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E con i mosaici Rimini riscoprì se stessa


6 Febbraio 2017 / Paolo Zaghini

Angela Fontemaggi – Orietta Piolanti: “Mosaici di Rimini romana” – Banca Popolare Valconca.

Reduce da una seconda visita alla mostra multimediale ed interattiva “Vivi la Rimini romana” presso la ex Chiesa di Santa Maria ad Nives nel Corso d’Augusto (consiglio vivamente a tutti coloro che non l’avessero ancora fatto di andarci), allestita dalla Provincia di Rimini con fondi di progetti europei, leggere subito dopo lo splendido volume scritto da Angela Fontemaggi e Orietta Piolanti, dei Musei comunali di Rimini, sui mosaici romani a Rimini ne è stato il giusto completamento per una full immersion nella storia della Rimini romana.

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Scrivono nella presentazione i sovrintendenti archeologici regionali Luigi Malnati e Giorgio Cozzolino: il quadro che emerge dal volume è quello di “una Rimini vivace e prospera, che celebra il benessere diffuso legato alle risorse del territorio e del mare, al centro di traffici e commerci che significano, oggi come allora, anche scambi culturali; una città che aderisce con entusiasmo alla cultura romana cui deve il proprio sviluppo, dalla quale adotta tendenze e schemi decorativi, accogliendoli però con uno spirito originale e creativo che porta a soluzioni inedite e combinazioni tutte particolari”.

Rimini venne fondata sulla base di una decisione del Senato Romano nel 268 a.C., con l’invio di 6.000 coloni; provenivano in gran parte da Fregellae (città oggi scomparsa che sorgeva lungo il fiume Liri e che era stata degli Osci, dei Volsci e dei Sanniti, nell’odierna Ciociaria forse presso Ceprano).

Nacque così Ariminum, che segnò l’avvio della romanizzazione del territorio a nord degli Appennini. In poco più di un secolo Ariminum divenne un caput viarum, uno snodo in cui convergevano importanti vie consolari, quali la via Flaminia (220 a.C.), la via Aemilia (187 a.C.), la via Popilia (132 a.C.). Una romanizzazione del territorio riminese durata quasi mille anni, che si può suddividere in tre periodi: l’insediamento nell’area che si conclude con il principato di Augusto (dal III secolo al I secolo a.C.); la città imperiale (dal I secolo d.C alla prima metà del III secolo d.C.); l’età tardoantica che segna la fine della romanità (dalla seconda metà del III secolo d.C. al VI secolo d.C.).

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Anche l’edificazione residenziale risentì dei diversi momenti: “La maggior parte delle testimonianze archeologiche di Ariminum riguarda abitazioni private la cui vita attraversa i secoli della romanità, scandita da fasi costruttive e da più frequenti rifacimenti dei piani pavimentali. Le case accompagnano la società e il gusto nel loro divenire come organismi dinamici: edifici semplici e funzionali nella prima età repubblicana, domus monofamiliare su uno o due piani dalla media età repubblicana alla fine dell’impero, sontuosi palatia in epoca tardoantica. Nella Rimini romana, come in tutta la Cispadana, mancano tracce di edilizia popolare, a conferma di una cittadinanza non troppo numerosa e di un benessere diffuso. Accade piuttosto che ceti sociali diversi convivano: accanto alle stanze eleganti riservate alla famiglia del dominus troviamo ambienti spogli, destinati ai servi”.

Fra i tanti tesori ereditati dal suo passato, Rimini può vantare un patrimonio di mosaici, e più in generale di pavimenti di epoca romana, che le consegna il primato in Emilia Romagna per quantità di ritrovamenti e per originalità di soluzioni decorative: naturalmente escludendo Ravenna, capitale del mosaico.
“A oggi sono oltre 160 i rivestimenti documentati nel centro storico, di cui più di 100 mosaici, circa 25 laterizi, una decina sia di cementizi che di opus sectile (in lastre di pietra e marmo) e alcuni esemplari a tecnica mista”. Una ricchezza che riflette l’importanza di Ariminum.

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Agli isolati ritrovamenti di prima della guerra, dagli anni ’50 iniziano le scoperte di grandi complessi come palazzo Gioia (1956), l’area a monte (1959-1961) e a mare (1951, 1959-1961) dell’Arco di Augusto, palazzo Valloni (1960-1961), l’ex Vescovado (1962-1963), il Mercato Coperto (1964-1966). “E’ questa un’epoca ‘eroica’ per l’archeologia che fatica ad affermare le ragioni della conservazione in una città tesa a sanare le ferite della guerra con una frenetica attività edilizia”.

Negli anni ’70 si aprono nel centro storico altri importanti cantieri di scavo: palazzo Arpesella (1975), palazzo Diotallevi (1975-1978), l’area dell’ex convento di San Francesco (1979-1981). Lo stesso dicasi per gli anni ’80: l’ex Collegio dei Gesuiti (1984-1985), l’ex Cinema Capitol in Via Cairoli (1992-1993), la Camera di commercio in Via Sigismondo (1995-1996), palazzo Massani, oggi sede della Prefettura (1998-2000).

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E poi il complesso di Piazza Ferrari (1989-2007): “dall’estate del 1989, quando i lavori per il nuovo arredo di piazza Ferrari fanno emergere i primi indizi di quella che si sarebbe rivelata la domus del Chirurgo, Rimini non è più la stessa. Nel suo cuore, grazie alla musealizzazione del sito archeologico, inaugurato nel dicembre 2007, si spalancano agli occhi di tutti ben 2000 anni di storia”.

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Storia di Roma, storia dell’archeologia, storia d’arte: il volume di Angela e Orietta è tutto questo. Scritto con la sapienza acquisita nel corso degli anni di esperte divulgatrici, con testi ed incontri, della storia antica riminese. Del resto è sempre loro la magnifica cartina della Rimini romana, aggiornata ai più recenti ritrovamenti archeologici, che viene regalata ai visitatori della mostra “Vivi la Rimini romana”.

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Una festa questo venticinquesimo volume della preziosa collana edita dalla Banca Popolare Valconca. Come ha affermato il Presidente Massimo Lazzarini: “Una lunga serie di libri d’identico formato ma assolutamente eterogenei. Un solo, unico, fil rouge: l’amore per questa terra e per le persone che la abitano”.

Paolo Zaghini