HomeCronacaEcco perché a Rimini non innaffieremo mai i turisti come a Firenze


Ecco perché a Rimini non innaffieremo mai i turisti come a Firenze


4 Giugno 2017 / Lia Celi

Perché qui a Rimini non bagneremmo mai i sagrati delle chiese per scacciare i turisti, come a Firenze?

Per una lunga serie di motivi, il principale dei quali è che qui siamo a Rimini. Abbiamo fior di chiese, antiche e rispettabili – non tantissimi sagrati, a dire il vero – e abbastanza monumenti per meritare in tutto e per tutto il titolo di città d’arte, ma siamo anche la capitale delle vacanze di pura evasione, una sovrapposizione unica in Italia e forse nel mondo. Già è molto se riusciamo a convincere i villeggianti a non circolare in mutande in piazza Cavour e a non visitare il Duomo in bikini e infradito, figuriamoci se possiamo fargli i dispetti quando si siedono sui gradini di una chiesa.

Fra l’altro, a pochi chilometri dall’Aquafan, c’è il rischio che le sciacquate vengano interpretate non come una forma di dissuasione, ma, al contrario, come un simpatico e innovativo esperimento che mescola parco acquatico e paesaggio urbano, una versione in grande delle battaglie con i cannoni d’acqua dell’Italia in Miniatura. (A pensarci bene, potrebbe essere davvero un’idea carina.)

Anziché allontanare le loro invadenti chiappe dai sagrati, i turisti, specie nei mesi più caldi, ci verrebbero apposta per rinfrescarsele, anzi, vi stazionerebbero ancora più a lungo, per godersi la vaporosa frescura esalata dalle pietre bagnate, effetto spa, e attenderebbero fiduciosi la successiva irrigazione, a distanza di circa due ore. (Almeno, questo è il tempo che ci mettono i sagrati fiorentini ad asciugarsi e a tornare di nuovo praticabili, rendendo necessario un nuovo intervento degli idranti del Comune. Evidentemente la crisi idrica e la necessità di risparmiare acqua non sono un problema per la giunta Nardella.)

Con il pragmatismo scroccone tipico dei turisti, approfitterebbero dell’innaffiata per farsi una doccia improvvisata e lavare la frutta appena comprata al Mercato Coperto. Si creerebbero capannelli per seguire le comitive di belle fanciulle nordiche e osservare l’effetto bagnato sui loro lati B, quando si alzano: spettacolo poco dignitoso davanti a una chiesa di Firenze, ma via, qui siamo a Rimini, si può essere meno formali.

Qui in passato abbiamo visto di peggio: l’espressione «nuovi turchi» oggi fa pensare a una corrente del Pd, ma trent’anni fa indicava i giovani e giovanissimi che dormivano in sacco a pelo nelle aiuole nei pressi delle stazioni di Rimini e Riccione facendo inorridire il leggendario sindaco della Perla Terzo Pierani. I «nuovi turchi» e i loro bivacchi scalcagnati erano un dettaglio così tipico della Riviera che Tondelli non mancò di descriverli nel suo Rimini. Innaffiati di letteratura e non di acqua, sparirono da soli, e oggi un po’ ci mancano, come tutto quel mondo. E a differenza delle correnti del Pd.