HomeCulturaLa storia di quell’amaro bidone che Rimini rifilò a Fellini


La storia di quell’amaro bidone che Rimini rifilò a Fellini


2 Marzo 2020 / Paolo Zaghini

Giorgio Franchini: “… ma la casa mia ‘n dov’è? Fellini e la casetta sul porto” – Panozzo.

1983. La prima nazionale del nuovo film di Federico Fellini “E la nave va” viene organizzata a Rimini. E il giovane architetto riminese Giorgio Franchini, classe 1938, vi viene coinvolto.

“Sono più di trent’anni che desidero raccontare questa storia (…) di Fellini e della sua città e del giorno di festa che avrebbe dovuto celebrare il loro ritrovato amore”. E’ tra i soggetti che devono organizzare il Fellini’s day: “Doveva essere una festa di piazza, un’opera collettiva, un abbraccio dichiaratamente vero e autentico della città con il suo grande regista, come non ce n’era mai stato prima, da concludersi con una sorpresa, un dono”.

Promotori dell’iniziativa Sergio Zavoli, allora Presidente della RAI, e Vincenzo Cutrera, presidente dell’IFL (Istituto Fiduciario Lombardo). Lo staff organizzativo dell’evento Marco Arpesella, amministratore-gestore del Grand Hotel, ma soprattutto, assieme a Vincenzo Cutrera, cofinanziatore dell’operazione; Mario Guaraldi, editore e titolare di Rimini Immagini e ideatore-coordinatore dell’iniziativa; Ester Carla de Miro d’Ajetta, docente di storia del cinema dell’Università di Genova; e lo stesso Giorgio Franchini, chiamato da Mario Guaraldi come architetto e scenografo.

La prima riunione operativa si tenne al Grand Hotel l’8 settembre 1983. In quindici giorni si doveva organizzare l’appuntamento fissato per il 25 settembre.

La prima decisione riguardò l’allestimento, “una scenografia luminosa che doveva illuminare trionfalmente la festa al Grand Hotel”. “Si trattava di trasformare niente meno che il Grand Hotel nella grande nave felliniana”.

Il Fellini’s day fu per Rimini un grande evento, culturale si, ma anche spettacolare. “La sua complessità consisteva nel predisporre adeguatamente il teatro Novelli, il Grand Hotel e gli spazi circostanti per il susseguirsi di eventi che dovevano scandire in modo fluido e scorrevole, sia nel tempo sia nello spazio, l’allestimento dei vari momenti della festa, nonché alcuni episodi scenografici che avrebbero coinvolto il Grand Hotel e il Grattacielo”.

E poi venne il problema di quale regalo fare a Fellini per l’occasione. Sfogliando il volume “La mia Rimini” curato da Fellini per l’editore Cappelli nel 1967, a Franchini venne l’idea di regalargli una casetta sul porto. “Alla fine Marco Arpesella, che rappresentava soprattutto il finanziatore, disse ‘Facciamolo. Vediamo se possiamo regalare questa cosa a Federico Fellini’”.

Franchini venne incaricato della cosa: si trattava di trovare e acquistare in meno di due settimane questa casetta. In pochi giorni fu trovata, definito il prezzo e steso il compromesso d’acquisto.

Giulietta Masina si innamorò subito della “casina”. “Federico invece appariva distaccato e inaccessibile! Eppure il pomeriggio della festa al Grand Hotel si era veramente commosso, ed era una commozione evidente, viva, quando alla presenza dei giornalisti gli era stata simbolicamente consegnata in dono ‘la casina’”.

“Negli anni successivi, la mancata concretizzazione del dono portava sui giornali dell’epoca e, soprattutto, nel brusio cittadino un’ipotesi che venne subito battezzata ‘il Bidone al maestro’, con una sintesi perfida”. “L’hai capito, vero Federico, che è stato tutto uno scherzo?” disse Glauco Cosmi.

Gli anni successivi videro la fine tragica di Marco Arpesella, morto suicida l’1 ottobre 1987, e il crac economico di Vincenzo Cutrera e della sua IFL.

“La storia si è conclusa con tanta amarezza, anche se per me è stata l’occasione di una inaspettata e gratificante frequentazione con giulietta e Federico che rimane un’esperienza di vita memorabile. Passare, anche solo passare, vicino a uno come Federico ripaga … eccome!”.

Paolo Zaghini