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L’inelluttabile trend della bici scassona


10 Settembre 2017 / Lia Celi

Lo sapevo: ora il catorcio su due ruote fa tendenza. In una città dove si rubano più bici per strada che posacenere negli alberghi, e in un Paese in cui l’ultimo ladro di biciclette che ha passato dei guai è stato Lamberto Maggiorani dell’omonimo capolavoro neorealista di De Sica, non sorprende che i proprietari di velocipedi adottino le strategie di sopravvivenza del mondo animale, in primis il mimetismo.

Avete presente il dimorfismo sessuale negli uccelli? Ecco, siamo passati da bici-maschio, appariscenti, accessoriate e colorate come pavoni nella stagione dell’accoppiamento, e altrettanto attraenti e vulnerabili, a bici femmine, modeste, sottodimensionate, dimesse, meglio se un po’ sbilenche e arrugginite, meno costose del loro catenaccio, che non rischiano di sollecitare le brame del potenziale trafugatore.

Sono almeno cinque anni che giro su un mezzo simile, una vecchia, scassata e pesantissima olandese comprata di quarta mano dopo l’ennesimo furto di bici leggera e tecnologica, e corredato del minimo indispensabile, cestino e campanello. A volte la lascio legata fuori casa, un po’ per sfidare il ladro, un po’ perché i piccioni contribuiscano all’apparato dissuasivo con qualche cacca sganciata strategicamente qua e là.

Fa egregiamente il suo dovere ma è così brutta che anche quando resta incatenata per ore davanti alla stazione ferroviaria, il triangolo delle Bermude delle biciclette riminesi, la ritrovo sempre, magari con il cavalletto spezzato e divelta dalla rastrelliera, ma sostanzialmente salva.

Il meccanico-rivenditore che periodicamente le cambia le camere d’aria o il cestino ammaccato o dà una tiratina ai freni ha sempre più clienti come me. Sa che se gli propone di comprare una bicicletta nuova lo guardano come un matto: nuova? a Rimini?

Tanto vale buttare quattrocento euro nel cesso. Lui è uno di quelli bravi, all’antica, che fa le bici su misura, customizzate, da migliaia di euro. Che ormai si possono esibire solo agli amici dentro casa, perché appena le porti fuori rischi grosso, almeno finché non sarà permesso portarsi la bici al tavolo del ristorante o nei negozi.

Tutti snobbano i modelli fiammanti e fighettoni e, per l’uso in città, cercano l’usato più o meno sicuro. Quindi, se vedi qualcuno girare a Rimini con una bici nuova, a meno che non sia un bambino che l’ha ricevuta per il compleanno, quasi sicuramente l’ha rubata, staccandola da un palo o svaligiando direttamente la rivendita di un meccanico. Tutta la struggente poesia del neorealismo se n’è andata, anche lei rubata come le biciclette. Chissà se pure quella la rivendono nei mercati dell’Est.

Lia Celi www.liaceli.it