La sbandata di Sangiuliano? Uno dei risultati più onorevoli del suo mandato ministeriale
8 Settembre 2024 / Lia Celi
Sapete che c’è? Io il ministro Sangiuliano lo capisco. E più conosco Maria Rosaria Boccia, attraverso i suoi post e le interviste, più lo capisco. Arrivo a dire che la sbandata per la bionda influencer di Pompei è uno dei risultati più onorevoli del suo mandato ministeriale. Perché Boccia non è l’olgettina under-30 o la Noemi Letizia che piacevano alla buonanima di Berlusconi, e nemmeno il tipo dell’opulenta showgirl prediletto dall’altra buonanima di Bettino Craxi.
È una quarantenne in formissima, con un look da pupa delle canzoni di Fred Buscaglione e un cervello di prim’ordine, tosta, determinata e sfrontata quanto basta per non lasciarsi intimidire da interlocutori tanto potenti quanto ipocriti. Infatuarsi di una donna così non è una debolezza, anzi. Lo è, semmai, cagarsi in mano appena la coniuge fa una scenata, rimangiarsi le promesse, negare l’evidenza e fare un imbarazzante autodafé al Tg1 delle 20, con la fronte ammaccata da una mattarellata.
Giorgia Meloni, che in un primo tempo aveva detto a Sangiuliano «piccolo uomo, non andare via» e poi ne ha accettato le dimissioni, finge di non rendersi conto che lei e Boccia (una sua elettrice, oltretutto) sono fatte della stessa pasta, e ieri a Cernobbio nei suoi riguardi ha sfoderato un’arcigna e moralistica freddezza che manco la regina Vittoria: «La mia idea delle donne è diametralmente opposta». Vabbè, si può capire che la premier supporti ufficialmente il team-cornificate, sia per la penosa esperienza personale con un fidanzato che parlava di threesome alle colleghe di lavoro sistemandosi il pacco, sia per solidarietà con la sorella Arianna, che quando era la compagna del ministro Lollobrigida pare abbia vissuto situazioni abbastanza simili a quelle della moglie di Sangiuliano.
Ma alla fin fine Meloni si tiene nel governo Daniela Santanché, ben più spregiudicata e sfacciata di Boccia, altrettanto appariscente e, oltretutto, con qualche guaio con la giustizia. Perché dunque tanta acredine verso l’influencer pompeiana? Se siamo davanti a una battaglia di dame, è lei, la mancata consigliera ai Grandi Eventi, la giocatrice più abile, come dimostra anche il post soavemente perfido pubblicato poco dopo la dichiarazione di Meloni: «Vedo una donna pronta allo scontro, che affronta la situazione con la forza di pugile, ma non si rende conto di aver sferrato un colpo al vento… Metta da parte i guantoni, sono la gentilezza e le carezze ciò di cui c’è bisogno.»
Ce ne vuole di sapienza per distillare questo miele al leggero ma inconfondibile retrogusto di cianuro. E qualcosa ci dice che l’intrigo più avvincente di questa fine estate ci terrà compagnia ancora per molto, e meno male, perché i famosi «problemi più gravi» di cui dovrebbe informarci la stampa sono talmente gravi, e chi dovrebbe metterci mano è talmente inadeguato, che tanto vale dilettarci fin quando è possibile con questo provvidenziale Bocciagate, storia di corna, bugie e figuracce, dove per fortuna non muore nessuno, tranne forse il buon gusto.
Lia Celi