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Le Mille bolle blu fra un po’ non ci son più


9 Luglio 2022 / Lia Celi

Le Mille bolle blu di Mina non era una canzone. Era una profezia. Sessant’anni fa la Sibilla di Cremona vedeva il nostro presente, un turbinio di bolle grandi e piccole che volano, danzano e ci illudono di essere nel mondo senza esserci veramente.

Bolle speculative, bolle informative, bolle sanitarie, ognuno ha la sua o ne ha più di una, da cui si sente protetto e rassicurato: vedi solo certi amici con le tue stesse abitudini, ascolti solo certe opinioni, condivise dai tuoi amici, vai solo in certi posti su misura per chi ha le tue abitudini, i tuoi amici, le tue opinioni. Difficile fare a meno delle bolle metaforiche, ma quelle nessuno intende togliercele, almeno per il momento.

Quelle in pericolo sono altre bolle, sempre trasparenti ma più piccole e reali: le bollicine di anidride carbonica che rendono frizzanti acqua minerale e bibite. Grandi aziende di acque minerali sono state costrette a fermare le linee dell’acqua gassata, non solo in Italia ma in tutta Europa: produrre anidride carbonica richiede energia sempre più costosa, quindi se ne produce di meno e la si destina a settori essenziali come la sanità o l’industria alimentare.

Ora, l’acqua frizzante è sempre stata divisiva: c’è chi la ama e chi la trova poco salubre e fastidiosa al palato. Io sono fra quelli che considerano un bel bicchiere di acqua «addizionata di acido carbonico» (non l’effervescente naturale, che sembra semplicemente sgasata) uno dei massimi e più economici piaceri della vita. Forse perché quando ero piccola mi dicevano che faceva male, gonfiava lo stomaco, corrodeva le budella e soprattutto non dissetava. I grandi volevano convincermi che l’unica bevanda innocua in grado di togliere la sete era l’acqua di rubinetto non troppo fredda. Qualunque cosa uscisse da una bottiglia che quanto la stappavi faceva “fizzzzz” era un elisir del diavolo, e per noi bambini era considerato più sano il vino rosso, opportunamente annacquato e corretto con una punta di zucchero, che l’aranciata, la gazzosa o, dio ce ne scampi, la Coca-Cola.

E così dovevo accontentarmi di sognare guardando i caroselli della cedrata Tassoni (sempre Mina e sempre bolle, anche se gialline e non blu), dell’aranciata San Pellegrino (una ballerina scatenata con un’arancia in mano) e quelli mitici della Coca-Cola con gli hippy che cantavano in magica armonia. Mi piacevano anche i caroselli dell’Idrolitina ma solo perché erano divertenti (ricordo ancora tutta la strofetta «diceva l’oste al vino: tu mi diventi vecchio, ecc.»: nella realtà quella polverina bianca rendeva l’acqua solo salata e schiumosa, vuoi mettere con le bollicine vere?

Ma se continuerà il caro-anidride carbonica, per i frizzo-dipendenti l’Idrolitina e simili diventeranno il nuovo metadone, perché le bevande gasate spariranno dai supermercati o raggiungeranno prezzi da Moet-Chandon. A meno che non troviamo una soluzione risparmiosa ed ecosostenibile. Perché, a ben vedere, della CO2 che tracanniamo con le bibite una buona parte ci risale lungo l’esofago e viene dispersa con eruttazioni più o meno fragorose a seconda del nostro grado di buona educazione. Bisognerebbe inventare un sistema per raccogliere tutta quell’anidride carbonica e restituirla all’industria, che potrebbe riciclarla per rendere effervescenti altre bevande. Sarebbe un perfetto esempio di economia circolare. Burp!

Lia Celi