Ma a Rimini siamo pronti per la grigliata di procione?
30 Novembre 2019 / Lia Celi
Avete presente quelle creaturine simpatiche e pucciose che sembrano uscite da un cartone animato per bambini o dalle ceste dei peluche degli asili nido, con gli occhietti furbetti, il musino irresistibile e una coda birichina, che all’inizio ti fanno sdilinquire di tenerezza ma quando te li metti in casa te la distruggono in mezza giornata, per non parlare della puzza devastante?
Lo pseudo cucciolo esotico adottato in vacanza da turisti incauti, che al ritorno gli ammazza il gatto e distrugge l’arredamento, finché il veterinario rivela che si tratta di un ferocissimo ratto oppure di un diavolo della Tasmania, è un classico delle leggende metropolitane.
In realtà è l’adattamento miniaturizzato e domestico di eventi realmente avvenuti. L’introduzione di specie animali esotiche in un ecosistema in cui non erano previste ha causato vere e proprie catastrofi: l’esempio più famoso è la piaga dei conigli in Australia.
Nel 1859 un allevatore lascia liberi nel bush dodici coniglietti selvatici perché i gentiluomini britannici possano dedicarsi alla caccia, come nella brughiera dell’Inghilterra nativa. Dove però ci sono volpi, parassiti e inverni freddi che tengono sotto controllo la proliferazione dei roditori; niente di tutto questo esiste agli antipodi.
Risultato, dopo dieci anni l’Australia è un’immensa conigliera, e anche se vengono cacciati due milioni di conigli all’anno, il loro numero non cala. Quello che cala drammaticamente, invece, è la biodiversità, perché i conigli divorano fino all’estinzione migliaia di specie vegetali, con danni irreparabili per la fauna locale e per le condizioni del suolo.
Nel Novecento la natura ci prova a dare una regolata al surplus di conigli a modo suo, sviluppando epidemie che sterminano fino al novanta per cento degli esemplari. Ma quel dieci per cento superstite ricomincia a figliare a tutta birra, e i discendenti sono molto più resistenti ai virus.
Il lato positivo è durante la Depressione degli anni Trenta la sovrabbondanza di carne di coniglio salva gli australiani dal deperimento – difatti quelli che vengono a combattere in Italia nella seconda guerra mondiale sono tutti bei ragazzoni alti e robusti.
Ma, settant’anni dopo, l’Australia è ancora alle prese con conigli praticamente invulnerabili. Adesso è il governo a diffondere periodicamente virus sterminatori creati appositamente: l’ultimo intervento risale al 1996, con il potente calcivirus, che ne ha uccisi a milioni, senza peraltro risolvere il problema.
Quando si conosce la storia dei conigli australiani, la notizia dei procioni che stanno proliferando in Valmarecchia diventa più preoccupante. Graziosi animaletti d’oltreoceano dal look disneyano, adorabili nei documentari e in certi video in cui si intrufolano nelle case portando un simpatico scompiglio, ma hai visto mai che qui in Romagna trovano la terra promessa, senza grizzly né freddo pungente, e crescendo e moltiplicandosi ci desertificano le colline?
Almeno il coniglio si può fare in porchetta o alla cacciatora. Ma sul procione la nostra tradizione culinaria non ci soccorre. A Detroit c’è chi caccia i procioni di città e vende la carne casa per casa. Pare abbia un sapore simile al tacchino, ma più grasso. Presto potremmo trovarcelo nella grigliata in trattoria. Siamo pronti?