev peloso, ecc.) e si perpetua ai giorni nostri (Gorbaciov-Eltsin-Putin).

L’icona dei nostri tempi è sicuramente il bulbo di Trump, di forma e colore improbabili, ma nessun parrucchiere di buon senso lo suggerirebbe ai suoi clienti, anche perché quella tonalità di giallo bisogna importarla dagli Usa.

Insomma, in politica quel che si ha sulla testa conta quanto e forse più di quel che c’è dentro, e alla fine tutti i nodi – sia politici che tricologici – vengono al pettine. Che si governi una città o una superpotenza, meglio usare sempre il balsamo.

Lia Celi www.liaceli.it