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Ecco Perrotta con il suo Emigranti Esprèss: “Non abbiamo imparato niente dai nostri padri”

Un programma radiofonico che si trasforma in rappresentazione teatrale. È quello che è successo a Emigranti Esprèss, trasmissione radiofonica su Rai Radio 2 condotta da Mario Perrotta 48 anni da Lecce. Perrotta infatti oltre a conduttore è anche attore e oggi, sabato 27 gennaio, al Teatro Massari di San Giovanni in Marignano andrà in scena con il suo Emigranti Esprèss in formato teatrale (inizio ore 21,00). L’attore proverà a parlare del fenomeno dell’emigrazione di ieri e di oggi, della violenza degli esseri umani su altri esseri umani, con un tono ironico e amaro al tempo stesso. In un giorno, quello della liberazione di Auschwitz, più particolare di altri.

Perrotta, quando è sbocciato l’amore per la recitazione?

«La mia passione per il teatro nasce a 5 anni, quando per la prima volta ci vado insieme a mio nonno che si chiamava come me; o meglio io mi chiamo come lui, cioè Mario Perrotta. Mio nonno era l’attore in dialetto salentino più noto della provincia, oltre a essere il direttore delle poste: per cui una personalità a Lecce. Andai in scena con lui a 5 anni, appunto, davanti a 1500 persone. Quando entrai in scena tutti capirono che ero suo nipote perché c’era scritto sulla locandina Mario Perrotta junior e scoppiò un applauso a prescindere e lì ci fu una sorta di trauma infantile positivo: capii che quello era il modo attraverso il quale volevo parlare con il mondo».

Come si potrebbe definire il suo modo di recitare?

«Il mio modo di stare in scena può essere definito come assolutamente votato al rapporto con il pubblico. Faccio parte di quella schiera di artisti, di uomini di teatro che hanno come obiettivo la relazione con il pubblico, ed è il motivo per cui si va in scena. Raccontare qualcosa a qualcuno che la sta guardando, ma in realtà diventa parte integrante dello spettacolo. C’è un’altra schiera di attori che invece sale sulla scena per se stesso e per un proprio godimento, onanistico direi, e sicuramente non appartengo a quella schiera».

Il 27 gennaio, data del suo spettacolo, è l’anniversario della liberazione ad Auschwitz…

«Sì, esatto. Non è stata una mia scelta questo giorno, si lavora tutto l’anno e capita di lavorare anche nell’anniversario della liberazione di Auschwitz. Nel mio caso è una coincidenza, anche se per tutti noi ovviamente sarà una serata speciale. Ma, Paola Roscioli, che è la mia compagna, porterà in scena uno spettacolo in provincia di Bologna, che invece è dedicato alle proprio vittime di quella avventura sciagurata, che fu l’olocausto da parte dei nazisti».

Il giorno dopo sarà ancora da queste parti, giusto? 

«Sì, domenica sarò  al Rosaspina di Montescudo, ma con inizio alle ore 18,00. Non ho girato molto in Romagna, è una delle zone d’ombra della mia tournée come Mario Perrotta,e quindi sono molto felice di venirci per ben due giorni in due teatri diversi».

Cos’è esattamente Emigranti Exprèss?

«Emigranti Esprèss nacque innanzitutto come trasmissione per Radio 2 Rai ed ebbe un successo enorme nel 2007, tanto che arrivò la richiesta di Fandango per farla diventare anche un libro. Poi qualcuno mi disse che era ottimo anche da mettere in scena, ci abbiamo provato, ed effettivamente coglie nel segno perché è uno spettacolo che potrei definire ‘rock‘, un lavoro costante tra parole e musica,. Ma racconta qualcosa che ci lascia riflettere sull’ emigrazione del secondo dopoguerra  che è stata una gigantesca emigrazione italiana. E ci fa riflettere sul fatto che oggi ci sono altre persone che arrivano da noi con le stesse istanze dei nostri migranti. E invece pare che non abbiamo imparato niente da quell’esperienza. Però lo spettacolo è assolutamente tragicomico, leggero, alla Wertmüller: si ride, si ride tanto, ma amaramente».

Perché la gente dovrebbe venire a vedere il suo spettacolo?

‘La gente dovrebbe venire a vedere Emigranti Esprèss innanzitutto perché si ride molto, è uno spettacolo molto forte, usiamo la musica in maniera davvero libera passando da Mozart al rock contemporaneo senza soluzione di continuità. Però come ho detto è un’occasione per riflettere su chi siamo stati e chi siamo, perché anche molti ragazzi oggi, da parecchie parti d’Italia e soprattutto dal Sud, partono per andare a cercare migliori condizioni di vita all’estero, forse con qualifiche professionali e corsi di studi diversi, mentre un tempo erano le classi sociali più basse che partivano. Ma la sostanza resta sempre la stessa: bisogna andare via dal nostro paese per cercare una condizione lavorativa degna di questo nome e quindi forse è un’occasione per pensarci un po’ su».

Ha in mente altri progetti?

«Proprio in questi giorni abbiamo reso pubblico il mio prossimo progetto che durerà tre anni, si chiamerà “In nome del padre, della madre, dei figli”. Mi concentrerò su questa triade familiare e ogni anno dedicherò uno spettacolo diverso a una delle tre figure, cominciando dal padre. La cosa che mi fa molto piacere è che questo progetto sarà accompagnato da un grandissimo della psicoanalisi italiana, uno studioso che ho imparato a conoscere anche grazie ai suoi libri, Massimo Recalcati. Il che mi garantisce di avere un supporto scientifico anche nelle cose che scriverò e che metterò in scena, per evitare di dire banalità.
Come ho detto, sono ormai 27 anni che faccio teatro e 20 con il mio nome riconoscibile. Per cui, sì, penso che mi troverete sempre a teatro finché la sorte me lo concede. Ma è anche vero che stiamo lavorando al mio primo film, quindi spero presto mi troverete anche al cinema».

Nicola Luccarelli

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